ATALANTA- La mia non intervista al Bocia che sta spalando fango nelle Marche

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Luca Mariani
Ebbene sì. Anche io sono uno tra quei tanti giornalisti (o presunti tali) che in questi giorni hanno provato ad intervistare il Bocia, al secolo Claudio Galimberti. L’idea era semplice: chiedergli come ha vissuto la giornata di giovedì 16 settembre, quelle tragiche ore nelle quali alcuni comuni delle Merche sono stati travolti da quella malefica onda di pioggia e fango. Tra questi c’è anche Senigallia dove il Bocia vive e lavora da qualche anno. È da inizio settimana che provo a contattarlo, ma a rispondermi è sempre quella monotona e fastidiosa voce meccanica, la quale mi comunica che il numero da me chiamato non è al momento raggiungibile. Finché il telefono squilla. Mi risponde una voce decisa ed educata. Mi presento, ma non faccio nemmeno in tempo a esplicitare il mio intento che vengo bloccato da un «no, no, per l’amor di Dio!» Allora provo a rilanciare e gli dico che sarebbe interessante sapere il suo punto di vista, il suo racconto, non solo di quella nefasta serata, ma anche di cosa sta facendo in questi giorni di speranzose ricerche ed estenuanti lavori per provare a cancellare il fangoso e luttuoso ricordo di quella notte fatalmente indimenticabile. La sua voce resta tanto cordiale quanto determinata: «no, no. Non ho voglia di stare lì a raccontare. Mi hanno chiamato in tanti. Sono cose che… se abito qui è così». Con poche parole mi gela. Non ha tempo da perdere in inutili chiacchiere quando le sue mani e le sue braccia servono a spalare il fango, a ripulire vie e case devastate da un temporale micidiale. Non gli interessa mettersi in mostra, pubblicizzare la sua opera di sostegno ad amici, conoscenti e attuali compaesani, per far emergere la sua immagine di generosità e altruismo cavalcando l’onda emotiva di vicinanza alla gente marchigiana…
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