Aveva solo 11 anni quando, nel bel mezzo della Seconda Guerra Mondiale e della persecuzione nazista, Lidia Gallico era fuggita insieme alla sua famiglia in Val Seriana, trovando rifugio nella Valle del Lujo, tra i borghi di Dossello e Casale. I Gallico avevano un ottimo motivo per fuggire e per nascondersi: appartenevano al popolo ebraico. Sulla loro strada, invece delle SS o della Gestapo, hanno fortunatamente trovato Edoardo Nicoli (da tutti conosciuto come ‘Barbù’) e sua moglie Elisabetta Belotti, che li hanno accolti e nascosti a rischio della loro stessa vita. Un ruolo fondamentale era stato giocato dall’allora parroco di Dossello don Angelo Zois. Non è un caso che i tre nel 2019 siano stati riconosciuti ‘Giusti fra le nazioni’.
Lidia se n’è andata pochi giorni fa a quasi 91 anni (li avrebbe compiuti a metà luglio) a Mantova, dove era nata nel 1932. Nel 2016 aveva pubblicato il libro “Una bambina in fuga. Diari e lettere di un’ebrea mantovana al tempo della Shoah”, una memoria degli anni della sua infanzia, vissuti nel timore della persecuzione nazista. Aveva parlato anche dei mesi vissuti in terra albinese per poi rifugiarsi insieme ai suoi familiari in Svizzera. Nel dopoguerra, quando l’incubo era ormai finito da un pezzo, si era laureata e aveva creato una sua famiglia.
SUL NUMERO IN EDICOLA DAL 23 GIUGNO