BOSSICO – Pietro e Kristian, gli ultimi due pastori di Bossico in giro per la Lombardia a caccia di pascoli: “Non molliamo, dagli alpeggi alla pianura…”

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La storia della pastorizia bossichese si perde nella notte dei tempi, ma nei secoli scorsi era un’attività talmente diffusa sull’altopiano che  alla pastorizia  si dedicava una grande festa annuale in nome di Santa Eurosia, patrona dei pastori e delle greggi, e la solennità si celebrava sempre la quarta domenica di settembre, al ritorno dagli alpeggi e prima di scendere verso il piano e per il  “remènch” invernale.

“Ora le cose sono molto cambiate – dice Pietro Pacchiani, pastore storico di Bossico il quale, seppure ormai in età da pensione continua la sua attività -. Dei tanti pastori che c’erano a Bossico siamo rimasti solo in due, il Kristian Arrighetti ed io, che però non mollo, come si dice, e vado in alpeggio in Val Viola, nei dintorni del Poscagno, da più di vent’anni.  Sono tornato da poco dall’alpe, ora mi trovo col mio gregge ad Offanenga, a circa 5 km da Crema, ho utilizzato i camion per il trasporto delle pecore, ma per la festa di S. Eurosia tornerò in paese e ne porterò alcune in corteo, da aggiungere a quelle dei piccoli allevatori ‘stanziali’. La festa di S. Eurosia era partita bene anni fa, ma poi è arrivato il Covid e tutto si è fermato, perciò spero che l’edizione di quest’anno riprenda alla grande”.

“Io invece non ci sarò, e un po’ me ne dispiace, perché sono ancora a Madesimo e qui intorno ci sono ancora molti prati da pascolare – dice Kristian Arrighetti -. Mi sposterò solo verso la fine di ottobre, quando scenderò a svernare nei dintorni di Como e di Monza. D’altronde un pastore deve pensare sempre soprattutto alle possibilità di pascolo, e comportarsi di conseguenza, e qui per ora di pascolo ce n’è ancora a sufficienza”.

Quando si cominciava a fare il pastore a 8 anni, la bèrnia e il panno

A Bossico si cominciava a fare il pastore già da piccoli, verso gli 8/9 anni, quando d’estate sia andava in montagna con le pecore o con le mucche. D’inverno invece si andava a scuola e le pecore venivano portate in pianura, solitamente nei pressi di Pavia e dell’Oltrepò Pavese (questo da settembre a marzo, per poi tornare in montagna). Dalla terza alla quinta elementare, mentre si viveva in pianura, l’insegnamento veniva svolto in cascina grazie ad una maestra che teneva ben 33 bambini. Di giorno i bambini badavano alle pecore oppure andavano a scuola a seconda dei giorni mentre la sera si tornava in cascina e si facevano i compiti con l’aiuto della maestra. Era una vita abbastanza triste. Quando pioveva erano giorni duri spesso non si avevano stivali ed ombrello né cappello per ripararsi, ma con il sole arrivavano anche i giorni belli. Si andava in alpeggio con le pecore fino all’incirca all’età di 20 anni…

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