Mattina del 28 luglio. Il cancello di Villa Jesus è aperto sul breve vialetto che porta all’edificio che da ieri ha accolto 18 migranti. Vicino al cancello due ragazzi si guardano in giro con curiosità e uno di loro mi saluta gentilmente in francese. Allora rispolvero un po’ della mia arrugginita lingua d’Oltralpe, e così Bob, che viene dall’Africa subsahariana, mi dice di essere appena arrivato, di essere sbarcato a Lampedusa, di essere stato qualche tempo a Milano e poi di essere partito per Castione. Ma lui non vuole absolument rimanere qui, ha un fratello in Francia e vuole raggiungerlo presto, anche se non sa come farà.
Mi inoltro sulla stradina ma vengo subito bloccata: dentro la casa qualcuno è stato avvisato della presenza di una persona estranea – mi informa gentilmente venendomi incontro il responsabile Matteo Zavattoni, della Cooperativa ‘Versoprobo’, di Vercelli, che in Italia gestisce altri 34 Centri come questo – e l’informazione è anche già arrivata in Questura a Bergamo perché nei dintorni c’è la Digos in incognito che tiene d’occhio chi va e chi viene. Mi dice anche che entrando senza permesso ho rischiato addirittura l’arresto, ma sorride della mia buona fede e accetta di buon grado di spiegarmi come si strutturerà l’accoglienza ai migranti in questo CAS (Centro di Accoglienza Straordinaria) di recentissima apertura:
“Innanzitutto stiamo provvedendo a cambiare tutti i letti e tutti i materassi con altrettanti arredi nuovi, uguali per tutti e soprattutto sterilizzati, per evitare il sorgere di qualche problema sanitario – afferma -, ma già prima di arrivare qui i ragazzi sono stati sottoposti alla procedura sanitaria d’ufficio perché sono approdati a Castione dopo un periodo di stazionamento in altri Centri, per cui sono tutti provvisti dei certificati medici necessari a vivere in comunità e di fotosegnalazioni per scongiurare eventuali scambi di persona. Per il documento di identità ci vorrà la risposta definitiva della Questura, che secondo la legge dovrebbe arrivare entro 60 giorni, ma siccome la procedura burocratica è lunga può arrivare anche tra 5 o 6 anni…”.
Però trascorsi i fatidici 60 giorni questi ragazzi possono comunque lavorare con un documento di identità legale e giuridica:
“Nei Centri come il nostro i migranti soggiornano generalmente da sei mesi ad un anno, poi di solito se ne vanno perché trovano lavoro soprattutto nelle comunità etniche di appartenenza che vivono e lavorano in Italia”.
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