Piero Bonicelli
Nel gennaio 2013, alla prima assemblea del partito democratico dopo le “parlamentarie” che avevano selezionato i candidati “dem” relegandolo fra gli ultimi in termini di voti raccolti, Giorgio Gori prese la parola e disse “le sconfitte hanno il pregio di umanizzare chi le subisce”, cercando di entrare in sintonia con un mondo, quello della sinistra bergamasca, che in quei mesi lo viveva come un corpo estraneo, un ex dirigente di Silvio Berlusconi che a fine 2011 aveva deciso di prendere la tessera del PD.
Esattamente un anno dopo lo stesso popolo democratico lo portava in trionfo alle primarie del centrosinistra per la scelta del candidato sindaco di Bergamo, per poi farlo vincere alle amministrative di maggio contro Franco Tentorio.
Nemmeno quattro anni dopo ecco un’altra sconfitta, senza sentire magari il bisogno di essere più umani, e la domanda che tanti si fanno: e adesso?
Qualche giorno di pausa, rilettura dei dati, analisi approfondita (quartiere per quartiere) dei voti in città, qualche discussione con i dirigenti democratici, e poi la decisione verrà presa.
Tornerà a Palazzo Frizzoni, dalle 8 alle 20 (così come ha fatto nei primi 3 anni) per poi, fra dodici mesi, ributtarsi in un’altra difficile (ma questa volta non impossibile) campagna elettorale?
Giorgio Gori ha perso, e la sconfitta è stata amarissima seppur non inattesa. Ma la vera botta è dovuta al risultato che non lascia adito a recriminazioni. …
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