sabato, 21 Dicembre 2024, 8:04
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Da Delhi, una lunga corsa in macchina verso il nord, verso Dharamsala.

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Da Delhi, una lunga corsa in macchina verso il nord, verso Dharamsala. E’ qui che vive in esilio da quarant’anni il XIV Dalai Lama. Tanto verde e profumo di pino tutt’attorno.

Un grande cartello sulla sinistra della strada all’entrata del paese: “Benvenuti nella nuova piccola Lhasa”.

Entriamo nella piazza principale, camminiamo in mezzo ad una folla di monaci, lungo una via di negozi che mettono in bella mostra collane di corallo e turchese, bandierine di preghiera, e tutto ciò che può ricordare il paese d’origine. Qui si svolge la vita quotidiana della gente tibetana che ha seguito il capo spirituale in esilio. Proseguiamo verso il palazzo sede del Dalai Lama, qualche centinaio di metri oltre l’abitato, in un luogo isolato. Un grande cancello, un ampio recinto di mura lo circondano.

Ci facciamo annunciare, e siamo ricevuti poco dopo dal segretario generale di “Sua Santità” (questo il suo titolo per i seguaci della religione buddista).

L’udienza è stata fissata all’ 1,30 del pomeriggio, ma un’ora prima siamo già seduti in attesa in una grande stanza piena di targhe, medaglie e riconoscimenti al Dalai Lama.

Per noi sono momenti di tensione. Sotto gli occhi onnipresenti del Buddha, tra gli affreschi dei monasteri anche i viaggiatori più smaliziati sentono che si entra in una dimensione dove la severa maestà del buddismo li sovrasta con forza straordinaria.

Ci si spoglia di tutte le convenzioni, di tutti gli orpelli del mondo, per guardare alle sorgenti della nostra esistenza. Un correre veloce di passi annuncia l’incontro atteso. Il segretario ci accompagna nella sala delle udienze, dove il Dalai Lama ci dà il benvenuto.

Il colore giallo è predominante, tante sete dipinte appese alle pareti rappresentano l’iconografi a tibetana. L’intervista può avere inizio. Lei ha viaggiato ormai in tutto il mondo. Conosce da tempo l’Italia e la nostra cultura? “Il mio primo viaggio al di fuori dall’India è stato nel 1973 e la mia prima destinazione è stata Roma, dove contavo di incontrare il Papa. Fin da bambino leggevo con grande interesse riviste e libri illustrati di carattere geografi co. E così quando mi sono trovato in piazza S. Pietro, in un certo senso ero già preparato.

Molti dei luoghi che ho visitato in questi ultimi anni erano già familiari nella mia mente da quando ero bambino, in una stanza del Potala di Lhasa”. Il pianeta nel quale viviamo è minacciato da problemi gravissimi: povertà, inquinamento, guerre.

Come il buddismo affronta questi problemi? “Le guerre, i conflitti oggi minacciano il benessere di tante persone. Bisogna cominciare a pensare che siamo tutti fratelli e sorelle, che ciò che ci divide – la cultura, la nazionalità, la lingua – sono solo etichette, categorie superficiali. In fondo siamo tutti uguali. Io non penso a me stesso come un asiatico, non mi dico: ‘Dimentica l’Occidente, tu sei un orientale’; sarebbe stupido. E dall’altra parte sarebbe stupido dire: ‘Noi siamo i ricchi dell’Occidente, sfruttiamo il resto del mondo’.

Perché – come insegna la nostra religione – tutto è interconnesso, il danno di qualcuno diventa il danno di tutti”. Qual è lo stato delle trattative con il governo cinese alla vigilia del 50° anniversario dall’invasione del Tibet? “L’anno scorso le cose sembrava avessero finalmente preso una buona strada, c’erano segnali incoraggianti di un dialogo con le autorità cinesi, anche se sul piano informale, non ufficiale.

Da questa primavera purtroppo la situazione è decisamente peggiorata. Si è intensifi cata la repressione della dissidenza interna, abbiamo avuto notizia dell’uccisione della nostra gente, dei nostri monaci… sono in vigore repressioni e gravi restrizioni nel Tibet.

Tutto ciò non è un bene né per il nostro popolo né per la Cina. Perché la Cina vuole comunque unità e stabilità, e non possono essere imposti con le armi”. Lei recentemente ha chiesto per il Tibet una “genuina autonomia”.

Cosa intende? “Resta valido il piano di pace in cinque punti da tempo proposto ai cinesi. ‘Autonomia genuina’ significa riconoscere una specificità della cultura tibetana per tutto quanto attiene alla spiritualità del buddismo, all’educazione, alla gestione dell’ambiente.

In questi settori i tibetani hanno lunga esperienza, possono e devono avere poteri decisionali. Per tutto quanto riguarda invece la difesa, gli affari esteri, lo sviluppo tecnologico abbiamo bisogno di un aiuto: i fratelli e le sorelle cinesi possono contribuire benissimo, questo potrebbe essere il loro ruolo nel Tibet.

In tutto ciò che attiene allo sviluppo materiale, tecnologico, scientifico, economico i cinesi possono fare molto di più e meglio di noi. Ma ci lasciano la nostra libertà in materia di religione, di educazione, di cultura. La realtà è che dobbiamo comunque convivere. Io non penso allo scontro tra Tibet e Cina nel senso di una lotta con un vinto e un vincitore. Non è così che si devono affrontare i problemi.

La scelta giusta è quella del mutuo benessere. Per quanto riguarda la mia posizione personale, già nel ’92 ho rimesso in discussione l’istituzione dei Dalai Lama in quanto capo politico del Tibet. Il compito della politica va affidato a un governo tibetano locale democraticamente eletto. Quando questo sarà costituito, cederò i miei poteri in quanto Dalai Lama, diventerò un semplice monaco buddista e potrò dedicarmi ancora di più al lavoro spirituale e alla promozione dei diritti umani”.

Il buddismo va diffondendosi anche in Europa. Sappiamo dalla storia che passando da un paese all’altro esso si è evoluto in molte scuole diverse: indiana, tibetana, zen. Lei crede che potrebbe oggi nascere una “via occidentale” al buddismo? “In Occidente e nei paesi del mondo arabo c’è un patrimonio culturale e religioso ricchissimo, ben radicato in una tradizione secolare.

Milioni di persone hanno tratto grandi benefici spirituali dalle religioni dell’Occidente, ed è per questo che ritengo giusto, in linea di principio, conservare la propria fede religiosa originaria. Non credo che il buddismo debba necessariamente essere esportato, anche se effettivamente si sta diffondendo e oggi ci sono molte persone, anche da voi, che hanno scelto questa via.

Naturalmente esiste un principio fondamentale, quello della libertà religiosa, che consente a chiunque di scegliere la propria fede. Quanto alle vie o scuole diverse, è vero, ma l’insegnamento fondamentale resta quello di Buddha Sakyamuni.

La diversità delle scuole nasce dall’incontro e dalla sintesi di culture e tradizioni diverse, ma questo non significa che cambi il senso più autentico dell’insegnamento. Il buddismo si rivolge all’individuo, parla alla mente e al cuore dell’uomo, lo aiuta a capire quale è la sua natura più vera e autentica. Non importa a quale scuola si faccia riferimento per superare lo schermo delle illusioni terrene e calarsi nell’ascolto che è in noi.

L’incontro tra culture e tradizioni diverse è certamente positivo, arricchisce gli uni e gli altri, ma l’uomo resta sostanzialmente lo stesso come essere pensante, dotato di sensazioni ed emozioni.

Come buddisti possiamo imparare molte cose dai buoni cristiani o dai buoni musulmani, il senso del perdono per esempio, o della tolleranza. E loro possono imparare da noi i valori della compassione e le tecniche di meditazione”.

La cultura occidentale dello sviluppo ha privilegiato negli ultimi secoli l’aspetto materiale dell’esistenza. Non c’è una contraddizione netta con l’approccio buddista? “Il buddismo parla all’individuo, ed è attraverso l’individuo che si può cambiare il mondo. Certo, in Occidente dominano l’economia, la politica, la tecnologia, la scienza. Non so però se queste categorie rappresentino qualcosa di veramente diverso.

Perché quando si va a vedere cosa muove l’individuo, cosa lo spinge ad agire in questi campi come l’economia, la politica, la tecnologia, alla fi ne si arriva al ‘principio della motivazione’. Per un buddista essa si identifica nella ‘compassione’, il principio cioè secondo cui niente di ciò che si fa deve arrecare danno o male agli altri. La mentalità buddista è per sua natura interconnessa e interdipendente di tutte le cose, dal nostro prossimo all’ambiente naturale”.

Il Dalai Lama mi guarda. Mette la bianca sciarpa attorno al mio collo in segno di benedizione e amicizia; sorride, e mi stringe forte le mani nelle sue. Sorride a lungo, solo per me. Torniamo in albergo: arriva presto la sera qui a Dharamsala.

Fuori la luna rischiara questo “profugo piccolo Tibet”, le stelle sono così prossime alla Terra da sembrare bianchi fiori di montagna.

La Valle Seriana è alle stelle come consumo di droga e alcolici

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La Valle Seriana è alle stelle come consumo di droga e alcolici

La Valle Seriana è alle stelle come consumo di droga, l’incidenza è la più alta della provincia di Bergamo, numeri altissimi e in crescita che fanno scattare l’allarme rosso nella Valle.

Campanello d’allarme anche per il consumo di alcool dove la Valle Seriana rimane ai primi posti come numero di alcooldipendenti in cura al Sert superata solo da Bergamo, Dalmine e Isola Bergamasca.

L’Alto Sebino si conferma invece “pericoloso” sul fronte cocaina e droga in genere ma non ha molti utenti invece alcooldipendenti in cura al Ser.T..

Il contrario della Val di Scalve dove ci si fa di meno ma si beve di più.

Provincia di Bergamo che rimane nelle zone alte della classifica italiana come consumo generale di droga e di alcool, con età medie che soprattutto nell’alcool si abbassano pericolosamente.

Nei pronto soccorso dei nostri ospedali week-end da bollino rosso con ricoveri per coma etilico di ragazzi di scuola media.

E il fenomeno si allarga. Ma attenzione: si tratta dei dati Ser.T.: poi c’è il fenomeno non quantifi cabile di tutti coloro che usano droga e alcool ma non si rivolgono al Ser.T.. * * * LA PROVINCIA DI BERGAMO L’utenza dei Ser.T. L’utenza dei Ser.T. in bergamasca è costituita per il 70,9% da tossicodipendenti, da 22,7% alcoldipendenti e da una percentuale minore di soggetti con altri comportamenti di dipendenza: 3,8% tabagisti, 1,6% giocatori d’azzardo, 0,1% sex addiction e, in via residuale, da una quota pari a 0,9% di soggetti con disturbi del comportamento alimentare. Tossicodipendenti I 2.660 soggetti trattati nell’anno in provincia di Bergamo sono prevalentemente persone già in trattamento dall’anno precedente o rientrate in trattamento nell’anno a causa di recidiva (80,6%) e solo in percentuale minore (19,4%), soggetti che accedono per la prima volta ai Servizi (il dato nazionale mostra l’86% di utenti già in carico dall’anno precedente o rientrati e il 14% di nuovi utenti).

Essi sono prevalentemente soggetti di genere maschile, 85,6%, (87% dato nazionale), di nazionalità italiana 92,2% (94% dato nazionale) e con età media di 34,8 anni. Sul totale dell’utenza trattata dai Ser.T. provinciali il 7,8% è costituito da cittadini stranieri, percentuale che rimane stabile rispetto al biennio precedente. I soggetti seguiti in carcere nel 2007, 461 utenti, hanno subito un incremento del 12,7% rispetto all’anno precedente. I soggetti contattati dall’Unità Mobile (intervento di prossimità gestito dalla Cooperativa di Bessimo e cogestito dal Ser.T. di Bergamo) nell’anno 2007 sono stati 703, il 5,7% in più rispetto al 2006 e il 47,1% in più rispetto al 2004.

Le sostanze per le quali è richiesto il trattamento sono nella maggior parte dei casi, 66,5%, oppiacei (72% dato nazionale), seguite dalla cocaina col 23,3% (16% dato nazionale) e dalla cannabis col 9,1% (10% dato nazionale). Queste ultime due sostanze sono molto più diffuse tra i nuovi utenti dove la cocaina costituisce la sostanza elettiva per il 43% dei soggetti. L’uso iniettivo si riscontra nel 93,8% (74% dato nazionale) degli utilizzatori di oppiacei e nel 3,3% (8% dato nazionale) degli utilizzatori di cocaina.

Tra la nuova utenza eroinomane l’assunzione per via endovenosa (tendenzialmente in calo) rappresenta nel 2007 il 44,7 % a fronte del 52,9 di uso per via inalatoria. II 63% (49% dato nazionale) degli utenti utilizza almeno un’altra sostanza psicoattiva oltre a quella per la quale risulta in trattamento – 52,1 % tra i casi incidenti (43% dato nazionale).

La maggior parte degli utenti in carico 70,8% (61% dato nazionale) dichiara di avere un livello di istruzione medio ed il 62,3% (60% dato nazionale) di avere un’occupazione lavorativa. Il 34,6% (38% dato nazionale) degli utenti dei Ser.T. sono stati sottoposti a trattamenti terapeutico-riabilitativi psico-sociali (non farmacologicamente assistiti).

Il 65,4% (62% dato nazionale) dell’utenza ha usufruito di trattamenti farmacologicamente assistiti, la metà dei quali integrati con terapie di tipo psico-sociale e/o riabilitative.

L’11,8% (8% dato nazionale) degli utenti in carico nei Ser.T. risulta aver ricevuto un trattamento presso strutture terapeutiche residenziali. Di questi il 47,9% (54% dato nazionale) riceve, ad integrazione, trattamenti farmacologicamente assistiti (metadone e buprenorfi – na) integrati con terapie psicosociali e/o riabilitative.

Alcoldipendenti Nel 2007 sono stati trattati 850 soggetti alcoldipendenti, valore in aumento del 3,5% rispetto all’anno precedente (+4,3% dato nazionale). Il 30,5% (36,3% dato nazionale) dell’utenza complessiva è rappresentato da utenti nuovi, il rimanente 69,5% (63,7% dato nazionale) da soggetti già in carico dagli anni precedenti o rientrati.

Il 94,7% (95,8% nel 2006) dei soggetti è residente in provincia di Bergamo e il 2,2% pari a 19 soggetti (2,3% nel 2006) proviene da altre province, il 3,1% è senza fi ssa dimora. Come nel caso della tossicodipendenza i soggetti di sesso maschile costituiscono la quota più signifi cativa, sia tra la nuova utenza che tra quella già conosciuta, rappresentando il 77,2% dell’utenza totale (77,8% dato nazionale 2005). Il rapporto M/F è pari a 3,4 maschi ogni 1 femmina (3,5 dato nazionale). In linea con il dato nazionale si evidenzia che la classe modale (frequenza maggiore) è 40-49 anni, sia per l’utenza totale sia per le due categorie dei nuovi e vecchi utenti.

Il 69,2% dei soggetti ha un’età superiore ai 40 anni, e il 34,2% ne ha più di 50; non trascurabile è la quota degli individui di 60 anni ed oltre, che costituisce l’11,3% (12,4% nei nuovi utenti e 10,8% nei vecchi utenti), leggermente inferiore al dato nazionale (13,5% negli utenti totali, 11,6% nei nuovi utenti e 14,5% nei vecchi utenti).

La nuova utenza ha un titolo di studio più elevato della media nazionale (diploma superiore 14,7% contro il 13,9% e diploma universitario o laurea 6,2% a fronte del 3,9% a livello nazionale). Differenze tra i due gruppi di utenti nuovi e già in carico o rientrati) si riscontrano anche nella condizione lavorativa.

Tra i primi è meno rappresentata la categoria disoccupati / sottoccupati / occupazione saltuaria rispetto agli utenti già in carico (20,5% vs 27,7%) e per contro gli occupati costituiscono il 55,6% dei primi contro il 49,7% dei secondi.

I soggetti stranieri che hanno richiesto un trattamento per problematiche connesse all’uso di alcool costituiscono il 9,3%, dato in costante aumento dal 2004 (di cui il 12% tra la nuova utenza l’11,2% nel 2006) Le valli più colpite Dal rapporto tra i soggetti alcoldipendenti trattati nell’anno 2007 e la popolazione totale residente in provincia di Bergamo si conterebbero 0,8 soggetti in trattamento presso i Ser.T. ogni 1000 residenti.

In numeri assoluti, l’utenza proviene principalmente dagli ambiti di Bergamo, Dalmine, Isola Bergamasca e Valle Seriana inferiore mentre il rapporto soggetti in trattamento e popolazione residente indica che gli ambiti con tassi di prevalenza maggiore (rapporto con il totale della popolazione) sono quelli di Valle Seriana Superiore e Valle di Scalve, Bergamo, Valle Brembana, Valle Cavallina, Alto Sebino.

Cosa bevono Tra il totale dei soggetti trattati la bevanda primaria continua ad essere il vino 41,6%, (contro il 56,1% del dato nazionale) seguita dai mix di bevande alcoliche che costituiscono il 33,8%, dalla birra con il 14,8% (23,5% dato nazionale) e dai superalcolici con il 8,8% (11,6% dato nazionale). Il 54,4% (129 su 337) degli alcoldipendenti presenta un uso problematico di una seconda sostanza psicoattiva: nel 30,4% si tratta di cocaina, nel 10,5% di cannabinoidi e nel 3,4% di farmaci ansiolitici benzodiazepine. II trattamento più rappresentato è quello psicosocioriabilitativo pari al 49,9%, seguito da quello farmacologico 32,6%.

Si rileva un sempre minore ricorso alla disintossicazione in ambiente ospedaliero (0,6% nel 2007 contro il 6,8% del dato nazionale) presumibilmente dovuto al maggior utilizzo da parte dei Ser.T. di strumenti farmacologici effi caci.

Costante rimane l’invio da parte dei Servizi ai gruppi di auto-mutuo-aiuto, leggermente superiore al dato nazionale 9,8%). In aumento è il ricorso al trattamento residenziale, confermando un trend di crescita negli anni.

Tale dato è superiore al dato nazionale che si attesta 2,5% Altre dipendenze I soggetti con diagnosi primaria di “altra dipendenza” (tabagismo, gambling, disturbi del comportamento alimentare e sexual addiction) costituiscono il 6,3% (7,2% nel 2005, 8,7% nel 2006) dell’utenza trattata dai Ser.T.. Contribuisce al calo la chiusura dell’offerta di trattamento rivolta soggetti in carico per Disturbi del Comportamento Alimentare D.C.A. e alla conseguente dimissione di quelli in carico, a fronte dell’indicazione della Regione Lombardia che affi da ai Dipartimenti di Salute Mentale il trattamento di questi soggetti. Sul totale di questi il 59,5% di questi è costituito da tabagisti, il 13,9 da persone con disturbi del comportamento alimentare (anoressia e bulimia…), il 25,3% da gamblers (gioco d’azzardo) e da 3 soggetti con sexual addiction, pari all’1,3% I numeri dei Ser.T. Nell’anno 2007 le persone che sono entrate in contatto con i Ser.T. dell’ASL della provincia di Bergamo e che hanno ricevuto una o più prestazioni per richieste personali riferite alle aree dell’uso/abuso o dipendenza da sostanze stupefacenti o alcoliche o ad altri comportamenti di dipendenza sono state 4.859. Sono esclusi da questo numero familiari, parenti o conoscenti che pur rappresentano una quota importante di persone che accedono ai Ser.T. per richieste di consulenza o come “mediatori/facilitatori” di una richiesta di trattamento o perché coinvolte nel programma terapeutico del proprio familiare. (Vedi Tab.1 – Utenti afferiti nei Ser.T. – in basso).

L’utenza trattata I soggetti che nell’anno 2007 hanno ricevuto uno o più trattamenti per problematiche connesse a comportamenti di abuso o di dipendenza sono state 3.747. Il 70,9% di questi sono tossicodipendenti, il 22,7% alcoldipendenti e il 6,3% persone con altri comportamenti di dipendenza.

Ci sono 3065 maschi in trattamento e 682 femmine, il rapporto è 7,3 maschi per ogni femmina tra i tossicodipendenti, 3,4 maschi per ogni femmina tra gli alcolisti e 2,7 maschi ogni 1 femmina tra i giocatori d’azzardo. Ser.T. e Unità di Strada Nel 2007 sul totale dell’utenza trattata dai Sert provinciali il 7,8% è costituito da cittadini stranieri.

Dei 292 soggetti stranieri trattati dai Ser.T. nel 2007 il 71,9% è tossicodipendente, il 27,4% alcoldipendente e lo 0,7% altre dipendenze. 86 stranieri sono senza fi ssa dimora. Molti sono in prigione, il 47,3% e poi ci sono gli stranieri entrati in contatto con l’Unità di Strada.

In carcere ci sono 461 soggetti con problemi di tossicodipendenza o alcoldipendenza. E poi c’è l’Unità Mobile, gestita dalla Cooperativa di Bessimo in collaborazione con il Ser.T di Bergamo un servizio rivolto d una fascia di utenza che vive in situazioni di marginalità e che non sempre accede a servizi ambulatoriali. Costituite quindi da counselling sociale e sanitario, distribuzione di materiale sanitario (set per medicazione, naloxone, profilattici, siringhe, ecc.) interventi in rete con gli altri enti o strutture pubbliche e privati afferenti alla rete della Bassa Soglia (dormitori, Centro di Primo Ascolto e Coinvolgimento e altri servizi Caritas, Patronato S. Vincenzo, ecc.) terapie farmacologiche.

Tutte le prestazioni sono garantite anche da anonimato, ad eccezione delle terapie farmacologiche. La rilevazione dei soggetti è possibile solo per coloro che usufruiscono di terapie farmacologiche. I soggetti contattati nel 2007 sono stati 703.

Sono persone che chi opera nell’Unità di Strada incontra quotidianamente anche per mesi. Nel 2007 sono state distribuite 290.284 siringhe, 203.514 siringhe rese, e distribuiti 7.363 profilattici. Tossicodipendenti in zone Distribuzione degli utenti tossicodipendenti in trattamento presso ogni Ser.T. suddivisi per tipologia: Bergamo (1201), Gazzaniga (290), Lovere (144), Martinengo (331), Treviglio (340), Ponte San Pietro (354) per un totale di 2660. C’è un progressivo invecchiamento dell’utenza: la fascia inferiore ai 24 anni è diminuita passando dal 25,8% nel 1999 al 14% nel 2007 mentre quella relativa alla fascia d’età più avanzata (maggiore di 39 anni) è regolarmente aumentata passando dall’8,9% nel 1999 al 31,8% nel 2007. Sul totale dell’utenza trattata la fascia d’età maggiormente rappresentata è quella superiore ai 35 anni che costituisce il 52,4% costituita per il 91% da utenza già in carico.

L’età media è 34,8 anni. Utenti tossicodipendenti in carico ai Ser.T. suddivisi per stato civile nuovi e già in carico: celibe/nubile (1713, il 64,4%), coniugato/a (389, il 14,6%) convivente (280, il 10,5%), separato/divorziato (233, il 8,8%), vedovo/a (13, lo 0,5%) non noto (32, l’1,2%). * * * Utenti tossicodipendenti in trattamento nei Ser.T distribuiti per titolo di studio: nessuno (10, lo 0,4%), licenza elementare (192, il 7,2%), licenza media (1882, il 70,8%), corsi professionali (184, il 6,9%), diploma superiore (330, il 12,4%), diplomi universitarie, scuole dirette, laurea (23, lo 0,9%), non rilevato (39, l’1,5%). Alcooldipendenti Utenti alcoldipendenti in trattamento nei Ser.T. suddivisi per sesso: maschi (656), femmine (194). La classe d’età più “gettonata” quella fra 40 e 49 anni. Il 69,2% dei soggetti ha un’età superiore ai 40 anni, e il 34,2% ne ha più di 50, non trascurabile è la quota delle persone di 60 anni e oltre che costituisce l’11,3%. La fascia d’età inferiore ai 30 anni costituisce il 7,2% del totale, poiché ricerche effettuate sulla popolazione giovanile bergamasca sembrano rilevare un quadro opposto (abuso di alcool superiore rispetto alla media nazionale), sarà necessaria una rifl essione sull’adeguatezza dell’offerta terapeutica in relazione ai soggetti giovani.

L’età media è pari a 45,5 anni. La nuova utenza per l’alcool ha un titolo di studio più elevato. Bevono di più gli occupati costituiscono il 55,6% dei primi contro il 49,7% dei secondi. Il 12% della nuova utenza alcoldipendente è costituita da cittadini stranieri.

A differenza di quanto avviene per la tossicodipendenza, che vede tra l’utenza straniera una netta prevalenza di soggetti di origine maghrebina, l’utenza alcoldipendente straniera si presenta maggiormente eterogenea: le aree geografi che di maggior provenienza sono costituita da paesi UE (15 soggetti), seguiti del Nord Africa (14), da paesi est europei extra UE (12), dall’America centro meridionale (7), da altri apesi europei (3) e da paesi asiatici (3). Bevanda d’abuso primaria: superalcolici (8,8%), aperitivi-amari-digestivi (0,9%), vino (41,6%), birra (14,8%), altro (mix) 33,8%. I soggetti con diagnosi primaria di ‘altra dipendenza’ (tabagismo, gambling, gioco d’azzardo patologico) disturbi del comportamento alimentare e sexual addiction costituiscono il 6,3% dell’utenza trattata dai Ser.t. Soggetti trattati dai Ser.t dell’Asl di Bergamo per gioco d’azzardo patologico: 60.

Più di due terzi ha un’età superiore ai 39 anni. Quasi tutti italiani e quasi tutti con la licenza media. Quasi tutti ‘affetti’ da video poker: 41 persone. 3 dal gioco dei cavalli, 2 da giochi da casinò, 13 da lotterie e 1 non noto.

I TRATTAMENTI Tossicodipendenza I trattamenti di tipo psico-sociale e/o riabilitativi consistono in psicoterapia individuale, counselling individuale e sostegno psicologico individuale, effettuati generalmente insieme a interventi di servizio sociale individuale e monitoraggio.

Nel 2007 il 57,6% del totale dei trattamenti è stato di tipo farmacologico integrato e il 30,5% ha benefi ciato in via esclusiva di un trattamento psico sociale. In aumento il trattamento residenziale o semiresidenziale. Alcoldipendenza Il trattamento più rappresentato è quello di tipo farmacologico pari al 49,9% (28,2% dato nazionale), seguito da quello psicosocio-riabilitativo 32,6%. Si rileva un sempre minore ricorso alla disintossicazione in ambiente ospedaliero presumibilmente dovuto al maggior utilizzo da parte dei Ser.t. di strumenti farmacologici effi caci. Costante rimane l’invio da parte dei Servizi ai gruppo di automutuo-aiuto leggermente superiore al dato nazionale (9,8%).

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Apre l’ospedale più bello d’Italia

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Non ha l’aria soddisfatta che ti aspetti da uno che si appresta a fare passerella. Anzi, Amedeo Amadeo, Direttore Generale dell’Azienda Ospedaliera Bolognini di Seriate, sembra preoccupato. Arriva con la sua auto sul cantiere, entra, sale sul terrazzo della palazzina di fronte per dare un’occhiata d’insieme, ha appena litigato con qualcuno che va ancora a rilento, per il giorno dell’inaugurazione magari sembrerà tutto a posto, si stanno asfaltando i parcheggi dell’entrata sul vialone, si stanno disegnando i nuovi parcheggi sull’entrata principale, dove c’è la portineria, si vede la gru che gira e operai che non sembrano nemmeno parenti di quelli che si vedevano mesi fa. Amadeo si siede: “Forse dopo il 20 dicembre, se tutto sarà andato bene, tirerò un sospiro di sollievo. Basta ricordare che un trasferimento del genere a Lecco è durato addirittura 8 anni, che a Seriate, per i nuovi reparti, abbiamo impiegato cinque mesi, da dicembre ad aprile”.

Appunto. Tanto ritardo (due anni abbondanti) sui tempi previsti e adesso perché tutta questa fretta? “Una questione di finanziamenti da non perdere”. Il riferimento, oltre che al bilancio regionale, è anche alla seconda rata che il Comune di Clusone deve versare per l’acquisto del S. Biagio, l’attuale sede dell’Ospedale, che da tre anni il Comune baradello ha acquistato, di cui ha versato una sola rata, ricevendo per assurdo, visti i ritardi, un “affitto” per niente simbolico dall’Azienda Bolognini di 300 mila euro l’anno per il suo utilizzo (del S. Biagio!). Amadeo è in valle, sul cantiere, per dare la sua occhiata che si farà, a ridosso dell’inaugurazione, quasi quotidiana. “C’è sempre qualcosa che non va, non sono un tecnico, ma ci sono sempre delle grane”.

La storia dell’appalto di questo Ospedale è di quelle che dovrebbero far cambiare in un giorno al Parlamento le varie leggi Merloni, che invece resistono all’urto perfino della ragione. Fatto sta che nel 2002, quando si affidano i lavori, le ditte vincitrici sono la Co.gi. per la parte muraria e la Satrel per l’impiantistica. Le cose non vanno bene fi n dall’inizio, nel 2004 la Co.gi. fallisce, la Satrel rileva i lavori ma non si va avanti fi no a che, un anno dopo, Amadeo rescinde il contratto unilateralmente, affidandolo a una nuova ditta, la Magsistem per l’edilizia e la Dervit per l’impiantistica con la parte dei “gas medicali” alla Cattaneo di Sovere. Nemmeno così le cose vanno per il verso giusto per le prime due ditte, fi no a quando Amadeo riesce a ottenere che i subappalti siano “guidati” dalla sua Azienda Ospedaliera. I subappalti affi dati ad aziende locali fanno faville e si recupera in pochi mesi, praticamente da fi ne agosto ad oggi, quello che ormai, lasciando andare le cose come andavano, si sarebbe terminato a dicembre 2009.

Quindi un anno di anticipo sul… ritardo potenziale di tre anni. Con la Satrel c’è un contenzioso giudiziario, ma già al 90% il CTU (il tecnico nominato dal Tribunale) ha dato ragione all’Azienda Ospedaliera. “Quindi alla fi ne di tutto, con i lavori partiti nel 2003, la revisione prezzi (rame e ferro schizzati in alto) quando abbiamo cambiato e fatto il nuovo appalto, arriveremo a spendere 22, massimo 23 milioni, sui 21 preventivati sei anni fa”. Quanti posti letto? “135 posti letto”. Posti di lavoro? “330 persone, con un aumento, rispetto ad oggi, di 18 unità. Credo che in questo momento di crisi della valle questo sia un segno della presenza del pubblico, un segnale che noi ci siamo, distribuiamo servizi e stipendi e godiamo di discreta salute”. Mi guarda un momento, poi capisce che se stiamo “nei conti della serva” non si capisce cosa sta succedendo: “Questo è uno degli interventi più importanti, forse il più importante degli ultimi anni in bergamasca e non solo. Per la rilevanza storica e anche per il futuro. In questo momento ci sono 4 mila famiglie in valle Seriana che sono in cassa integrazione.

Questo è un segnale psicologicamente importante che il pubblico non abbandona la valle. Non è certo stato costruito per questo, visti i tempi, ma arriva nel momento giusto. Andare ad inaugurare un’opera pubblica così rilevante in una zona in difficoltà, è un segnale importante”. Amadeo è stato anche parlamentare europeo, è uno che la politica la mastica da sempre e la sa fare. Faceva il medico-chirurgo e nelle nomine regionali la sua non ha certo sorpreso, insomma l’ambiente lo conosce.

Poi gli intoppi burocratici e tecnici spiazzano questi manager: “Guarda, la mia più grande delusione, che mi ha fatto troppe volte rimanere male, è incontrare gente che non mantiene la parola data… Per il lato tecnico sono stato supportato in maniera clamorosa dall’ing. Renato Mauri che è il nostro responsabile unico del procedimento e dal geom. Ezio Puccini”. Va beh, dai, siamo arrivati alla fi ne, l’importante è avere un ospedale che sia tale: “No, guarda, questo, dal punto di vista strutturale, penso sia il più bell’Ospedale d’Italia”. (Pausa: a qualsiasi valligiano fa sempre piacere sentire che qualcosa di quello che sta sul suo territorio abbia un primato. Però subito dopo gli viene il sospetto che lo stiano prendendo in giro. Amadeo sembra convinto).

“Certo, perché recupera un ospedale del 1932 con tutte quelle caratteristiche di bellezza del tempo ma al tempo stesso con tutti i servizi con l’accreditamento 2008 e spazi incredibili. E in più diventa il più bello d’Italia non perché sia solo bello in sé, ma perché la collocazione geografi ca è impagabile, questa mattina venendo su guardavo le montagne innevate e guarda che cosa vedranno dalle loro finestre quelli che saranno ricoverati, beh, almeno la vista li consolerà. Io non l’ho scelto, questo posto, l’ho ereditato come una polpetta avvelenata perché andare a ristrutturare un posto così era da manicomio, però mi hanno anche dato l’occasione di fare, come dicevo, il più bell’Ospedale d’Italia perché penso che una collocazione come questa non ce l’abbia nessuno”. (Cerco di uscire dalla visione idilliaca come Ulisse con la Maga Circe).

Torniamo al tecnico per un momento. Vi hanno accusato di aver liquidato la  con una percentuale di avanzamento, mi pare il 64%, pazzesco rispetto a quello che si vedeva realizzato. “Il 60%… C’è da dire una cosa che all’inizio, la quantità di lavori che vengono fatti, siccome devi tirar su dei muri ecc. sembra di meno ma è di più, mentre quando cominci a far la stanza, mettere le porte… è un lavoro molto costoso e impegnativo ma di minore impatto…”. Non avete fatto un po’ di regalo, per farli andare a casa e riaffilare l’appalto? “Non abbiamo regalato niente a nessuno. Tutta l’operazione è stata condotta nella massima trasparenza e nel massimo rispetto delle regole”. Ma quando esattamente ti senti di dire che entrerà in funzione? “A Natale ti invito qua a bere il caffè e andiamo a salutare i malati che ci sono dentro”.

E funzionerà tutto? “Certo”. Una lamentela che mi è arrivata da uno che lavora nell’Azienda S. Biagio: ma perché non ci chiamano giù a vedere dove vanno messe le spine, dove mettere le cose visto che noi siamo gli operatori e dovremo usarle quelle attrezzature? “Perché verranno chiamati quando chiudiamo di là, abbiamo 15 giorni di intervallo da quando chiude il S. Biagio e apre questo nuovo. Dal 5 dicembre entra in funzione l’ospedale da campo. Dal 10 di novembre noi abbiamo chiuso le accettazioni ordinarie al S. Biagio e cerchiamo gradualmente di ricoverare il meno possibile a Clusone e di accorpare”. Cosa vuol dire accorpare? “Chirurgia con l’ortopedia per consentire a una quota di personale di venir qui a prendere visione di dove e come lavoreranno e fare formazione per vivere la vita del nuovo ospedale. Questo lavoro è coordinato dal dott. Bonomi, è già incominciato e va avanti. Meno gente sarà nel S. Biagio e più personale riusciremo a spostare qui per adattarsi al nuovo ambiente di lavoro…”.

Quando cominceranno ad accettare i ricoveri qui? “Quando saremo in perfetta sicurezza”. Cioè quando? “Penso che possa esser verso metà dicembre, al massimo qualche giorno dopo”. L’ospedale da campo che funzione ha? “Di pronto soccorso”. Altra lamentela che mi è arrivata, questa volta dall’alto Sebino. C’è chi doveva fare la chemio a Clusone e adesso gli hanno detto che deve rivolgersi o ad Alzato o a Seriate. “La chemio è stata messa a Clusone da un anno. Deve andare in altri ospedali anche per la sicurezza: la chemio è un farmaco che deve essere preparato nella massima sicurezza, non possiamo rischiare con un trasloco in atto. Nei limiti del possibile andiamo incontro certamente all’ammalato, però qualche disagio ci sarà”. Il trasferimento comporta anche cambiamenti di prestazione? “Il modello organizzativo all’inizio sarà perfettamente identico a quello del S. Biagio, dopo di che abbiamo tre o quattro mesi di tempo per prendere le misure e sperimentalmente vedere se c’è da fare qualcosa di diverso”.

Il più bell’Ospedale d’Italia per il posto e l’edificio. Ma i servizi, torno lì, saranno anche loro all’avanguardia? “Abbiamo speso 2 milioni e 980 mila euro di arredi e tecnologia, l’80% è nuovo, insomma abbiamo speso 6 miliardi di vecchie lire, questo non è il Niguarda, la Tac nuova è una cannonata”. Che tipo di ospedale sarà? “Un ospedale per acuti, puramente per acuti, con i reparti di medicina, chirurgia, ostetricia, traumatologia e il day hospital pediatrico, che è un po’ il motivo di polemica”.

Perché? “Perché i day hospital diagnostici non ci sono più quindi non dovrebbe esserci nemmeno il day hospital pediatrico che noi abbiamo mantenuto ugualmente vista la peculiarità della zona. Con l’Asl capita che delle volte non ci pagano le prestazioni ma noi lo manteniamo lo stesso. Insomma io voglio mantenere il day hospital per mantenere qui il pediatra per cui al pronto soccorso per un bambino c’è lo specialista che per i ricoveri indirizza poi verso altri ospedali ma intanto interviene e tamponare la situazione e la prima terapia”. Un’altra cosa: qualcuno avanza il sospetto che la fretta nel fare questi lavori comprometta la qualità dei lavori stessi.

Si parla di pavimenti incollati alle caldane umide… “No, abbiamo avuto la fortuna di tre mesi di bel tempo per cui è asciugato tutto. E’ anche vero che avevamo preso contatto con delle ditte specializzate per eventuali impianti per asciugare. Non ne abbiamo avuto bisogno. Abbiamo acceso anche i nostri termosifoni per 15 giorni. E’ venuto tutto al meglio. Detto questo sono consapevole che andiamo incontro a una valanga di problemi”. Ma come, se hai detto che va tutto bene… “Guarda, lo spostamento di un Ospedale non lascia tranquillo nessuno. Sai, fi nchè c’erano i lavori ‘ho sputato sangue’, sono venuto tre giorni alla settimana, ho messo qui due miei tecnici a tempo pieno anche se il contratto parlava di chiavi in mano, però adesso sono più preoccupato di prima perché incominciano ad esserci di mezzo gli ammalati, finché non vedo di qua tutto bello tranquillo, non sono tranquillo io…”. Sì ma vuoi mettere, il 29 hai qui La Russa, Formigoni, Fazio e poi altre autorità, tutti ai tuoi piedi… oh, l’ospedale è a posto quel giorno? “No, guarda, la passerella non me la godo proprio.

L’Ospedale è a posto, il 27 invito la stampa e le televisioni a fare un giro per l’Ospedale e lo vedrete a posto”. Non vediamo l’ora di essere orgogliosi di avere l’Ospedale più bello d’Italia.

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