Sono trascorsi due giorni dal ritrovamento del cadavere della donna tagliata a pezzi, chiusa in quattro sacchetti neri della spazzatura e gettata in un dirupo a Paline di Borno. Il corpo è stato tagliato in quindici pezzi e trovato in fase in scongelamento. Dopo il via vai degli inquirenti di domenica pomeriggio e dei rilievi effettuati ieri, 21 marzo, oggi regna il silenzio. Sul ciglio della strada, nella piazzola sterrata dove il cartello stradale segna la fine della provincia di Brescia e l’inizio di quella di Bergamo, sono rimasti un paio di sacchi neri recuperati dalla scarpata. Contengono un paio di guanti in lattice e una carcassa di animale, niente di più. Poco distanti, lattine, un cartone di pizza, materiali edili e altra spazzatura.
Facciamo tappa all’osteria del paese di Paline, un piccolo borgo di soli 70 abitanti. Si trova a un chilometro e mezzo dal luogo del macabro ritrovamento: “Da domenica sera suona continuamente il telefono – spiega Laura, la titolare – ma non sappiamo niente, mia mamma ha visto i Carabinieri passare, ma anche noi abbiamo scoperto tutto lunedì mattina, non ci aspettavamo sicuramente una storia così”.
E sul luogo del ritrovamento… “È spesso scambiato per una discaricaabusiva, infatti i volontari vanno spesso lì a pulire”, ci spiegano all’interno dell’osteria. E forse è proprio per questo che anche il giorno del ritrovamento il sessantenne che ha individuato i sacchi non ha esitato ad avvicinarsi, pensando ad un sacco dell’immondizia abbandonato nel bosco. Non poteva certo immaginarne il contenuto.
Gli investigatori non escludono alcuna ipotesi, ma quando chiediamo alle poche persone che incrociamo, sono certe che quel corpo arrivi da fuori, perché “qui ci conosciamo tutti” e, come è stato confermato dal sindaco di Borno Matteo Rivadossi, nessuna persona risulta scomparsa in paese.
“Secondo me l’assassino viene da fuori e non conosce la zona – ci dice un cinquantenne – perché se avesse gettato i resti della donna pochi metri più in là, chissà quando li avrebbero trovati. Invece lì era logico che nel giro di pochi giorni qualcuno li avrebbe trovati”.
L’identificazione della vittima non è ancora avvenuta perché il volto sarebbe stato sfregiato con il fuoco rendendolo irriconoscibile. È la Procura di Brescia che si sta occupando delle indagini e ha affidato l’incarico per gli accertamenti e l’autopsia alla dottoressa Nicoletta Cerri dell’Istituto di Medicina Legale degli Spedali Civili di Brescia. Starà proprio all’equipe di medici individuare il dna della donna, chiarendo l’età – probabilmente tra i 35 e i 50 anni – e a quando risalirebbe l’omicidio e per quanto tempo il suo corpo sia rimasto congelato.