BERGAMO – Enza, dal 2009 tra carcere e lavoro. “Quando ho visto la cella volevo morire. Mi chiedevo: ‘ce la farò?’. E alla fine ce l’ho fatta”

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Giugno 2009, 15 anni fa. Le porte del carcere si aprono di fronte a una nuova ‘ospite delle patrie galere’. Si aprono e subito dopo si chiudono. E negli occhi della nuova ‘ospite’ si specchia il suo futuro: 20 lunghi anni da passare in prigione. Due decenni durante i quali la sua vita sarà stravolta, la sua libertà annullata, la sua personalità messa a dura prova. Ma lei non si lascia travolgere, soffre ma prende in mano la sua vita e la ricostruisce, passo dopo passo. E adesso, quando le mancano pochi anni per finire di pagare il suo debito con la giustizia, lei è tornata (quasi) alla normalità.

Vincenza, che tutti chiamano Enza, 57 anni, ci racconta la sua vita, le sue cadute e le sue speranze, i suoi momenti di sconforto e quelli di gioia. Ci racconta, in particolare, i suoi ultimi 15 anni, divisi tra carcere e lavoro.

Quando sono entrata in carcere nel 2009, sapendo che ci avrei passato 20 anni, è stata dura, molto dura. L’ingresso è stato traumatico. Quando ho visto la cella volevo morire. Mi chiedevo: ‘ce la farò?’. E alla fine ce l’ho fatta. Mi sono impegnata e mi sono messa in gioco. Ho voluto studiare e lavorare. Ho voluto rispettare le regole per poter usufruire dei vari tipi di misure alternative alla detenzione. Davanti ai miei occhi c’era un obiettivo: uscire il prima possibile dal carcere e tornare alla normalità, poter riabbracciare i miei cari… insomma, tornare a vivere”.

Un fondamentale passo in avanti nella storia di Enza c’è stato alcuni giorni fa. “Proprio martedì 2 luglio sono uscita da una misura alternativa, che si chiama articolo 21, e sono entrata in un’altra, l’affidamento. L’articolo 21 prevede che in carcere tu stia in una sezione a parte, quindi non più insieme alle ragazze che sono in regime ordinario, e prevede che tu possa uscire dal carcere per andare al lavoro. Io potevo uscire alle 7 del mattino, prendevo i mezzi pubblici per andare ad Albino, dove cominciavo a lavorare alle 8 e mezza. Con l’articolo 21 devi rispettare determinate regole e anche i tempi sono ristretti; in pratica, puoi stare via solo il tempo necessario per svolgere il lavoro. Quindi era una vita tutta carcere e lavoro, ma era già comunque un bel passo avanti, perché stavo in una cella da sola e, come dicevo, in una sezione separata rispetto alle altre ragazze, perché nel femminile sono molto poche quelle che usufruiscono dell’articolo 21…

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