Case popolari alle donne vittime di violenza: via alla sperimentazione

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La Giunta di Regione Lombardia, su proposta dell’assessore alla Famiglia, Solidarietà sociale, Disabilità e Pari opportunità, Elena Lucchini, di concerto con l’assessore alla Casa e Housing sociale Paolo Franco,  ha approvato l’avvio della sperimentazione volta all’individuazione di alloggi messi a disposizione dalle Aler per le donne vittime di violenza definendo anche i criteri e le modalità di attuazione per consentire ai CAV – Centri Antiviolenza e alle Case Rifugio di poter partecipare al programma sperimentale.

EFFICACE RISPOSTA – “L’esigenza di garantire un’adeguata autonomia abitativa alle donne vittima di violenza era emersa direttamente dal costante confronto con le nostre Reti Antiviolenza e con il Tavolo permanete contra la violenza di genere – afferma l’Assessore Lucchini – e oggi, grazie a questo intervento, diamo la prima ed efficace risposta alle loro richieste. Questi alloggi potranno essere fruiti da donne vittime di violenza non necessariamente collocate presso una casa rifugio ma anche in carico a un Centro Antiviolenza o che lo siano state negli ultimi sei mesi e che necessitino di un sostegno nella fase finale di fuoriuscita dal percorso di violenza al fine di acquisire la piena autonomia. Per Regione Lombardia contrastare la violenza di genere è una quotidiana priorità di mandato”.

AMBIENTE PROTETTO – “Il sostegno a queste donne – ha detto l’assessore alla Casa e Housing sociale Paolo Franco – si articola su più fronti e non può tralasciare l’indipendenza abitativa, importate tanto quanto quella economica. L’alloggio, infatti, è fondamentale per un percorso di fuoriuscita dalla violenza. È in un ambiente protetto dove queste donne possono ripartire. Questo è un progetto per noi dall’alto valore e che si inserisce all’interno del più complesso ‘Programma di valorizzazione alternati alla vendita’ degli immobili. Un progetto che è possibile grazie alla collaborazione tra gli assessorati di Regione Lombardia e con le realtà che operano sui territori. Ancora una volta, insieme, stiamo ottenendo risultati importanti”.

DOTAZIONE FINANZIARIA – Con la delibera sono state destinate risorse complessive pari ad 1,5 milioni di euro.
Della dotazione totale una quota pari a 100.000 euro sarà destinata direttamente a soggetti gestori di CAV/CR che dovranno accompagnare le donne nel percorso di autonomia abitativa a copertura dei costi relativi.

BENEFICIARI – I soggetti beneficiari del contributo sono le Aziende Lombarde per l’Edilizia Residenziale Pubblica (ALER) del territorio lombardo.
Il contributo ripartito tra le stesse verrà utilizzato come anticipazione del canone di affitto (o canone a scomputo ove gli immobili necessitino di interventi di ristrutturazione) e non verrà pertanto nulla richiesto ai soggetti gestori dei CAV/CR e alle donne fino a concorrenza del contributo assegnato per singolo immobile.
Gli alloggi individuati dovranno essere messi a disposizione dei soggetti gestori di CAV/CR per un minimo di 5 anni. Al termine del periodo di copertura economica gli alloggi potranno rimanere nella disponibilità dei soggetti gestori di CAV/CR individuati dietro al pagamento di un canone di locazione che rimanga in linea con i valori applicati a livello territoriale per il “canone concordato” ex legge 431/98.

 

DESTINATARI – I destinatari della progettualità sono i soggetti gestori di Centri Antiviolenza e/o di Case Rifugio aderenti alle 27 reti interistituzionali antiviolenza del territorio lombardo e individuati a seguito di apposita manifestazione di interesse.
Gli enti saranno invitati a manifestare l’interesse a partecipare alla progettualità candidando le situazioni che si intendono inserire nella sperimentazione.

I CRITERI – Le candidature verranno valutate da una commissione interdirezionale tenendo conto anzitutto della necessità di dare copertura all’intero territorio lombardo nonché dei seguenti criteri di priorità:
1. Valutazione del rischio e fase del percorso di fuoriuscita dalla violenza;
2. Età della donna e presenza/assenza di una rete familiare di supporto;
3. Presenza di disabilità (anche temporanea) della donna e/o dei suoi figli;
4. Presenza di figli e numero;
5. Posizione lavorativa della donna

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