Un fazzoletto di terra in mezzo a colline e falsipiani dove si infilano fabbriche in mezzo a case. In giro non c’è nessuno da giorni, ma da giorni per qualcuno è tutto inutile. “Dovevano muoversi prima e non si sono mossi – racconta un amministratore di lungo corso che preferisce rimanere anonimo – si rimpallano tutti le responsabilità, Regione, Stato, Istituto Superiore della Sanità, sindaci, in realtà chi ha deciso sono stati gli imprenditori e Confindustria, questa volta non dobbiamo dividerci in destra o sinistra, questa volta dobbiamo stare uniti e chiedere la verità e dobbiamo farlo per i nostri padri, le nostre madri, i nostri nonni che non ci sono più”.
Il tam tam mediatico ha portato questo fazzoletto di terra alla ribalta, da ‘Chi l’ha visto’ a ‘Report’ ma il nodo è sempre quello, le responsabilità rimbalzano da uno all’altro anche in modo imbarazzante. In mezzo loro, decine e decine di morti e una valle in ginocchio. Qui c’è il più alto numero di morti di tutta Europa rapportato alla popolazione, qui è il più grande focolaio di Covid 19, qui il coronavirus si è mangiato centinaia di persone.
“Eppure qui – continua l’amministratore – ai primi di marzo alcuni miei colleghi mi hanno garantito che erano pronti qualcosa come 1000 militari che dovevano chiudere tutto, zona rossa, avrebbero anche controllato alcune vie di uscita, eravamo tutti convinti fosse questione di ore”.
La conferma è arrivata anche dal sindaco di Bergamo Giorgio Gori a Report: “C’è stato un sopralluogo per capire come muoversi con la chiusura”.
Ma domenica 8 marzo il premier Giuseppe Conte fa un annuncio completamente diverso, tutta la Lombardia è zona… arancione, nessuna zona rossa.
“E fabbriche aperte – continua l’amministratore – cosi in una settimana si è passati da 220 contagiati a 997”.
Già, qui il tessuto produttivo è ricco, qui Confindustria ha costruito la sua forza e la sua credibilità, tanto che in quei giorni proprio Confindustria ha divulgato un video dove racconta che non ci sono problemi di nessun tipo e che si continua a produrre tranquillamente, lancia addirittura l’hastag ‘Yes, we work’, ‘sì, qui si lavora’.
“Intanto le telefonate di pressione agli amministratori e ai politici sono state davvero tante” e hanno funzionato, qui non si è chiuso….
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