Tutto comincia a fine febbraio. Il coronavirus è appena sbarcato in Italia, almeno ufficialmente, ma dal 27 febbraio comincia il tam tam di rassicurazioni dove si sostiene che a morire sono solo gli anziani con molte patologie, insomma, se ne sarebbero andati comunque. Un leit motiv che manda giustamente in bestia i famigliari di molti anziani ma tutto cambia in poche settimane, quando il numero dei decessi raggiunge cifre drammatiche. Al 9 aprile un’analisi dell’Istituto Superiore di Sanità su un campione di 16.654 pazienti deceduti e positivi a COVID-19 in Italia, ha stabilito che l’età media dei pazienti deceduti e positivi a COVID-19 è di 78 anni per gli uomini e di 83 per le donne. Insomma, cinquanta giorni dopo lo scoppio dell’epidemia italiana, un dato era ed è certo: muoiono soprattutto gli anziani.
E una ricerca pubblicata su The Lancet Infectious Diseases il 30 marzo ci dice che il tasso di mortalità (non di letalità) del Covid19 sui casi accertati, più alto, è questo: 1,25% tra 50-59; 3,99% tra 60-69; 8,61% tra 70-79; 13,4% sopra 80 anni. Facciamo due conti, le case di riposo e Rsa in Italia sono 4629 e hanno una popolazione di 300.000 persone, un quinto in Lombardia, di questi 300.000 il 75% hanno più di 80 anni e il 78% non sono autosufficienti, in Lombardia siamo al 94%. Insomma, era chiaro che sarebbe stata una strage. Quindi perché non si è intervenuti?…
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