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IL COMPLEANNO – Il secolo di Mons. Gaetano Bonicelli. Il 13 dicembre compie 100 anni. Il racconto (in sintesi) di una vita

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La storia che si fa Storia, quando il lungo racconto è di un uomo, un prete, un vescovo che ha attraversato il secolo che non è stato affatto “breve”, come viene solitamente definito, un lungo stravolgimento della vita, dalla civiltà contadina a quella industriale, dai difficili anni della povertà a quelli del benessere, da una Chiesa trionfante a una Chiesa che sta tornando ad essere missionaria, non nel terzo mondo ma nello stesso mondo occidentale, cercando un nuovo linguaggio, per fronteggiare l’illusione diffusa di poter fare a meno di Dio.  

Mons. Gaetano Bonicelli ha avuto il dono della parola. E perfino quel periodo in cui è stato “afono” (era Curato ad Almenno) è stato un segno per poter poi riprendere a far sentire la sua “nuova” voce in modo più maturo e incisivo, dopo gli studi a Milano e alla Sorbona di Parigi.

Non è mai stato banale, nessuno si addormentava durante le sue omelie, spiazzando anche l’uditorio con una parlata che arrivava su due piani, quello più colloquiale e popolare e quello più profondo per cultura e conoscenza teologica.

Per questo da Vescovo ha messo l’accento più volte sulla capacità (o incapacità) dei suoi preti di trasmettere il messaggio forte del Vangelo nelle omelie domenicali. E anche sulla “domenica” ci sono stati suoi interventi in tempi in cui nessuno avvertiva ancora lo sfaldarsi della sacralità della festa del “dies Domini”, che a mano a mano veniva riempito di eventi e appuntamenti extra religiosi, dal calcio al dilagare delle nuove “cattedrali”, i centri commerciali.

Solitamente in vecchiaia ognuno di noi tende a camminare con la testa rivolta al passato.

Don Tano continua da “vecchio” a guardare avanti, le sue analisi sono lucide, non rimpiange nulla, guarda al futuro come un giovane prete appena piombato sul campo minato di un mondo che perfino nella pandemia non ha alzato gli occhi al Cielo, ma sta dividendosi e azzuffandosi come i classici capponi di Renzo nei Promessi Sposi.

Abbiamo condensato in un libro la sua storia (“Quel tredici dicembre – Mons. Gaetano Bonicelli si racconta”), che non è una celebrazione e nemmeno una biografia scontata. Ha vissuto gli eventi, è stato protagonista e testimone di episodi e perfino retroscena curiosi e inediti. Ed è anche un ripasso di storia, raccontato da uno che quella storia l’ha vissuta accanto ai grandi Papi e ai grandi personaggi, anche laici, che hanno lasciato un segno nelle vicende del mondo, non solo italiano, visto che Don Tano ha viaggiato e seguito i problemi degli emigranti nel mondo, le vicende del lavoro con le Acli e quelle della comunicazione con i suoi articoli e interventi settimanali su vari giornali e riviste (compreso nel suo piccolo Araberara su cui ha tenuto per anni, appunto, una rubrica).

Molti ricordi sono condivisi da prospettive temporali diverse: essergli cugino, ma con 21 anni di differenza, consente di allargare l’orizzonte, riaggiustando il “binocolo” del giudizio su persone e avvenimenti. E così, come il suonatore Jones di Spoon River, “sorpreso dai suoi novant’anni”, Don Tano, con i suoi 100 anni, continua a far sentire la sua voce. E sia chiaro, “ricordi tanti ma nemmeno un rimpianto”.

Qui sotto alcuni passaggi del suo racconto.

*  *  *

13 dicembre 1924

Vilminore sapeva di ovatta, di neve fresca e soffice dove depositare sogni e lasciarli evaporare nel cielo. C’erano ancora le grandi ferite di un anno prima, l’anno del disastro, la diga che si era spaccata e l’ondata che aveva travolto i paesi, spazzando via centinaia di persone con le loro case, le loro storie. In casa Bonicelli veniva al mondo Gaetano, che poi per tutti sarebbe stato Tano, il miglior regalo di Santa Lucia per mamma Cristina e papà Francesco. Tano nasce in casa, come tutti a quei tempi; adesso lì dove c’era la casa di Tano c’è una banca, nella piazza che poi sarà dedicata a un grande Papa, Giovanni XXIII, con la cui storia il Tano, ordinato prete, si incrocerà più volte. Tano è il secondo di tre fratelli, prima c’è Vittorio, che poi si farà frate, e poi arriverà Matilde, che per tutti sarà Tilde. “Io e Tilde ci chiamiamo così perché prima di noi erano morti due zii che si chiamavano Gaetano e Matilde e così abbiamo preso i loro nomi, erano morti di tifo”. Papà Francesco a casa si ferma poco; nel 1926, a settembre parte: “Tilde era nata a Gennaio, noi allora abitavano al Cantù, l’ultima casa della contrada”. Tano il papà lo incontrerà e conoscerà già ventenne.

“In principio la scelta del papà di sposare mia mamma non era stata ben vista dai miei nonni, ma non si sono opposti, rispettando la volontà del figlio. Forse volevano far pesare la loro posizione privilegiata, rafforzata anche dal fatto che abitavano al centro del paese, mentre i familiari della mamma a Méto (una contrada sopra l’abitato di Vilminore – n.d.r.) erano tutti contadini. Alla fine, da gentiluomo qual era, il nonno Ernesto si recò personalmente, come si conveniva fare allora, nella casa dei futuri consuoceri per chiedere in sposa quella ragazza innamorata del figlio. La mamma era al corrente di queste difficoltà e, quando ha saputo che il nonno sarebbe salito sino a Méto dai suoi genitori per chiederla in sposa, decise di ascoltare quello che si dicevano. Così rimase ad ascoltare in cima alle scale, di nascosto, il cordiale colloquio dei due anziani. L’hanno presa veramente alla larga e hanno incominciato a parlare della campagna, delle vacche e di una montagna di altre cose. Mia mamma incominciava a preoccuparsi: – Quando arrivano al dunque? Cosa aspettano a parlare del matrimonio?… – si diceva un po’ preoccupata.

Alla fine, dopo una lunga conversazione, il nonno si era già alzato per andare via e, solo un attimo prima di uscire dalla casa, fingendo di essersene dimenticato prima, disse: – Ah,… s’ére pò gnìt a dömandàf se ol me tus ol’ pöl tö la òsa tusa… (che tradotto significa: “Ah, ero venuto a chiedervi se mio figlio può sposare la vostra figlia”). In poche battute finali, sancite da una cordiale stretta di ma no, avevano stabilito l’accordo per il matrimonio che si preannunciava imminente.

Il nonno paterno era Ufficiale giudiziario presso la pretura di Clusone, ma contemporaneamente, come avveniva per tutte le nostre famiglie, teneva la campagna, allevava le mucche e svolgeva molte attività per il sostentamento della numerosa famiglia. Francesco, mio papà, invece, quando si è sposato, faceva il panettiere in una bottega al centro del paese. (…)

Dopo il matrimonio, per un paio d’anni la mamma ha vissuto nella famiglia del nonno, tant’è che, quando Monsignor Roncalli (futuro Papa Giovanni XXIII) è venuto in villeggiatura un po’ di giorni a Vilminore, ospite della famiglia Bonicelli, gli faceva un po’ da cameriera. Roncalli era amico fraterno dello zio prete, Don Piero Bonicelli (prevosto di Tavernola per 27 anni, fino alla morte nel 1959)”.

Parentesi: il legame tra la famiglia Bonicelli e il futuro Papa Giovanni XXIII. Mons. Angelo Roncalli si rafforza, veniva a Vilminore in vacanza dalla famiglia di Ernesto Bonicelli, il nonno di Mons. Gaetano. La casa era di fronte alla grande scalinata che porta alla chiesa arcipresbiterale.

Fino alla quinta

“Mamma Cristina era rimasta sola con tre bambini; per fortuna c’era la famiglia di mia madre, molto unita, e tutti ci hanno dato una mano. (…) La fame non l’abbiamo mai patita ma è stata davvero dura per lei: polenta e latte e tanti sacrifici. Ricordo il giorno della mia Prima Comunione, nel 1931, per pranzo a me hanno dato una michetta, un panino, invece per gli altri ancora polenta, io ero il festeggiato e quindi avevo la michetta come… premio. Ricordo un vestito da marinaretto. (…) Ho frequentato la prima, la seconda e la terza in paese, la scuola era in convento, per un anno ho avuto una suora come maestra. La quarta l’ho frequentata dove adesso c’è il Comune, io abitavo proprio lì vicino, il maestro era bravissimo, un rimpatriato dall’Istria, a Vilminore la scuola arrivava appena fino alla quarta. Il maestro istriano era molto buono, era l’epoca del fascismo ma lui non ha mai mischiato la politica con l’insegnamento e la classe era già mista, ragazze e ragazzi. Eravamo 16 ragazzi e 4 ragazze per una sola classe.

Non c’era nessuna previsione di seminario e allora ho fatto la quinta, insieme ad altri 4 o 5, privatamente e poi ho fatto gli esami a Schilpario”. (…) Quinta Elementare, poi la vocazione.

“Entro in seminario a Clusone nel 1937, entro in seconda ginnasio perché la prima l’avevo fatta a casa, grazie al Curato di Vilminore, Don Daina e al parroco di Sant’Andrea, Don Giovan Maria Duci (parroco dal 1936 al 1946, poi parroco di Sala di Calolziocorte dal 1958 al 1987 – n.d.r.).

Don Daina muore in moto sulla “Via Mala”. (…)

 “Ed è la prima volta che sono uscito dalla Val di Scalve, con un pulmino siamo andati al funerale in Val Imagna e che fosse nel cuore della gente basta pensare quanti ragazzi allora sono stati chiamati Virginio. Come lui. Lui è morto e per me è finita, pensavo di chiudere lì con gli studi. E invece il prevosto di Sant’Andrea, compagno di classe di Don Daina, era di Bueggio e poi era stato molto a Calolzio, si chiamava Don Duci. Un giorno mi dice: ‘Non preoccuparti, ti aiuto io con la scuola’. Detto fatto: sul sentiero di Campione, scendevo in inverno con il ‘lisì’. Ho ancora nelle orecchie il rumore del suo pennino quando sottolineava gli errori. Con lui ho fatto la prima ginnasio, ho iniziato a masticare il latino e poi sono andato a Clusone a fare gli esami insieme a mio cugino Antonio Capitanio (che sarebbe poi diventato prete), che mi ha accompagnato a piedi fino a Clusone, al seminario”. (…)

“Mia mamma veniva in seminario a trovarmi una volta l’anno, se ricordo bene l’8 Dicembre, che era la festa della mamma, ma il clima della guerra si sentiva molto. Cosa poteva portarmi dalla Val di Scalve, più che bu nèle?”. (Le bunèle sono le pigne – n.d.r.) “Mi ricordo, al liceo, che il vicerettore Don Tengattini mi faceva trovare sotto la tovaglia, un panino che prendeva dalla mensa dei superiori”. (…)

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Tribunale Lodi: stralciato più del 71% del suo debito di una donna, in disgrazia per pandemia e guerra

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Che la guerra sia distruttiva per i paesi coinvolti è sotto gli occhi di tutti, ma spesso si sottovalutano anche gli effetti che possono avere anche su persone molto lontane. È il caso di una donna del lodigiano assistita da Legge3.it, organizzazione fondata da Gianmario Bertollo e Maria Sole Pavan per aiutare privati ed imprenditori ad uscire dal sovraindebitamento. In questi giorni la donna ha ottenuto presso il Tribunale di Lodi lo stralcio di più del 71% di un debito di oltre 250 mila euro, accumulato prima a causa della guerra in Libia e poi come conseguenza della Pandemia.

Per anni, infatti, la donna aveva lavorato in modo stabile e continuativo come dipendente nel settore petrolifero. Con lo scoppio della guerra in Libia nel 2011, l’azienda fu costretta prima a metterla in cassaintegrazione, con una riduzione dello stipendio, pagato anche con tempistiche irregolari, e poi a licenziarla definitivamente. Un duro colpo per la sua famiglia, che portò ad un vero e proprio dissesto finanziario.

Trovandosi senza lavoro, decise di rimettersi in gioco aprendo un bar in un centro sportivo. Purtroppo, però, le cose non andarono come speravano. Dopo un primo momento positivo, il locale fu costretto a chiudere per il covid, e finì per non riaprire più. La situazione diventava sempre più complicata e riuscire a sostenere il peso delle rate dei prestiti contratti per far fronte alle difficoltà era ormai impossibile. Mese dopo mese il quadro diventava sempre più nero, fino ad arrivare ad un punto di non ritorno.

Sembra non esserci alcuna via d’uscita, la donna è costretta a vivere con un’angoscia perenne, finché non decide di rivolgersi a Legge3.it, quella che sembra essere la sua ultima spiaggia. Assistita dai professionisti dell’organizzazione di Bertollo e Pavan, la donna ha portato il suo caso all’attenzione del Giudice del Tribunale di Lodi. Dopo aver appurato che avesse i requisiti per usufruire degli strumenti introdotti dalla Legge n. 3 del 2012, nota anche come Legge Salva suicidi, e dal successivo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, il Giudice ha disposto l’apertura della procedura di liquidazione controllata che porterà allo stralcio del 71,5% del debito, a fronte di un piano di rientro triennale che prevede il pagamento di una quota mensile sostenibile, calcolata sulla base delle sue esigenze per garantire alla sua famiglia una vita decorosa, oltre al ricavato della vendita della casa, messa all’asta prima di avviare la procedura di sovraindebitamento.

Questa sentenza rappresenta questa donna e la sua famiglia un momento di rinascita e finalmente potranno tirare una riga col passato, cancellando tutti i debiti e i brutti pensieri. – Commenta Gianmario BertolloCon la procedura di liquidazione controllata, potranno pagare ciò che possono sostenere realmente e, al tempo stesso, mantenere un tenore di vita dignitoso. Credo che per questa famiglia non potesse esserci miglior regalo di Natale, anche se arrivato con qualche settimana di anticipo”.

Calcio, traffico di armi e droga: arrestato 38enne

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Nel tardo pomeriggio del 6 dicembre i Carabinieri della Stazione di Calcio hanno tratto in arresto B.G.M., italiano di 38 anni, in esecuzione di un ordine di carcerazione carcere emesso dalla Corte d’Appello di Brescia in data 5 dicembre 2024.

L’uomo era stato oggetto di accurate e mirate indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Brescia, iniziate nell’anno 2019 e terminate nel 2020, permettendo di riscontrare l’esistenza di un sodalizio criminale composto da 12 soggetti tra cui donne e uomini di nazionalità italiana, albanese e marocchina, operante sia in Italia che all’estero nel traffico di stupefacenti ed armi. Nell’organigramma ricostruito al termine delle indagini, l’arrestato rivestiva lo specifico ruolo del c.d. “assaggiatore”, testando personalmente la qualità della cocaina, e collaborando anche nelle operazioni di occultamento delle armi e della droga, sotto diretta indicazione di coloro che ricoprivano i ruoli apicali dell’associazione.

L’Autorità Giudiziaria, concordando con le risultanze investigative raccolte durante le indagini, nel febbraio 2022 emetteva l’ordinanza di misura cautelare nei confronti di tutti i soggetti appartenenti all’associazione a delinquere, per la quale, in data 16 febbraio 2022, B.G.M. veniva sottoposto alla misura degli arresti domiciliari presso la sua abitazione.

Il 5 dicembre 2024 la Procura Generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Brescia emetteva il provvedimento della carcerazione per l’espiazione della pena inflittagli in primo grado di anni 4 e mesi 8, eseguito dai Carabinieri di Calcio. L’arrestato è altresì interdetto dai pubblici uffici per 5 anni.

‘Violenze fisiche e maltrattamenti’ nei confronti del marito, ordinanza di divieto di avvicinamento per una donna di Dalmine

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Il 9 dicembre i Carabinieri della Stazione di Dalmine hanno eseguito un’ordinanza di misura cautelare di divieto di avvicinamento alla vittima e ai luoghi che frequenta, e divieto di dimora nel comune di Dalmine nei confronti di una donna 39enne del posto.

La donna, incensurata, era stata denunciata lo scorso aprile dal compagno al culmine di una serie di maltrattamenti e violenze fisiche commesse da lei all’interno delle mura domestiche sul compagno, alla presenza della figlia minore dell’uomo e del figlio minore della coppia. In passato l’uomo aveva richiesto più volte l’intervento dei Carabinieri per sedare liti con la donna.

Dopo l’ultimo episodio avvenuto ad aprile, a seguito del quale l’uomo aveva dovuto ricorrere a cure mediche presso l’ospedale di Osio Sotto, la vittima aveva sporto denuncia querela nei confronti della moglie alla quale veniva imposto il provvedimento del divieto di avvicinamento emesso dal Tribunale di Bergamo.   

Ma la donna infrangeva più volte tale divieto di avvicinamento, iniziando a porre in essere atti persecutori nei confronti dell’uomo, rendendogli la vita impossibile e costringendolo ad alterare le proprie abitudini di vita, ingenerando in lui un perdurante stato d’ansia derivante dai comportamenti dell’ex compagna che in più occasioni si presentava sul posto di lavoro, nei luoghi da lui frequentati nel tempo libero o presso l’abitazione dei suoi genitori, pedinandolo in più occasioni in auto sia in Dalmine che nei comuni limitrofi.

Nel mese di novembre l’uomo, avvedutosi della presenza della donna che per l’ennesima volta lo seguiva a bordo della propria auto, si dirigeva presso il Comando Stazione Carabinieri di Dalmine per chiedere aiuto, ma, subito dopo essere sceso dal mezzo ed aver citofonato all’ingresso della caserma, veniva aggredito alle spalle dalla donna che lo colpiva con schiaffi e pugni, terminando la propria azione solo grazie all’intervento dei militari della Stazione.

A seguito di tali episodi, documentati anche dai filmati di videosorveglianza del Comando Stazione Carabinieri di Dalmine, che avevano ripreso i fatti, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Bergamo otteneva dal Giudice per le Indagini Preliminari l’emissione del provvedimento del divieto di avvicinamento alla persona offesa ed ai suoi familiari nonché al luogo di lavoro ed ai posti da lui frequentati con l’applicazione del braccialetto elettronico: stante, però, il mancato consenso dell’indagata, la misura veniva aggravata dal divieto di dimora nel comune di Dalmine.

Mozzo – maltratta l’anziana madre, condannato

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L’8 dicembre i Carabinieri della Stazione di Ponte San Pietro, a seguito delle indagini svolte dai colleghi di Curno dirette dalla Procura di Bergamo, hanno arrestato e tradotto in carcere, su ordine dell’Autorità Giudiziaria, un quarantaduenne residente a Mozzo, resosi responsabile dei reati di maltrattamenti in famiglia ed estorsione.

I fatti risalgono al 2023 quando l’uomo era stato denunciato dalla madre, nei confronti della quale aveva messo in essere ripetuti maltrattamenti psicologici e vere proprie estorsioni, al fine di procurarsi il denaro necessario ad acquistare sostanze stupefacenti e così alimentare la propria dipendenza.

A seguito delle indagini, e dopo un iniziale periodo in cui gli era stata applicata la misura del divieto di avvicinamento alla persona offesa, l’uomo è stato associato in carcere, a seguito di  ordine di carcerazione in esecuzione della sentenza di condanna a 4 anni di carcere emessa dal Tribunale di Bergamo.

 

CASTIONE – Condannato a 4 anni un imprenditore per bancarotta fraudolenta di due aziende

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Una condanna che fa scalpore in paese. A D.F. 41 anni (ovviamente in paese si sa nome e cognome), sono stati inflitti 4 anni di reclusione per “bancarotta fraudolenta di due aziende che si occupavano di pavimentazione”. La sentenza del Tribunale di Bergamo è datata martedì 10 dicembre. La vicenda ricostruita in tribunale è rocambolesca. L’imprenditore condannato (condanna a 3 anni anche per L.B. definito “complice” e vedremo il perché) aveva aperto una prima società nel gennaio 2018, rimasta in attività fino al dicembre 2021, quando è fallita. Niente da dire se non fosse che l’accusa ha dimostrato che il titolare avrebbe effettuato prelievi consistenti (261.730 euro) dal bilancio della società, nonostante fosse già in grave perdita fin dal 2019 e i creditori chiedessero inutilmente di essere pagati. Non solo, l’accusa ha sostenuto che parte del patrimonio della società fallita (in moneta, 30 mila euro, e in attrezzature per un valore stimato 150 mila euro) era stata “dirottata” in una seconda azienda, creata ad hoc, intestata alla moglie dell’imprenditore.

Ma anche questa seconda azienda è fallita nel febbraio 2022. E anche qui l’accusa ha sostenuto che c’erano stati, prima del fallimento, “prelievi” per un valore di 271.033 euro, 5 furgoni, una Golf e perfino una Maserati.

Ma l’imprenditore non si sarebbe fermato qui e, secondo la ricostruzione fatta in tribunale, avrebbe aperto una terza azienda intestata appunto a quello che viene definito “complice”, L.B. e in questa azienda sarebbero stati confluiti i mezzi della seconda azienda, quella fallita. La “complicità” deriverebbe dal fatto che secondo l’accusa l’imprenditore castionese si sarebbe fatto assumere come dipendente, insieme alla sua segretaria, ma in realtà sarebbe stato lui a gestire l’azienda.

Non si può definire la vicenda nemmeno con la classica definizione delle “scatole cinesi” perché in effetti le prime due aziende hanno dichiarato fallimento. Secondo la ricostruzione insomma sarebbe stata una sorta di rilancio continuo, apro e chiudo, lasciando… all’asciutto i creditori vecchi e nuovi.   

Villa di Serio: tentano di rapinare un diciottenne, arrestato un giovanissimo mentre il complice è fuggito

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Il 07 dicembre i Carabinieri della Stazione di Alzano Lombardo hanno arrestato e tradotto in carcere un ventunenne originario del Marocco, residente ad Alzano Lombardo, il quale aveva tentato di rapinare un coetaneo poco prima.

La vittima, uno studente appena maggiorenne di Alzano Lombardo, mentre si trovava a Villa di Serio sulla strada per tornare a casa, è stata avvicinata da due soggetti, entrambi in stato ebbrezza alcoolica, che hanno iniziato a strattonarla ed a colpirla, nel vano tentativo di sottrarle quanto aveva con sé.

Il malcapitato, fortunatamente, è un esperto di arti marziali e si è riuscito a divincolare dalla presa degli assalitori che, comunque, lo hanno inseguito per un breve tratto. Subito dopo, sul posto, è arrivato il padre del ragazzo che, tendando di difendere il figlio, è rimasto coinvolto nell’aggressione. A distanza di pochi istanti è arrivata anche la pattuglia dei Carabinieri di Alzano che ha messo in fuga uno dei presunti autori del reato ed è riuscita ad arrestare il complice. Quest’ultimo, per cercare di sfuggire all’arresto, si era nascosto a bordo di un’autovettura parcheggiata poco distante dal luogo in cui si è consumato il reato.

L’arrestato, già gravato da precedenti specifici, è stato portato presso la casa circondariale di Bergamo. L’arresto è stato convalidato dal Giudice per le Indagini Preliminari che ha confermato la misura della custodia cautelare in carcere.

Sono in corso le indagini per identificare il complice, datosi alla fuga.

Eletto all’unanimità Pasquale Gandolfi, nuovo Presidente dell’Unione delle Province d’Italia

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Tutti d’accordo sul nome di Pasquale Gandolfi, presidente della Provincia di Bergamo, che diventa così il nuovo Presidente dell’Unione delle Province d’Italia. Ad eleggerlo all’unanimità sono stati gli oltre duecento delegati, Presidenti di Provincia e consiglieri provinciali provenienti da tutta Italia, nella prima giornata dei lavori dell’Assemblea congressuale che si è aperta oggi nella Sala della Protomoteca del Campidoglio alla presenza del Presidente della Repubblica. Gandolfi raccoglie il testimone da Michele de Pascale, neo presidente della Regione Emilia Romagna, che ha guidato l’Associazione per cinque anni. Classe 1975, il nuovo Presidente di UPI è stato eletto Presidente della Provincia di Bergamo nel dicembre 2021. “E’ davvero un onore per me ricevere l’incarico di guidare una associazione come l’UPI che dal 1908 rappresenta un punto di riferimento per gli amministratori provinciali e per i territori – ha detto Gandolfi nel suo primo discorso da Presidente di UPI. “Oggi questa Assemblea mi ha dato un mandato chiaro: di riportare al centro del dibattito politico il tema della riforma delle Province. E’ un mandato per cui inizierò a lavorare da subito, aprendo un confronto con Governo e Parlamento”.

IL CASO – Colzate: un paese in difficoltà tra squilibri finanziari, frane e tirate d’orecchio della Corte dei Conti

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Nuvoloso con a tratti precipitazioni anche violente. Non è il bollettino meteo di Colzate ma la situazione finanziaria, che non è certo di quelle serene. Ma tutto è passato un po’ in sordina in mezzo come un panino alle elezioni di giugno e alle frane di questa primavera e delle scorse settimane.

A Bondo di Colzate ci si lecca ancora le ferite per la frana del 10 ottobre e quella di marzo è ancora lì, qualche malumore tra i residenti delle frazioni che lamentano scarso interesse da parte dell’amministrazione nei loro confronti anche dopo il recente taglio del pulmino per portare gli alunni a scuola.

La situazione finanziaria non è delle migliori, ma quello che balza all’occhio è la tirata d’orecchi della Corte dei Conti, che ha evidenziato diverse criticità nella gestione finanziaria del Comune.

Nel 2023, il Comune di Colzate ha accertato uno squilibrio finanziario pari a 275.662,33 euro, derivante principalmente dalla decurtazione delle risorse trasferite dal Ministero dell’Interno, a seguito della cessione del compendio demaniale “Ex ferrovia della Valle Seriana”.

Questo squilibrio è stato aggravato dall’inerzia dell’Amministrazione nel riscuotere i canoni di locazione e le indennità di occupazione relativi ai beni trasferiti, per un totale di 244.578,97 euro accumulati fino al 2022.

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SARNICO – È muro contro muro. I tre punti del contendere: Rsa, rapporto Arcangeli/Mazza e piazzola rifiuti

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Muro contro muro. Da una parte la maggioranza, alla guida del sindaco Vigilio Arcangeli, dall’altra le due minoranze (dopo che Giorgio Bertazzoli si è messo in proprio). L’altra parte della maggioranza (Fratelli d’Italia e Forza Italia), guidata da Domenico Nucera che tenta di far capire a quelli di là del muro che lui parla un linguaggio diverso da quello dell’ex sindaco Bertazzoli. Ma il muro sembra insonorizzato, dall’altra parte sembra non sentano o… non ci sentano. E così i due Consigli Comunali convocati dalle minoranze sono finiti in niente. Sono tre i temi in ballo.

Il primo è quello della Casa di Riposo. Il nuovo Cda retto dall’imprenditore Giuseppe Mazza vuol chiedere fondi al PNRR ma deve avere la proprietà dell’area in cui sorge la Rsa. Il Consiglio comunale (a maggioranza) ha deliberato la cessione dell’area alla Fondazione Faccanoni. Con qualche riserva visto, che sottolinea la minoranza di Nucera “i conti erano sbagliati e non di poco, di circa 800 mila euro” e andranno aggiustati prima che il Cda inoltre la domanda al Governo centrale. Il tutto deve avvenire entro fine anno. Per questo argomento c’è una piccola variabile indipendente. Una signora (di Villongo) aveva donato 50 mila euro alla condizione che nella Rsa si realizzi, come previsto dal vecchio Cda, un reparto per l’Alzheimer che però la nuova gestione sembra non voler più realizzare. In tal caso, scrive la signora in una lettera al sindaco e ai consiglieri, ritirerà l’offerta.

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