Secondo i dati dei sindacati bergamaschi Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil, nel solo scorso mese di marzo nelle RSA bergamasche sono deceduti il 21% degli ospiti, ma si tratta di un dato parziale, rilevato in base alle dichiarazioni delle associazioni che raggruppano le Case di Riposo, perché né Prefettura né ATS hanno fornito finora i numeri certi dei decessi stessi e perché, come ha denunciato recentemente anche la Fondazione Gimbe (un’organizzazione indipendente che dal 1996 promuove l’integrazione delle migliori evidenze scientifiche in tutte le decisioni politiche, manageriali, professionali che riguardano la salute delle persone) “è mancata finora la disponibilità delle cifre su base provinciale e comunale”. Continua infatti a circolare una cifra che indica in 600 il numero dei morti, numero che non convince e che viene ritenuto rappresentare forse la metà dei decessi reali (cfr in proposito i numeri scorsi del nostro giornale).
Sempre secondo i sindacati, mentre” le RSA hanno risposto alla nostra richiesta di trasparenza, l’ATS continua a “risultare assente” sull’argomento nonostante le ripetute richieste.
Ora però, come afferma Emilio Didonè, segretario generale della FNP CISL Lombardia – le RSA sono ‘in crisi di astinenza’, dopo la tragedia di marzo che ne ha quasi dimezzato l’utenza, per cui Fondazioni e Società di gestione si stanno contendendo i ‘clienti’ e “chiamano al telefono le famiglie che hanno fatto domanda di ingresso per un parente chiedendo se sono interessati ad avviare il ricovero a partire dal mese in corso”, registrando però anche defezioni nella lista d’attesa, dovute probabilmente ad una caduta di credibilità e di fiducia da parte delle famiglie in considerazione di quanto è successo. Il problema è che ogni posto-letto vuoto genera un minore introito per le strutture, che devono indebitarsi ed eventualmente pensare ad una riduzione del personale. In più cominciano anche ad essere aumentate le rette, mediamente di 100 euro al mese.
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