Tredici anni dopo. Ancora qui. Il Memorial ‘Tonino Cossetti’ scalda i motori per la tredicesima edizione. Era il 2007 quando si alzò il sipario su quello che è uno dei tornei giovanili più importanti di tutta la regione. “Mio padre Tonini è morto nel 2006 – racconta Pier Cossetti – e così ho deciso di fare qualcosa per ricordarlo. L’idea era nata a me e a Danilo Facchinetti, imprenditore dell’Edilsebino, abbiamo pensato a un torneo di un certo livello”, già, perché Pier nel calcio giovanile di qualità ci è nato e ci vive, per 17 anni allenatore del settore giovanile dell’Albino Leffe, prima molte altre squadre, il calcio nel sangue e nel cuore, lui, classe 1963 che ha iniziato ad allenare nel 1990, a 27 anni: “Mio padre era un volontario della Virtus Lovere e mi è venuto naturale pensare a qualcosa che potesse ricordarlo ma nello stesso tempo che permettesse ai ragazzi di divertirsi e fare beneficienza”. Già, perché ogni anno il Cossetti raccoglie fondi per scopi umanitari, ogni anno un obiettivo diverso, ogni anno si aiuta gente nuova, migliaia di euro che servono per rendere meno difficile la condizione di vita di chi non se la passa troppo bene. Pier a calcio ci ha giocato per un po’ di anni, terzino destro del settore giovanile dell’Atalanta, poi Sebinia, Darfo e il…servizio militare che gli trancia le gambe, Pier sorride: “Sono ingrassato. Ho giocato ancora nella Virtus Cogno, nel Rogno e ho finito nel Castro. Poi ho cominciato ad allenare, prima alla Virtus, poi al Darfo, sempre nei ragazzi, sono stato a Sarnico, a Sellero e 17 anni nell’Albino Leffe, quest’anno mi sono preso un anno sabbatico ma dopo l’estate rientro, allenerò a Darfo. In questi anni ho incontrato persone splendide”. Perché oltre ad allenare Cossetti ha fatto anche da chioccia ai giovani ragazzi che ha seguito, essere allenatore dei settori giovanili è anche questo. Pier lavora a Pisogne, stacca alle 17.30, allenamenti, due figli, Filippo e Giorgio, (che giocano anche loro a calcio, nel Darfo) partite, una vita di corsa: “Ma è la mia passione e quando hai quella non senti la fatica”. Il calcio giovanile in questi anni è cambiato: “Lo sport rimane supporto di vita e palestra di emozioni ma sono cambiate tante cose, i genitori a volte sono troppo presenti, il Dio soldo ci mette del suo, troppi pensano di avere campioni in casa. Il calcio per prima cosa è divertimento e passione ma è chiaro che essendo cambiata la comunicazione, il modo di vivere, tutto è amplificato, troppo e i ragazzi finiscono in mezzo ad ingranaggi che alcune volte col pallone c’entrano poco…
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