ARDESIO – Ca’ del Botto, il boom dei salumi bergamaschi:“Il mio bisnonno allevava suini, mio nonno aveva 7 figli, voleva dare una macelleria ad ognuno…”

768

Luca Chiesa, 48 anni, è l’esponente della terza generazione della famiglia bergamasca famosa per i sapori, i profumi, la qualità dei salumi prodotti. La famiglia che quasi quarant’anni fa ha fondato la famosa ‘Cà del Botto’ di Ardesio e che produce salumi d’eccellenza come il rinomato prosciutto crudo stagionato nel fieno, il salame montanaro, la pancetta e il lardo.

Passione per il proprio lavoro, amore per i prodotti della montagna bergamasca, qualità dei salumi ventuti alla clientela, grande attenzione a tutta la filiera, dal modo in cui viene allevato il maiale alla qualità del prodotto che finisce sui piatti. Questi sono i tratti caratteristici della Ca’ del Botto.

Tornando alla famiglia Chiesa, potremmo considerare Luca esponente della quarta (e non della terza) generazione, perché un cenno lo merita anche il bisnonno.

La famiglia

Sì, il mio bisnonno nei primi anni del Novecento aveva un allevamento di suini e, come capitava in quell’epoca, faceva un po’ di tutto. È stato poi suo figlio, mio nonno Gaetano Pietro, ad aver aperto le macellerie nella prima metà del Novecento. Aveva sette figli e voleva dare a ognuno una macelleria. E così – spiega Luca, che si accompagna in questo viaggio in una delle eccellenze bergamasche – era partito dalla Val Brembana ed era poi sceso nella Bassa, aveva anche aperto un negozio a Bergamo in via Corridoni. Poi, quando i figli sono diventati più indipendenti, ognuno ha preso la sua strada. Mio papà Ezio all’inizio degli anni Settanta ha trasformato la macelleria in un vero e proprio salumificio. È quindi nata l’IBS Spa di Azzano San Paolo, paese in cui vive la mia famiglia”.

E poi è stata la volta della Ca’ del Botto di Ardesio. “Sì. Come capita spesso che alle persone nate in paesi montani che per lavoro si trasferiscono altrove, prima o poi torni la nostalgia per la montagna. È capitato anche a mio papà, che è originario di Serina. In quel periodo, nei primi anni Ottanta, ha voluto tornare in montagna, che adora, per aprire un salumificio. In un primo momento ha pensato alla sua Val Brembana, ma poi ha trovato in Val Seriana, ad Ardesio, un salumificio ormai chiuso e lo ha voluto riaprire, portando qui la sua esperienza”.

Il Botto e il Vaticano

E così, la valle solcata dal fiume Serio è stata baciata da questa eccellenza bergamasca chiamata Ca’ del Botto. A proposito, da dove deriva questo nome?

Pochi lo sanno, ma se uno entra nei Musei Vaticani e passa per la galleria con le pareti ricoperte da antiche carte geografiche, guardando in quella che mostra la terra di bergamo non troverà Ardesio, ma Botto”.

Infatti, ad Ardesio ci sono ancora oggi località Botto Alto e via Botto Basso.

Si è così voluto riprendere questo antico nome così come con la Ca’ del Botto sono stati ripresi e rivalutati antichi sapori, antichi modi di produrre i salumi”.

Quelli di cui parla Luca sono i sapori che si possono cercare e scoprire ad Ardesio, nello stabilimento della famiglia Chiesa immerso nei boschi, tra i pascoli e l’aria pura di montagna. Sono quei sapori che ci hanno fatto conoscere e riconoscere i nostri nonni e bisnonni, tramandati da un passato lontano, generazione dopo generazione, ed arricchiti dai segreti della sapienza valligiana. Per questo i salumi Ca’ del Botto arrivano sulle nostre tavole buoni come allora. Questo perché sono i veri salumi di montagna, prodotti secondo le regole della tradizione più antica, preparati con la cura e la passione contadina a partire dalla macellazione sino alla stagionatura. Perché solo così, lentamente, la dolcezza, la delicatezza ed il profumo diventano davvero inconfondibili.

“Casa e bottega”

Finora abbiamo citato nonno Gaetano (che ha vissuto addirittura fino a 105 anni), papà Ezio e il figlio Luca. Merita una citazione particolare anche mamma Ivana, una delle colonne della famiglia Chiesa.

Anche lei ha sempre dato un importante contributo alla nostra attività e lo fa tuttora. La nostra è un’azienda familiare e, di conseguenza, non c’è mai stato un confine tra la vita lavorativa e quella familiare. E così – sorride – quando stiamo lavorando parliamo di lavoro, come è ovvio, ma quando siamo seduti a tavola a mangiare si parla ancora di lavoro”.

Questo succede spesso nelle aziende guidate da una stessa famiglia, dove vige il famoso “casa e bottega” ed è difficile mettere un confine tra l’una e l’altra…

SUL NUMERO IN EDICOLA DA VENERDI’ 6 MAGGIO

pubblicità