La ‘capitale’ delle Banche non esiste più. Spazzata via dal vento impetuoso di giochi d’alta finanza che ai più sembra un Monopoli troppo complicato, caselle da conquistare, veti incrociati, imprevisti e probabilità. Già, ma qui per vincere serve anche molta astuzia. Intanto però il dato di fatto è che se Bergamo fino a qualche anno fa aveva nel carnet ben tre banche, e banche che contavano, la Banca Popolare, la Banca Provinciale e il Credito Bergamo, ora restano i (ne)fasti e i ricordi. Prima era toccato alla Provinciale inglobata da Intesa, poi la volta del Credito Bergamasco che era finito nella pancia della Banca Popolare di Verona che a sua volta era finita nella Banca Popolare di Milano.
E ora con l’Opa di Intesa su Ubi Banca Bergamo rimane in mutande. E invece Bazoli, già estromesso dal cda, quindi messo alla porta, rientra alla grande dalla finestra, lui presidente emerito di Banca Intesa, si prende la sua rivincita.
Diverso il discorso della Curia bergamasca, che con le Banche bergamasche ha sempre avuto un peso importante e che era entrata in Ubi quando le azioni erano quotate circa a 26 e ora sono a poco più di 4, insomma, un bel ridimensionamento.
E se Intesa si mangia Ubi cosa succede agli sportelli bergamaschi? Cambieranno nome, i risparmiatori cambieranno codici e numeri di conti ma alcuni chiuderanno, soprattutto nei paesi dove c’è già una filiale di Intesa.
Due banche simili ma anche diverse, se non altro dal punto di vista delle dimensioni. Intesa Sanpaolo è oggi uno dei principali gruppi bancari in Europa con una capitalizzazione di mercato di circa 40 miliardi di euro. Il gruppo vanta una posizione di leadership in Italia in tutti i settori di attività, dal retail al corporate fino al wealth management con una quota di mercato del 18% nei depositi e 17% nei crediti: cifre, queste, destinate a essere ulteriormente accresciute nel caso in cui l’operazione Ubi dovesse andare in porto, e che saranno vagliate ovviamente dall’Antitrust…
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