Nata 40 anni fa. Era il 1981. “Festa della Luna”. Quando i ragazzi di Colere la inventarono non pensavano certo a un successo che avrebbe valicato valli, convalli, pianure e perfino oceani. 25 anni di quella “festa” a Pian di Vione che è poi sfuggita di mano ai ruspanti inventori coleresi. Riproponiamo l’intervista che Araberara aveva pubblicato nell’agosto 2015 a tre degli storici fondatori e al sindaco che la… affondò.
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Il tam tam al tempo non aveva il supporto dei social, era diverso, passava da cabine telefoniche a chat appena nate su rudimentali sistemi di vecchi pc al sempre gettonato passaparola. Festa della Luna. Colere. Un nome che anche a chi non ci è mai andato suona quasi familiare. “Ma scoprimmo che la chiamavano così un giorno alla Festa dell’Unità a Bologna. Quando abbiamo detto che venivamo da Colere, ci sentimmo dire, ah, il paese della Festa della luna. Ci siamo guardati, non l’avevamo mai chiamata così”. A raccontare quel fenomeno di massa che attraversò i continenti sono tre dei “fondatori” della festa. Hanno anche loro i capelli grigi e la leggerezza del tempo che stempera illusioni e passioni coltivate caparbiamente da giovani.
Denis Belingheri, Caio Belingheri e Gigi Bettineschi sono venuti giù dalla valle per raccontare “come sono andate davvero le cose perché tutti le raccontano confondendosi perfino nelle date”. Allora cominciamo dall’inizio. “La tre giorni di festa musicale, così l’avevamo chiamata, è nata per caso nel 1981. Era luglio. Noi della ‘Lambrasca’… come cos’è, era la nostra cùmpagnia. Devi sapere che Colere, ancora adesso, è tutto organizzato in compagnie. La nostra era nata da poco. Eravamo tutti dei fuoriusciti da altre compagnie del paese… Certo, ce n’erano almeno una quindicina, la prima mi pare fosse quella dei Ciak, ma poi c’erano i Sós, i Malmustùs, i Mosconi, i Fil de fèr, i Fanatici, i Nisqually, i Caretér, gli Aratros…”. Tutta la “gioventù del loco” insomma aveva il suo “nido”. “Certo, la sede la chiamavano così, ogni compagnia aveva la sua sede, avevamo le magliette, il logo…”. E in che cosa si distinguevano? “Facevamo i tornei di calcio, la sera ogni compagnia organizzava la serata, andava in un locale piuttosto che in un altro”. Tutte compagnie di maschi. “Ma poi le compagnie avevano anche le fans… Ma c’è una cùmpagnia di donne, le Dolci & Gabane…”.
Salvate per il rotto della cuffia le pari opportunità, torniamo a quel luglio 1981. “Avevamo invitato a Colere un complesso musicale di Carvico. Sono stati loro a lanciare l’idea. Pian di Vione era un posto ideale, a due passi dal paese, spazioso. Perché non organizzare una tre giorni di musica rock? E così a settembre c’è stata la prima edizione di quella che sarebbe diventata la Festa della Luna. Un disastro! Tre giorni di pioggia. Se ci sono state cento persone era tutto dire. L’anno dopo l’abbiamo organizzata a luglio, nell’ultimo fine settimana. Un disastro, è piovuto tre giorni anche quella volta e anche lì avremo avuto un centinaio di persone. Avevamo un palco dove suonavano i vari complessi, tutto gratis. Noi eravamo gli organizzatori, si facevano panini e qualcosa da bere e si sentiva musica.
Nel 1983 abbiamo avuto bel tempo e molta più gente, diciamo 500 persone che sono diventate mille nel 1984 e poi sempre di più, si era sparsa la voce. Per le prime edizioni facevamo noi i manifesti, scritti con i pennarelli, che distribuivamo soprattutto in Val Camonica e infatti era da lì che arrivavano tanti giovani. Sempre musica dal palco, sempre noi a organizzare. E così la gente che arrivava cresceva ogni anno.
Nel 1989 il Comune (allora era sindaco Romano Belingheri e vicesindaco il Candido) ha chiesto il parere della Commissione Pubblici Spettacoli. Un giorno, stavamo giusto organizzando la festa, arrivano tre auto blu che allora facevano ancora impressione. Scendono 12 persone, tutte tirate a lucido. Vogliono fare un sopralluogo. Li accompagniamo su a Pian di Vione, ‘bellissimo’ dicono, sì ci sarebbe da fare il progetto del palco, recintare l’area, avere il servizio di ambulanza, gli impianti… ‘dai che ce la fate’ ci dicono. E al Candido, l’unico che c’era del Comune, dicono ‘date una mano a questi ragazzi’.
Figurarsi, ci sono restati malissimo, credevano di bloccarci e invece quelli della Prefettura ci incoraggiavano. Anche l’anno dopo il Comune ha chiesto il sopralluogo ma non si sono neanche mossi da Bergamo.
E arriviamo al 1990 quando ci sono 10 mila persone, difficile contarle. E’ stato l’ultimo anno in cui l’abbiamo organizzata noi, ci mettevano i bastoni tra le ruote. Noi abbiamo detto basta nel 1991”.
Ma non bastava dire… basta. “Cambia l’amministrazione, diventa sindaco l’Angilì (Angelo Piantoni – n.d.r.) che in teoria poteva essere dalla nostra parte ma il paese era in subbuglio. Convoca al palacolere un’assemblea. Tutti contro, l’Angilì allarga le braccia, non poteva andare contro la gente. Va bene, diciamo noi, non la organizziamo e non verrà più nessuno, la festa è finita. Col cavolo, nessuno l’ha organizzata ma arrivava sempre più gente.
Il massimo è stato nel 1997 con 35 mila persone. Ma noi non c’entravamo più niente, non c’era il palco, non c’era controllo, la musica era fai da te. E lì si è rovinato tutto, non era più la nostra festa. Gente sporca che sporcava, anche delinquenti che venivano non certo per fare o sentire musica…”.
I tre fondatori passano la palla all’artefice dell’affossamento della festa. E’ toccato proprio ad Angelo Piantoni chiudere la “festa della luna”. Che poi la luna non c’è mai stata, Colere per tre mesi d’inverno non ha il sole e per tre mesi d’estate non vede la luna…
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