Luca Percassi, ex calciatore, amministratore delegato di un miracolo calcistico guardato a livello economico e sportivo da tutta Europa. Domanda brutale: quindi si può guadagnare anche mischiando finanza e calcio di alto livello?
«Guadagnare non è il termine più appropriato, non quello che – perlomeno – rispecchia la nostra politica aziendale. Tutte le linee di ricavo di Atalanta, quindi non unicamente quelle di natura sportiva, vengono infatti reinvestite, secondo un concetto globale che riguarda tutto il Club. Investiamo e reinvestiamo sulla prima quadra, nel tentativo di mantenerla competitiva, ma anche su strutture e infrastrutture (il centro sportivo e il Gewiss Stadium ne sono gli esempi più lampanti), nonché su settore giovanile, seconda squadra, o per meglio dire l’Under 23 che abbiamo iscritto quest’anno per la prima volta al campionato professionistico di Serie C, non trascurando le risorse umane, vale a dire figure professionali di qualità e spessore che possano aiutarci ad accrescere capacità e competenze. Il tutto viene fatto con l’indispensabile criterio e requisito della sostenibilità del Club, ma anche con un grande senso di responsabilità nei confronti di Bergamo e dei bergamaschi che amano l’Atalanta e che per noi sono il fattore trainante del nostro impegno e del nostro orgoglio nel cercare di fare le cose per bene».
Lei, per questione di età, non può avere in memoria la conquista della Coppa Italia del ’63. Gliel’hanno raccontata quella giornata mitica che è coincisa purtroppo con la morte di Giovanni XXIII, il Papa bergamasco?
«Sì, me l’ha raccontata mio papà, aiutandomi anche in questo caso a comprendere l’indole del bergamasco doc, non solo del tifoso dell’Atalanta. Il motivo è proprio la sfortunata coincidenza fra la gioia per un trofeo vinto e il cordoglio per la morte di Giovanni XXIII, il Papa Bergamasco, avvenuta il giorno stesso. Nel suo racconto mio padre mi spiegò, sottolineando ‘ovviamente’, che non ci fu alcuna festa in città per la vittoria della Coppa Italia. ‘Il rispetto viene prima di tutto, sempre, e fra noi bergamaschi è sacro’. Nel suo ‘noi bergamaschi’ papà includeva Giovanni XXIII, nativo di Sotto il Monte».
Quest’anno l’Atalanta è tornata in… Europa. C’è bisogno di alzare una nuova Coppa, anche più prestigiosa?
«Per noi aver riportato Bergamo in Europa è già un grande traguardo. Ci tenevamo moltissimo, perché città e tifosi meritavano di tornare a valicare i confini nazionali e di tornare a vivere le emozioni, l’adrenalina e le forti suggestioni di una competizione europea. Siamo entusiasti e orgogliosi di giocare l’Europa League, competizione prestigiosa che ci permetterà di crescere ancora e di continuare a imparare, mettendoci a confronto con club di spessore e tradizione. L’obiettivo, come sempre, è quello di dare il massimo e di cercare di fare bella figura, come siamo riusciti a fare nelle precedenti partecipazioni a Champions ed Europa League. Il calcio è fatto di passione ed emozioni. Beh, l’Europa è qualcosa di straordinariamente coinvolgente in questo senso».
Per restare a quei tempi lontani, l’Atalanta pescava in provincia: di quella mitica squadra c’erano bergamaschi doc, Pizzaballa, Nodari, Pesenti, Gardoni, Domenghini, ma anche in panchina Roncoli, Cometti, Rota, Gentili, Carioli. Adesso è una squadra “straniera”. Cosa è cambiato nel calcio provinciale che non vi fornisce più “campioni” di livello?
«Sempre difficile paragonare periodi storici così lontani. Anche perché è cambiato il mondo, rispetto ad allora. Siamo nell’era della globalizzazione. Ciò premesso, però, Atalanta continua ad avere una grande attenzione per il proprio territorio, essendo un Club orgogliosamente di provincia. Il nostro settore giovanile lo testimonia eloquentemente, così come la neonata Under 23 che è in larga parte composta da ragazzi cresciuti sin dalla tenera età a Zingonia. E se guardiamo la prima squadra, Scalvini e Ruggeri, tanto per citare gli esempi più recenti ed eclatanti visto che parliamo di due nazionali, sono la riprova che possono anche essere cambiati i tempi ma non le linee guida dell’Atalanta che affondano le proprie radici nello straordinario patrimonio della tradizione che abbiamo ereditato e che custodiamo e cerchiamo di valorizzare costantemente».
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