Estate tempo di vacanza e feste di partito. Se le settimane al mare o in montagna sono sempre di meno a causa della crisi, le feste di partito si stanno moltiplicando.
Non di tutto l’arco costituzionale ovviamente. Restano movimenti, come i 5 Stelle, che faticano a organizzare kermesse della durata di 10 giorni, visto che hanno una struttura organizzativa inesistente (il partito non partito dallo statuto non statuto).
Oppure come Forza Italia, che da alcuni anni ha rinunciato alle feste della libertà, anche perché i bilanci chiudevano perennemente in rosso.
Ma PD e Lega nord, al contrario, quest’anno hanno instaurato una gara a chi fa più feste.
Se i padani sono partiti già ad inizio anno con la Berghem frecc, i democratici hanno rispolverato la festa cittadina, anche se in trasferta a Torre Boldone. E poi, solo a luglio, una decina di feste in tutta la provincia, proseguendo, ad agosto, con la classica di Treviglio (che dura 20 giorni) per chiudere con le ultime a settembre. La Lega ne fa qualcuna in meno, ma ad ogni festa è certa la presenza del leader nazionale Matteo Salvini, con il consueto bagno di folla.
Bilanci in positivo e con l’abolizione graduale del finanziamento pubblico ogni euro in più è manna dal cielo e possibilità per i parlamentari di girare la provincia, stringere mani, riprendere i contatti con gli elettori. E sì, perché da quest’anno la musica per i parlamentari (e gli aspiranti tali) è cambiata.
Con il porcellum (liste totalmente bloccate) le candidature venivano sostanzialmente scelte a Roma (o Milano per la Lega) dai vertici del partito. Lunghe trattative delle correnti, minacce e proposte e alla fine le liste erano pronte per la presentazione. Tantissimi nomi a causa di collegi molto vasti (tre quelli della Camera in Lombardia e un unico collegio senatoriale con più di cinquanta candidati). Per l’aspirante parlamentare quindi fondamentale era la buona entratura nei vertici del suo partito e la spinta della componente. Solo il PD, nel dicembre 2012, ha provato con le “parlamentarie”, vere e proprie primarie per la scelta dei candidati (e dell’ordine delle loro candidature) ma lasciando un certo numero (un centinaio) di candidati “paracadutati” da Roma.
Con L’Italicum la prospettiva si ribalta, o quasi
In attesa della riforma del Senato (con la sua trasformazione in un’assemblea non eletta direttamente dal popolo e con minori competenze) il punto fermo è che la riforma elettorale della Camera è stata approvata, seppur con tante polemiche.
Cento collegi (da 5/6 candidati), soglia di sbarramento al 3%, un capolista bloccato (il primo ad essere eletto se spetta un deputato), reintroduzione della preferenza per gli altri candidati (con la novità della doppia preferenza di genere, uomo e donna), premio di maggioranza assegnato alla lista (al primo turno se supera il 40%, oppure al ballottaggio), non sono previste coalizioni.
O si è fra i cento (o meno visto che si può essere capolista in più collegi) che verranno messi in testa di lista, oppure bisognerà sgomitare per le preferenze, magari con una cordata uomo/donna che raddoppi le proprie e senza neppure la sicurezza di essere eletti (soprattutto se la propria lista non ha diritto al premio di maggioranza).
Ultimo particolare: la clausola di salvaguardia prevede che la norma entri in vigore il 1° luglio 2016 (clausola fatta inserire dai piccoli partiti per evitare che Renzi usi la minaccia dello scioglimento delle Camere). (…)
SU ARABERARA IN EDICOLA PAGG. 6-7