L’INTERVISTA Il Cardinale Giovanni Battista Re “Paolo VI aveva pronte due lettere di dimissioni, me le mostrò Papa Wojtyla”

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La Curia Romana e i “suoi” sei Papi Per aprire il Concilio ci voleva Giovanni XXIII che aveva fiducia in Dio e negli uomini”

Paolo VI è stato il Papa che ha semplificato la Curia, voleva la semplicità e l’internazionalizzazione degli incarichi” Papa Luciani: mi disse che il papato era un peso troppo grande sulle sue spalle” Giovanni Paolo II.

Controllavo la traduzione in italiano dei suoi discorsi. Un grande uomo e un grande santo. Venne a Borno e qui dove avevano la stalla i miei nonni”

Benedetto XVI è un grande teologo, una persona mite,

ha la fama di essere duro ma non è così, è buono e mite,

ha una testa straordinaria”.

Papa Francesco: il Papa giusto al momento giusto”.

Bergamo ha dato a Brescia due grandi Vescovi, Morstabilini

e Foresti. Brescia ha dato a Bergamo l’attuale Vescovo Beschi

che è stato mio chierichetto, uomo di grande umanità”

di Piero Bonicelli

Salven, appena fuori e sopra Borno. Una strada che penetra nell’altopiano tra pinete e colline dolci. Il Cardinale Giovanni Battista Re è in giardino, con lui la sorella e il fratello. Una casa grande nel bosco con ampio porticato. Lo studio è al piano superiore. “I miei nonni tenevano le mucche qui. La casa paterna è in paese, dove sono nato, però i miei nonni stavano in paese d’inverno ma l’estate stavano qui con le mucche, facevano il fieno che portavano giù. A 11 anni sono entrato in seminario, ci sono rimasto 12 anni, seminario di Brescia, a 23 anni sono stato ordinato prete, nel 1957. La mia classe è stata la più numerosa che Brescia abbia mai avuto. Era la prima classe dopo la guerra, 36 novelli preti, il Vescovo era mons. Giacinto Tredici in quel 1957 ebbe un problema che oggi i Vescovi purtroppo non hanno più: 36 preti e non sapeva cosa farne, dove mandarli. Decise che 5 sarebbero andati a laurearsi così ‘avremo professori per il seminario’; tre andarono a Roma e io ero tra quei tre, e due a Milano, uno per laurearsi in Lettere e uno in Scienze naturali”.

Il Cardinale Re sorride:“Io sono cardinale perché la mia classe era numerosa, altrimenti sarei parroco, come era il mio sogno”.

Tre anni a Roma al Seminario Lombardo, frequentando l’Università Gregoriana. “Venivano anche da Bergamo, anche se quelli di Bergamo avevano 5 posti al Seminario Romano. Il Seminario lombardo era di proprietà dei vescovi della Lombardia, anche da lì sono passati tanti bergamaschi, Monsignor Renzo Frana era con me. Poi sono tornato in diocesi per un anno. Ma mi proposero il servizio diplomatico, il presidente dell’Accademia Vaticana era Monsignore Giacomo Testa, che chiamavano ‘Testino’ per distinguerlo da Gustavo Testa che era cardinale. E così mons. Testa chiese informazioni sugli allievi dell’Università Gregoriana e tra i nomi segnalati ci fu anche il mio. Io non volevo entrare in questo servizio, non mi sembrava adatto a me, quando è nata la mia vocazione ho sempre pensato di diventare come il curato o il parroco di Borno”.

Giovanni Battista Re quando ripensa alla sua vocazione si illumina: “Sì, al mio paese c’erano davvero due santi preti, la mia vocazione è nata anche per loro. Uno era il parroco don Domenico Moreschi, e il curato, santo davvero, era don Andrea Pinotti. E io vedevo loro e volevo essere come loro. La mia idea era quella di diventare curato in un paese, il mio ideale era il Curato d’Ars, avevo letto molto su di lui. Era un periodo in cui Don Bosco era citato spesso, il vice parroco qui per noi era come don Bosco, parlava sempre di don Bosco, manco sapevo allora che i salesiani erano una congregazione religiosa. Ecco la mia vocazione è nata così”.

Torniamo a… Roma. “Ecco, mi proposero il servizio diplomatico a Roma dove andai a completare gli studi, 3 anni di diritto canonico. Ero contento, il vescovo mi disse: ‘Quando torni andrai a insegnare in seminario e aiuterai in una parrocchia’. Questo era il programma. Non ero molto dell’idea ma il Vescovo mi disse: se ti trovi male le porte della Diocesi restano sempre aperte”.

Allora Papa era Giovanni XXIII, era il 1961. “Ero presente all’inaugurazione del Concilio, noi dell’Accademia siamo stati chiamati gli ‘assignator locorum’, quelli che accompagnavano i vescovi al loro posto, forse ricorderete la grande navata in S. Pietro con le tribune in cui c’erano Cardinali e Vescovi, ecco il nostro compito era accompagnarli nei posti loro riservati e distribuire poi i documenti che servivano per il dibattito”.

Era la prima sezione del Concilio, a giugno del 1963 muore Giovanni XXIII e viene eletto Paolo VI, da un Papa bergamasco a uno bresciano. “Nell’agosto del 1963 sono stato destinato a Panama, alla nunziatura”. Era già Monsignore? “No, lo si diventa dopo un anno, adesso dopo 4 anni. Ma è un titolo che non conta nulla…”. Sorride: “Comunque venni assegnato alla nunziatura di Panama. Era un paese piccolo ma importante. Allora le nunziature erano una sessantina, ora sono il doppio. Panama era importante per la presenza del canale: da lì passavano le navi per andare nell’Oceano Pacifico, c’era molto più progresso rispetto alle altre zone dell’America Latina. Il nunzio era Antonino Pinci, nativo di Palestrina. A Panama ci sono rimasto 4 anni, stavo in Nunziatura e la domenica aiutavo nelle parrocchie. In America Latina un prete si trova bene, il popolo latino americano è naturalmente religioso”. Cosa fa un Nunzio apostolico? “Ha due incarichi, tenere il rapporto con il governo ed essere il rappresentante del Papa con la gente. Papa Roncalli diceva che il Nunzio è tre cose: la voce del Papa, perché parla per il Papa; l’orecchio del Papa, perché poi riferisce al Papa; ma soprattutto è il cuore del Papa”.

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