BERGAMO – MAB 26 IN VIA SPAVENTA – “Siamo stati colpiti alle spalle. E quell’errore non si sa di chi, perché cane non morde cane”

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Uno scrigno di bellezza dove Marta ha realizzato il suo sogno. Un progetto che ha preso forma nelle sue mani, grazie alla sua competenza e alla sua fantasia. Marta Francucci è originaria dell’Umbria e lavora nel mondo dell’abbigliamento da tempo. A marzo del 2017 ha aperto a Bergamo, in via Silvio Spaventa, il suo negozio: Mab 26.

“Ho deciso di mettermi in gioco – inizia a raccontare con un sorriso che si intravede anche dietro la mascherina -, io ho sempre lavorato nell’ambito dell’abbigliamento in Umbria, per anni ho fatto la rappresentante e ho gestito negozi. Qui ho deciso di mettermi in gioco con un negozio mio”.

Si comincia da zero. “Partivo in una città in cui non avevo legami né di parentela né di amicizia, senza nessuna garanzia di clientela. Ma questo lavoro mi piace e ho anche una professionalità maturata grazie a oltre vent’anni nel settore, così mi sono creata subito una clientela e mi sono tolta delle belle soddisfazioni”. Un negozio solo per donne. “Soprattutto la fascia della donna giovane, o meglio giovanile, avendo il pret-a-porter”.

A tre anni dall’apertura arriva l’uragano del Covid. “Nessuno se l’aspettava. Abbiamo chiuso a marzo, una settimana prima avevamo fatto il rifornimento per il primaverile. È stato un colpo terribile, avevo qui tutte le novità per la primavera e l’estate. Si pensava inizialmente ad una chiusura di breve durata, invece è durata più di tre mesi”.

A fine maggio la ripartenza. “Le clienti sono ritornate subito, avevano voglia di venire in negozio e di questo sono stata contenta. Il problema è che eravamo ormai nel periodo dell’estivo vero e proprio, il primaverile nel frattempo è rimasto fermo oppure è stato svenduto. Ho dovuto vendere a meno del prezzo di costo per non fare magazzino”.

Tante delusioni, soprattutto sul fronte degli aiuti statali. “Abbiamo ricevuto i famosi 600 euro, che sono sembrati un gesto di misericordia. Praticamente è meno del reddito di cittadinanza. Considerando i costi fissi che ha un negozio chiuso e i pagamenti da fare ai fornitori, con 600 euro non arrivi da nessuna parte. Poi è arrivato l’altro contributo, che ritengo davvero ridicolo: per stabilire l’importo hanno calcolato la differenza degli incassi tra aprile 2019 e aprile 2020 e in base a questo hanno calcolato una percentuale. Ma il nostro danno non è stato solo nel mese di aprile, siamo rimasti chiusi tre mesi e avrebbero dovuto calcolare la perdita di tutto questo periodo. È stato ridicolo”.

Il tono di Marta ondeggia tra l’indignazione e lo sconforto…

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