Chi, fra i dirigenti politici bergamaschi, ha una discreta memoria ricorda ancora la sera del 6 giugno 2014, l’ultimo giorno di campagna elettorale prima del ballottaggio fra Giorgio Gorie Franco Tentorio, con i comizi finali. A poche decine di metri di distanza fra loro, i due schieramenti cercavano di mostrare i muscoli. Una Piazza Dante gremita quella per l’ex manager Mediaset neofita della politica; meno gente in Piazza Libertà (grande e dispersiva) per il centrodestra che cercava di capitalizzare i 5 anni di amministrazione.
Per i simpatizzanti del PD, fresco del 41% preso da Matteo Renzi alle europee di due settimane prima, il traino della presenza di Maria Elena Boschi, da poco ministro e donna simbolo del nuovo corso renziano. Festa, sorrisi, selfie a spron battuto, e un clima di ottimismo che anticipava il risultato della domenica successiva.
In Piazza Libertà invece un veloce passaggio di Maria Stella Gelmini, parlamentare di Forza Italia, e poi l’arrivo di Matteo Salvini, segretario federale della Lega (ancora) Nord dal dicembre precedente. Dopo un 4,08% alle politiche del 2013, la cura del “capitano” aveva sortito qualche effetto (6% al voto europeo, 9% in città) ma quello dei padani restava ancora un partito difficile da digerire in una città moderata e cattolica come Bergamo.
Parole come sovranismo e difesa della Patria (veri e propri must per il Salvini di oggi), non venivano pronunciate nei comizi leghisti, e neppure si indossavano le divise delle forze dell’ordine; anzi, i sindaci padani faticavano ad indossare la fascia tricolore e spesso staccavano il quadro del Presidente della Repubblica (a quei tempi Giorgio Napolitano) dalla parete dei loro uffici.
Quindi l’ultima sera di campagna elettorale di cinque anni fa c’era un filo di imbarazzo fra i dirigenti del centrodestra bergamasco consci del rischio di chiudere la candidatura di Franco Tentorio nel vicolo cieco delle rivendicazioni padane….
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