lunedì, 13 Gennaio 2025, 9:34
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LOVERE – Matteo & Michela e il loro Alveolab che ora è sbarcato anche a Rovetta: “Faccio ancora la crema con la frusta, e in questo periodo sforniamo 1000 panettoni. Facevo il tornitore ma poi…”

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Il profumo di pane fresco e croissant è come una carezza allo stomaco, l’Alveolab è lì a ridosso del centro storico di Lovere e a pochi passi dal lago, e il suo gemello, aperto da pochi mesi è in un altro centro storico, quello di Rovetta. E a impastare meraviglia è sempre lui, Matteo Pedretti, un ragazzotto di 33 anni, con la barba rossiccia, gli occhiali a coprire due occhi curiosi. Insieme a lui Michela Beccarelli, la sua compagna, di Fino del Monte, potrebbero essere il remake del film ‘due cuori e una capanna’ rivisitato in ‘due cuori e una brioche’. Perché le brioches qui sono davvero un’opera d’arte, di quelle che le ammiri con gli occhi e finisci di amarle col palato. Ma la storia di Matteo è un po’ diversa da quella di molti suoi colleghi fornai o pasticceri. Già, Matteo che arriva da Fonteno, lavorava in Lucchini, tornitore, nessuna scuola di pasticceria o alberghiera alle spalle ma una sana e grande passione: “Mi piaceva creare dolci a casa, impastare, provare, fare e cosi un po’ alla volta mi sono appassionato, studiavo da solo quando avevo tempo, sperimentavo, insomma, tutto da autodidatta”.

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CASTIONE – Le Creative di Castione della Presolana e quel presepe all’uncinetto: 80 figuranti, 1200 ore di lavoro e…

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Pazienza, impegno, passione. C’è tutto questo dentro il presepe all’uncinetto realizzato dal gruppo delle creative di Castione della Presolana, che si trova all’interno della chiesa di Bratto. È proprio qui che Luigina Pasinetti mi dà appuntamento per raccontarmi questo lavoro corale. Insieme a lei c’è anche don Gianpaolo Baldi: “Quello che bisogna apprezzare è l’attenzione e la cura ai dettagli dedicata ai singoli personaggi che ci fanno ricordare la tenerezza del Natale. È un’opera che ha portato a stare insieme un gruppo di persone in un luogo pubblico, l’Oratorio, dove anche i bambini possono vedere il loro lavoro e la loro collaborazione per fare qualcosa per la comunità. Tutto questo porta qualcosa di bello all’interno delle nostre chiese e i nostri paesi hanno bisogno di persone che mettano la fantasia”.

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ALBINO – Maria Peracchi e il ‘suo’ Istituto Romero, un’eccellenza al vertice delle scuole bergamasche

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Tra le scuole più rinomate e apprezzate della Valle Seriana (ma il discorso si può estendere anche al resto della provincia di Bergamo) c’è senza ombra di dubbio l’Istituto Oscar Romero di Albino, che deve il nome al famoso ‘arcivescovo martire’ di El Salvador.

La scuola albinese, guidata da diversi anni dalla preside Maria Peracchi, è stata per il secondo anno consecutivo incoronata ‘regina’ a livello provinciale in tre diversi ambiti: Liceo Linguistico, Liceo delle Scienze Umane e Istituto Tecnico Economico. A stilare la classifica delle migliori scuole lombarde è l’autorevole Fondazione Agnelli, che con il suo Eduscopio 2024 ha messo a confronto ben 7.700 scuole a partire dagli esiti universitari e lavorativi di più di un milione di diplomati. Si tratta di un’indagine molto importante, perchè elaborata da un ente esterno alla scuola utilizzando i risultati conseguiti dai diplomati al di fuori della scuola Superiore. In pratica, i posti più in alto della classifica sono occupati dalle scuole che preparano meglio di altre i loro studenti agli studi universitari o al lavoro dopo il diploma.

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NOVAZZA – Olena Kust, da Kharkiv (cresciuta in orfanotrofio) a Novazza e ritorno per documentare gli orrori della guerra in Ucraina: “Dovete capire cosa significa davvero vivere in guerra. Non c’è luce, né riscaldamento, alle 16 c’è buio e si cammina con la torcia, accompagnati dal suono delle bombe…”

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Si chiama Olena Kuts ed ha 32 anni. E’ nata e cresciuta in Ucraina, in uno dei tanti orfanotrofi statali dove le cure mediche  non erano molto assidue per cui porta ancora addosso i segni di una crescita problematica dal punto di vista fisico. Fortunatamente a Kharkiv  ha incontrato l’associazione Emmaus, un’organizzazione non profit impegnata a costruire uno spazio di amicizia e delle condizioni adatte alla crescita, all’integrazione, alla scoperta e realizzazione del potenziale personale di giovani con disabilità, orfani e bambini sfollati dalle zone del  conflitto. Proprio nell’ambito dell’associazione Olena, dopo aver frequentato l’Università e studiato arte e cultura dei diversi Paesi, era entrata a far parte del gruppo delle educatrici di Emmaus presso il collegio delle orfane di Bogoduhiv. Dopo l’inizio della guerra una parte dell’associazione è rimasta ad operare in Ucraina, mentre un’altra parte è stata evacuata in Italia. Ed è così che Olena è arrivata appunto a Novazza, dove ha trovato ospitalità, insieme ad un gruppo di compagne, presso ‘Ca’ Rosèi’, prima del trasferimento a Milano: “Inizialmente l’organizzazione Emmaus  aveva portato quasi tutti a Leopoli. Quando il 24 febbraio 2022 è iniziata l’invasione russa su vasta scala, ha capito che un attacco poteva essere imminente, perché Kharkiv si trova solo a 30 km dalla Russia e in quei giorni non tutte le ragazze erano a Leopoli e molte erano vicine a Kiev. Le abbiamo aspettate per due giorni e poi tutte insieme abbiamo raggiunto il confine. Alla frontiera siamo rimaste bloccate per tre giorni, un’attesa davvero molto difficile, sia fisicamente che mentalmente, e poi lasciare il proprio Paese a causa della guerra e diventare un rifugiato è la cosa peggiore che possa capitare che non augurerei nemmeno al mio peggior nemico…

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La montagna incantata o abbandonata? MONOLOGO SUI MASSIMI SISTEMI MONTANI

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Ci sono amori e amori, romantici, o, basta andare in cronaca, a volte patologici, possessivi. Fuori metafora, ci sono molti amanti della montagna, molti meno amanti dei montanari.

La natura è impietosa, da sempre i cicli storici registrano l’avanzata o la ritirata del bosco: meno popolazione e il bosco si divora i prati abbandonati; aumentano gli abitanti e si riappropriano del territorio e il bosco arretra. Il bosco non è per definizione il paradiso terrestre, lì prolificano non solo la vegetazione ma anche gli animali, adesso soprattutto cinghiali, ma da qualche tempo anche lupi, cervi, volpi, faine, orsi e animali selvatici che rendono il bosco quello dei racconti di paura che ci propinavano i nostri vecchi (più le nonne che i nonni) per tenerci “lontani dai pericoli”.

Ci sono due atteggiamenti riguardo alla montagna: uno è di quelli che camminano con la testa rivolta all’indietro (al passato, ai loro ricordi) e l’altro di quelli che pensano a come ci vivranno i loro figli e nipoti.

Che, se tutto sarà com’è, se ne andranno altrove. Chiedetegli il perché. In città, ma soprattutto oltre i confini italiani, cercano e spesso trovano quello che qui non hanno, opportunità non solo di lavoro ma di gratificazione, conoscenza, servizi e svago, magari illudendosi anche solo che i sogni non glieli spengano all’alba, come succede da noi.

La montagna non è quella originaria creata da Dio o chi per lui. È cambiata per natura, è stata cambiata dall’uomo per sbarcare il lunario. Basta ricordare che molte delle nostre montagne sono una gruviera, “traforate” da gallerie, scavate per tirar fuori minerale, per cavare la pietra, il marmo, la sabbia, per bypassare i valichi. I paesi si sono allargati, le lottizzazioni, anche spericolate e invasive, hanno occupato i prati (spesso i migliori).

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La Fabbrica delle Meraviglie: un grande mercato di Natale con i prodotti realizzati e venduti da voi

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Panettoni artigianali. Lavori a maglia. Opere in ceramica. Pasta di sale. Pasta di pane. Disegni. Presepi fatti a mano. Liquori. Dolci. Lavori in legno. Poesie. Impasti di meraviglia e di incanto. Insomma, tutto quello che vi colora il Natale, quello che avete creato, prodotto con le vostre mani e il vostro cuore e che volete mettere in vendita. Una sorta di grande mercatino di Natale natalizio virtuale. Senza intelligenza artificiale. Perché qui di artificiale non c’è nulla. Ci siete voi con le vostre opere. Senza intermediazione.

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Guardia di Brescia: eseguite misure cautelari a carico di 33 persone e disposto il sequestro di beni e valori per oltre 1.800.000 di euro, matrice ‘ndranghetista

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Nella mattinata odierna investigatori della Polizia di Stato (del Servizio Centrale Operativo, della Squadra Mobile e della S.I.S.C.O. di Brescia) e della Guardia di Finanza (del Servizio Centrale I.C.O. e del Nucleo P.E.F. – G.I.C.O. di Brescia) hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Brescia nei confronti di 25 indagati, residenti nelle province di Brescia, Milano, Reggio Calabria, Como, Lecco,
Varese, Viterbo e in Spagna, a carico dei quali è stato inoltre disposto il sequestro preventivo di disponibilità finanziarie e beni per oltre 1.800.000 euro.
Contestualmente i Carabinieri del Comando Provinciale di Brescia e dei reparti dell’Arma territorialmente competenti hanno dato esecuzione ad un’ulteriore misura cautelare sempre nell’ambito del medesimo procedimento penale, nei confronti di 8 indagati, tra i quali anche membri della sopra citata associazione per delinquere di matrice ‘ndranghetista, ritenuti a vario titolo presunti responsabili dei reati di detenzione illegale di armi, riciclaggio, usura e ricettazione, aggravati dal metodo mafioso, oltre al reato di detenzione ai fini di spaccio
di sostanze stupefacenti.
La complessa indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Brescia – Direzione Distrettuale Antimafia, avviata nel mese di settembre 2020, ha riguardato l’operatività, in territorio bresciano, di un’associazione per delinquere di matrice ‘ndranghetista, originaria di Sant’Eufemia d’Aspromonte (RC), residente da anni in questa provincia e legata da rapporti federativi alla cosca “Alvaro”, egemone nella zona aspromontana compresa tra i
comuni di Sinopoli e Sant’Eufemia d’Aspromonte.
L’attività investigativa ha permesso di ricostruire l’organigramma del sodalizio che, facendo leva sulla forza di intimidazione che deriva dal vincolo associativo, avrebbe riprodotto, in territorio bresciano, una “locale” in grado di porre in essere le peculiari azioni che caratterizzano le associazioni di tipo mafioso, quali estorsioni, traffico di
armi e stupefacenti, ricettazioni, usura e scambio elettorale politico-mafioso.
In particolare, nel corso delle indagini sono emersi i legami e le cointeressenze tra il gruppo investigato e altri gruppi criminali sempre di matrice ‘ndranghetista presenti nell’hinterland bresciano, tra i quali si sarebbe instaurato un rapporto di mutua assistenza finalizzato alla realizzazione di una moltitudine di condotte illecite.
Sono stati altresì documentati i legami tra il sodalizio mafioso e un soggetto con esposizione pubblica, attivo nella comunità bresciana, con il quale il sodalizio avrebbe intrattenuto rapporti caratterizzati dal tipico pactum sceleris dello scambio elettorale politico-mafioso, ovvero l’impegno per il sostegno elettorale del clan con la
futura promessa di reciproci illeciti vantaggi economici.
La pervasività della caratura delinquenziale della consorteria è stata, inoltre, dimostrata dalla capacità di penetrare le strutture carcerarie e veicolare messaggi ai detenuti, avvalendosi del sostegno di persone fidate e insospettabili, come quello fornito da una religiosa, che, più volte, avrebbe svolto il ruolo di intermediario, tra gli
associati e soggetti in detenzione, approfittando dell’incarico spirituale che le consentiva di avere libero accesso alle strutture penitenziarie.
Parallelamente, il gruppo investigato avrebbe dimostrato di essere in grado di far evolvere le proprie dinamiche economiche, assumendo tutte le caratteristiche delle moderne organizzazioni criminali che operano nel Nord Italia, abbinando ai reati di tipo tradizionale, anche delitti di natura economico-finanziaria.
Gli associati avrebbero, infatti, promosso, costituito ed etero-diretto una pluralità di imprese “cartiere” e “filtro”, operanti nel settore del commercio di rottami che, nel periodo delle indagini, avrebbero emesso nei confronti di imprenditori compiacenti fatture per operazioni oggettivamente inesistenti per un imponibile complessivo di
circa 12 milioni di euro, al fine di consentire loro, al netto della provvigione spettante all’associazione, di beneficiare dell’abbattimento del reddito nonché di riciclare il denaro frutto dei reati perpetrati.
A carico dei soggetti indagati sono stati emessi provvedimenti di sequestro preventivo, finalizzati alla confisca per equivalente, per un importo complessivo pari a oltre 1.800.000 euro, quale provento delle condotte penal tributarie e riciclatorie ipotizzate.
Sono attualmente in corso molteplici perquisizioni a cura di 300 appartenenti alle tre Forze di Polizia, estese anche nelle province di Bergamo, Verona e Treviso, condotte con il supporto di moderni mezzi tecnici del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, del Servizio Centrale I.C.O. della Guardia di Finanza e dell’Arma dei Carabinieri nonché delle unità cinofile – per la ricerca di armi e droga – e “cash dog” – per la ricerca di contanti, in una cornice di sicurezza garantita anche dall’impiego di personale delle U.O.P.I. della
Polizia di Stato e di militari specializzati A.T.- P.I. della Guardia di Finanza e dell’Aliquota di Primo Intervento dei Carabinieri.

Valbondione – Felice, 59 anni, perde la vita scivolando sul Pizzo Tre Confini

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Felice Oberti, 59enne di Carobbio degli Angeli, ha perso la vita sulle montagne di Valbondione.

Tragedia sulle montagne di Valbondione stamattina, mercoledì 4 dicembre. La vittima è Felice Oberti, residente a Carobbio degli Angeli. Il 59enne ha perso la vita precipitando per 20 metri nella zona del Pizzo Tre Confini attorno alle 9.30.

Sul posto sono intervenuti i soccorsi con l’eliambulanza decollata da Sondrio e le squadre del Soccorso alpino di Valbondione ma per Felice Oberti non c’è stato nulla da fare.

San Paolo d’Argon, in fuga con la droga nascosta in un calzino: arrestato 36enne

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Nel primo pomeriggio del 2 Dicembre, nell’ambito di mirati servizi di prevenzione e repressione di reati attinenti gli stupefacenti, i Carabinieri della Tenenza di Seriate traevano in arresto un cittadino di nazionalità marocchina per la detenzione ai fini di spaccio di sostanza stupefacente.

L’uomo, 36enne, alla guida della sua autovettura, dopo essere stato notato dai militari, nel tentativo di evitare controlli nel comune di Albano Sant’Alessandro, raggiungeva il centro di San Paolo d’Argon. Ma veniva comunque raggiunto e fermato, sottoposto a perquisizione personale e veicolare, e veniva trovato in possesso di 23 dosi di cocaina per un peso complessivo di grammi 22 circa, nonché la cifra contante di euro 780 circa in banconote di vario taglio.

La sostanza stupefacente veniva rinvenuta all’interno di un calzino in un vano nascosto sotto il volante dell’automobile.

Nella mattinata del 3 Dicembre 2024, il Giudice per le Indagini Preliminari convalidava l’arresto senza applicazione di misure.

Omicidio Cecchettin, Turetta condannato all’ergastolo. Dovrà risarcire il papà di Giulia con 500mila euro e 100mila ai due fratelli

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foto Ansa

Filippo Turetta è stato condannato all’ergastolo per l’omicidio della ex fidanzata Giulia Cecchettin, uccisa l’11 novembre 2023. È quanto hanno deciso i giudici della Corte d’Assise di Venezia, confermando così la richiesta del Pm Petroni che aveva chiesto nell’udienza del 25 novembre la pena massima per il 22enne. La Corte ha escluso le aggravanti della crudeltà e dello stalking, resta dunque in piedi l’accusa per omicidio aggravato dalla premeditazione, sequestro di persona e occultamento di cadavere.

Oltre alle interdizioni di legge, è stato disposto un risarcimento alle parti civili con il pagamento di una provvisionale di 500mila a Gino Cecchettin, 100mila ciascuno ai fratelli Elena e Davide, 30mila ciascuno alla nonna Carla Gatto e allo zio Alessio, oltre alle spese di costituzione legale. Le motivazioni verranno depositate entro 90 giorni. 

“La mia sensazione è che abbiamo perso tutti come società. Non sono né più sollevato né più triste rispetto a ieri o domani. È una sensazione strana, pensavo di rimanere impassibile. È stata fatta giustizia – ha aggiunto – la rispetto, ma dovremmo fare di più come esseri umani. La violenza di genere va combattuta con la prevenzione, con concetti forse un po’ troppo lontani. Come essere umano mi sento sconfitto”, ha commentato il papà di Giulia, Gino Cecchettin, dopo la lettura della sentenza nei confronti di Filippo Turetta.