Su “Il Fatto Quotidiano” del 28 ottobre scorso Luca Lorini, primario di Anestesia e rianimazione dell’ospedale di Bergamo, commentando i dati delle ultime settimane sostiene che “i bergamaschi sono gente seria, hanno imparato in fretta, hanno visto i morti e i camion militari con le bare, la primavera scorsa, dunque oggi hanno un atteggiamento responsabile e un comportamento più attento a non diffondere il virus”. Il commento, come si diceva riguarda gli incrementi percentuali di casi di Covid dal 2 al 23 ottobre nelle province della Lombardia. Varese: +64,7 per cento. Monza- Brianza: + 61,3 per cento. Milano: +60,7 per cento. Po i si scende con Como (+39,9), Pavia, Lecco, Sondrio. Per arrivare agli incrementi più bassi di Bergamo (+6,9), Cremona (+9,2), Brescia (+9,7).
Vale a dire che le province più colpite in primavera, Bergamo su tutte, adesso hanno gli incrementi più bassi. Perché? Aldilà della battuta sulla “gente seria” (che ovviamente non può escludere gli abitanti lombardi delle altre province), ci dev’essere una spiegazione più scientifica. L’articolo di Gianni Barbacetto e Alessandro Mantovani prosegue e la cerca: alcuni l’hanno chiamata “immunità di gregge”, altri preferiscono chiamarla “immunità di comunità”: dove più numerosi sono stati i contagi a primavera, meno corre il virus oggi. “Nell’organismo di chi è stato contagiato, si sviluppano anticorpi”, spiega Lorini, “ce lo dimostrano le analisi sierologiche, che ci dicono proprio chi ha incontrato in passato il virus. Le analisi sierologiche nella popolazione della provincia di Bergamo provano che l’ha incontrato il 35-40 per cento della popolazione”. Questa è la cifra media, con percentuali più alte nelle zone di Alzano e Nembro, fino al 50 per cento, con punte addirittura fino al 60. Molti di coloro che hanno contratto il Covid-19 non se ne sono neppure accorti, perché hanno avuto sintomi leggeri o sono stati del tutto asintomatici. Ma il loro organismo ha sviluppato gli anticorpi che ora i test rilevano…
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