Questa è una storia di un campione italiano che… non è italiano. Ahmed Ouhda è nato 19 anni fa in Marocco. Marocco del sud, è un “beduino” di lingua berbera. E’ nato in un villaggio di venti case, del Comune di Zagura, là dove comincia il deserto, sabbia e case rosse di mattoni di terracotta.
“Vedevo passare le carovane dei turisti che andavano nel deserto sui cammelli. Auto? Ce n’era solo una nel mio villaggio…”. E i bambini con cosa giocano? “Con niente, coi sassi e la sabbia. Ma ci si divertiva lo stesso”. Andavi a scuola? “Sì, ho fatto la prima elementare, poi sono venuto in Italia e ho rifatto la prima…”. Che scuola era? “Quella in Marocco era una scuola severa, se non andavamo bene ci picchiavano, ma non ho imparato niente”. Ma a scuola parlavate in berbero? “No, ci insegnavano a parlare arabo perché in Marocco ci sono due lingue, il berbero per il sud e l’arabo”. Quindi tu hai imparato l’arabo? “Non ho fatto in tempo perché il mio papà era a lavorare in Italia dal 1997, l’anno in cui sono nato io e nel 2004 ci ha chiamati tutti in Italia, a Gromo, in alta valle e lì sono andato a scuola, ho ricominciato da capo”. E com’era? “Tutti gentili, ma il primo giorno ho pianto, la valle, le montagne, io ero abituato alle distese del deserto”. E i tuoi nuovi compagni? “Loro sono stati bravi, cercavano di tenermi su di morale”…
SUL NUMERO IN EDICOLA DA VENERDI’ 3 GIUGNO