Luca Mariani
«Mi piacerebbe partecipare alle Olimpiadi del 2024 anche se sarà difficilissimo perché tutti i ciclisti lo sognano.» Mattia Cattaneo da Alzano Lombardo ha 32 anni. Da più di dieci è un ciclista professionista e non smette di pedalare per riuscire a raggiungere i suoi sogni, proprio come quando si è seduto per la prima volta sul sellino di una bicicletta da corsa.
Tutto ha avuto inizio sul finire del secolo scorso: «A otto anni ho cominciato a correre in quella che era la Valoti di Nembro.» confida Mattia: «Lì ho fatto tutte le giovanili.» Fino ai quindici anni la carriera del giovane alzanese non sembra promettere nulla di eccezionale: «Non ero scarso ma non vincevo mai.» La svolta con l’avvento nella categoria allievi: «Lì ho vinto una ventina di gare.» Da allora la carriera di Mattia è una continua ascesa verso il professionismo, passando per gli juniores e i dilettanti, tra il team Milram e la squadra Sorelle Ramonda poi Trevigiani, con un turbinio di successi prestigiosi e momenti memorabili: «Nel 2008 ho fatto secondo al mondiale juniores a Città del Capo. Tre anni dopo ho vinto il Giro d’Italia dei dilettanti. Nel 2011 e 2012 sono arrivato terzo al Tour de l’Avenir che sostanzialmente è il Tour de France per gli under 23.»
Questi ottimi risultati consentono a Mattia il passaggio al professionismo, l’anno successivo con la Lampre. Ma per il ciclista alzanese quelli sono anni «tribolati e difficili. Ho avuto molti infortuni. Avevo problemi con il cibo e ho avuto fatica a trovare il mio equilibrio». Il periodo più buio della vita professionistica di Cattaneo arriva due anni più tardi: «Nel 2015 ho avuto un problema cardiaco che mi ha costretto a fermarmi per otto mesi. Mi avevano detto che non avrei più potuto correre. Dopo molti esami ho risolto tutto e ho ricominciato a pedalare, ma ci ho messo due anni per tornare ad andare forte, perché per otto mesi sono stato completamente fermo. Non potevo nemmeno andare in palestra perché per capire il problema dovevo far tornare il cuore come quello di una persona normale. Di conseguenza quando ho ripreso ad allenarmi ero già demolito dopo aver pedalato per soli trenta chilometri. Poi per fortuna ho trovato la squadra Androni che ha creduto in me e mi ha rilanciato.»
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