Al comizio di Salvini, tra politici e ‘fans’, tra selfie, costine e frecciate ai Vescovi

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Luca Mariani

“Fine del ricreativo, inizio del culturale”. A qualcuno tornerà in mente la celebre scena del film Berlinguer ti voglio bene. Ma questa volta non è la pellicola con Roberto Benigni protagonista. Questa volta è il venerdì sera della Bèrghem Fest, che dopo cinque anni di assenza è tornata. La festa dei leghisti bergamaschi per l’edizione 2024 ha cambiato sede: non più Alzano Lombardo, ma il prato in zona stazione ad Albino.

Così mentre la luna calante di fine agosto ha già preso posto in cielo e la sfida serie A tra Inter e Atalanta è già sul 2 a 0, il consigliere comunale di Rovetta, Marco Maninetti annuncia al microfono che quelli saranno gli ultimi numeri fortunati ad aggiudicarsi i premi prescelti dalla dea bendata attraverso il gioco della ruota.

Sul palco le poltrone grigie e squadrate sono riempite da Attilio Fontana «un grande uomo a cui il territorio vuole bene» e al centro «perché non potevo vederlo sulla sinistra» Roberto Calderoli.

Sotto il tendone bianco, davanti ad una folla non proprio delle grandi occasioni, il governatore della Lombardia e il Ministro per gli affari regionali e le autonomie dibattono guidati dalle domande del direttore di Araberara, Piero Bonicelli.

Calderoli, in pantaloncini di jeans e maglietta scura, è come sempre franco e schietto: «Noi abbiamo scelto la strada dell’autonomia. È paradossale che qualcuno abbia proposto un referendum formale e istituzionale che potrebbe portare allo scontro tra nord e sud del paese. La mia volontà è di non dividere il paese. Quando ci accusano di non essere solidali a me girano i cosiddetti».

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