Libro Editore Araberara
“Ma di che anno è questo sabato”
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Aristea Canini e Piero Bonicelli – Ma di che anno è questo sabato?
– edizioni Araberara – Nelle edicole a 14 euro.
Ognuno di noi ha il suo risvolto di copertina, l’altra faccia dell’amore e del dolore. Questo libro nasce da una sorta di contrappasso, Piero Bonicelli è più noto per i suoi scritti, le analisi politiche e di costume e gli editoriali. Aristea Canini per le sue poesie che hanno avuto riconoscimenti nazionali. Il gioco delle parti inverte in questo libro i ruoli, appunto i “risvolti” di quella che non è solo una professione, ma soprattutto una passione, quella di suscitare emozioni. Il lungo rapporto di amicizia con Alda Merini ha consentito ad Araberara, il giornale in cui lavorano entrambi gli autori, di pubblicare negli anni scorsi poesie inedite di Alda. Anche in questo volume, attraverso la cortese e affettuosa amicizia del fratello Ezio Merini, i lettori trovano quattro composizioni inedite della grande poetessa. edizioni Araberara “Infilata qui in redazione, tra un cielo rosso che viene spinto via dal sole che lo inghiotte di luce e le montagne che mi riparano dal cielo che oggi è terso e sembra una di quelle coperte da buttarsi addosso quando c’è voglia di sentire tutti i brividi del mondo. Quei brividi che io e Piero abbiamo messo in un mucchio di fogli che è diventato un libro ‘Ma di che anno è questo sabato?’ e che da sabato 14 dicembre è nelle edicole. E che se lo comprate siamo contenti, e se venite in redazione a prenderlo vi offriamo pure il caffè (senza brioche, magari vi allunghiamo un pezzo di panettone intanto che non sono ancora scaduti) e ci facciamo gli auguri. Perché in fondo ogni libro è come partorire un pezzo di anima che non è carne ma è sempre cuore”.
(Tea)
Oltre i pioppi
che urlano scomposti al cielo
il loro orgasmo di foglie,
intravedo quello che voglio
(Tea)
…cento passi e ricevi il sole
sognando fiabe azzurre,
vagabondi nella dolcezza
eretta sul cigno superbo
delle correnti lucide.
(Piero)
“Se vogliamo trovare assonanza o differenza direi che Tea è per la strada, io sono per i sentieri. Questione di età, ovvio. Quando ero piccolo contavano più i sentieri delle strade, che erano dissestate dalla pioggia. Il primo pezzo di asfalto l’ho visto in paese che avevo tre o quattro anni, fine anni quaranta. Arrivava il progresso. Dopo qualche decennio abbiamo ricominciato (io per primo al mio paese, da sindaco fine anni ottanta), a ripavimentare strade e piazze del centro con il porfido e il selciato. Un ritorno sui propri passi (sui propri sassi) e sulla propria storia. Che in fondo è percorsa dagli stessi sentimenti elementari, l’odio e l’amore. Li puoi esprimere col pennino e l’inchiostro o sull’iPad, cambia la forma, ma è lo stesso sentimento di sempre. C’è chi lo esprime in prosa e chi in poesia. Il mondo è cambiato in peggio nella forma, se avessimo la pazienza di sfrondarla, coglieremmo la sostanza umana. Che sfortunatamente è soffocata dalla forma, ma resiste, basta grattare e torna viva. In fondo basta un’emozione per sentirsi ancora vivi. Noi cerchiamo di dare emozioni. C’è gente che nasce con dentro il tarlo dell’impicciarsi dei fatti altrui e poi seguono vocazioni diverse, quella del prete, dell’insegnante, del medico, dell’urbanista, del giornalista. Così io racconto in poesia la mia gente, le sue paturnie, le sue paure, le sue storie a volte improbabili, al punto da rasentare le favole, i suoi difetti che poi sono anche i miei, calati in atmosfere di convivenza, a volte confortante, spesso difficile e fastidiosa: i cortili, le cucine, le osterie, i sentieri, le chiese, le scuole, le stalle ma anche i prati, il fiume, il lago (sono cresciuto in un paese di lago) e la montagna. E dentro questo che può apparire un presepe si muovono le statuine che siamo noi, che hanno sentimenti e risentimenti, amori e odi rancorosi, giustizia e ingiustizia, rimorsi e voglie, fedi e speranze. Questo è un libro di emozioni, quelle che trasmette Tea che racconta i giorni e le notti, la terra e il cielo, sente le stagioni, racconta le storie di gente viva e di gente morta che rivive, guarda oltre la nebbia per sentirsi libera. Il lago, la montagna, la strada, soprattutto la strada che porta oltre e altrove e fa conoscere occhi di persone, ‘l’infinito in una strada da rincorrere’ e percorrere comunque, per vedere se finisce, sapendo che le strade non finiscono mai, cogliendo gli istanti che danno senso alla vita, che sfuggono, che vanno fermati, non fosse che nel sogno. E la nostra fretta che si fa furia ‘gente che corre arraffando roba in offerta come fossimo prossimi alla guerra’. E il sapore e il calore della terra (‘la terra è le mie gambe’, ‘la terra è come me, instabile e piena di fiori e il giorno dopo arida e spoglia’). E le paure (‘sono qui con due chiavi in tasca, quella del coraggio e quella della paura’) che sembrano frantumarsi in certi tramonti che hanno odore di ‘terra bagnata o profumo di birra rossa’. E le voglie che sono come il vento ‘che se ne frega dei vecchi muri’. Questo è un libro in cui ci abbiamo messo dentro la vita”.
(Piero)