I punti di domanda nel titolo della serata del 26 gennaio scorso – “Il lupo: una risorsa per le nostre Valli???” – erano ovviamente una provocazione, con l’intento di fare finalmente chiarezza sul problema del lupo sulle nostre montagne – ma anche ormai nei nostri centri abitati – e, soprattutto, di cercare insieme una soluzione al problema.
Un tema affatto scontato per l’opinione pubblica, per la maggioranza cioè dei cittadini che non vivono nel mondo rurale e per i tanti animalisti da divano e da social, condizionati dai messaggi fuorvianti che passano dai mass-media. Il dibattito ha dunque inteso smontare la disinformazione e la narrazione imperanti su una questione non più rimandabile, ora che i timori del mondo rurale, e non solo, si stanno rivelando più che fondati, dal momento che ci si prospetta un’alimentazione futura a base di grilli, di larve, di cavallette, di carne sintetica, di latte vegetale….
L’agricoltura e l’ allevamento -hanno ribadito gli esperti – stanno subendo disastri per la diffusione incontrollata di ungulati e predatori, disastri che hanno un unico riferimento nazionale, e cioè l’ ISPRA (Istituto Superiore Protezione Ricerca Ambientale) che ha sede a Roma, “con dirigenti e funzionari che sono lì da decenni perché nessun governo ha osato finora intervenire sulle macroscopiche eresie ed errori da loro commessi”, approfittando della quantità di denaro pubblico – decine di milioni – regolarmente erogato dall’Unione Europea e dallo Stato italiano per i vari progetti di protezione.
L’impatto economico e sociale delle predazioni
Dopo il saluto del sindaco Yvan Caccia a nome della sua Amministrazione che ha organizzato il dibattito, la sottoscritta ha presentato una sintetica cronologia delle predazioni di capre, pecore, asini e altri animali da cortile avvenute in Alta Valle in questi ultimi anni, aggiungendo che si trattava di un elenco incompleto perché gli allevatori spesso non denunciano, sia perché il grosso delle bestie non si trova più e si può solo dichiararlo disperso; sia perché per i pochi euro dei risarcimenti non vale la pena di percorrere tutta la complessa trafila burocratica richiesta; sia perché ci si sente dire che la predazione è stata opera di un canide e non di un lupo. Gaetano Riviello e Jacopo Nappini, autori del libro “Lupi & pastori, una storia diversa”, si sono poi soffermati, oltre che sull’impatto economico delle predazioni (capi feriti, capi caduti nei dirupi, capi stressati per lo spavento e conseguenti aborti, perdita del patrimonio zootecnico e quindi di agrobiodiversità), anche sull’impatto sociale , e cioè il peggioramento delle condizioni di vita del pastore, la tensione sociale che si verifica quando i lupi arrivano nei centri abitati; la perdita della conoscenza pastorale e la rinuncia alla gestione ambientale degli appezzamenti di terreno più scomodi.
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