Mancano pochi minuti alle 11 di una mattinata di metà agosto, Mariano Foresti arriva in redazione per raccontarci la sua avventura da sindaco. Partiamo subito dalla… fine. “Sarei orientato per non ricandidarmi, ma adesso è prematuro parlarne”, dice mentre mescola il caffè liscio preso alla macchinetta. Il 2024 è l’anno delle elezioni comunali e questa è la sua ultima estate da sindaco. Vent’anni da sindaco. Classe 1958, in pensione da un anno, alla politica si è appassionato fin da giovane. Ed è proprio dai suoi primi passi che iniziamo a raccontare la sua storia.
“Nasco in una famiglia semplice, papà operaio che ha lavorato per 40 anni all’Italsider e mamma era casalinga. Avevo una sorellina che non ho avuto la gioia di veder crescere, è morta quando aveva solo tre mesi… ma ricordo ancora il suo lettino. Una vita normale, ho studiato all’istituto tecnico industriale”.
Torniamo alla politica: “Castro in quel periodo era diviso tra bianchi e rossi… non esistevano sfumature. La mia era una famiglia bianca anche se nessuno dei miei genitori si è mai interessato alla vita politica. Io ho iniziato ad incuriosirmi a 12 anni quando andavo alla Messa delle 8 e una volta usciti i chierichetti dovevano distribuire 100 copie de L’Eco di Bergamo mentre gli altri distribuivano un centinaio di copie de L’Unità. Quando avevo circa vent’anni ho iniziato a occuparmi di politica, mi ero avvicinato a Giovanni Ruffini, noto esponente della DC… affiancavo quelli che ai tempi erano i democristiani di Castro che in quel periodo stavano già vivendo un’esperienza in Comune, all’opposizione. Credo che questo imprinting derivi dalla situazione di Castro che ai tempi era uno dei pochissimi paesi rossi della provincia e inevitabilmente forse anche la Dc era un po’ sbilanciata sulla parte sinistra: quello che si chiamava cattolicesimo democratico. Mi piace comunque riconoscere che quando nel ‘99 siamo subentrati noi come lista civica, il tipo di confronto con la sinistra è sempre stato di alto livello, insomma non si vedevano le sceneggiate che ogni tanto ci capita di sentir raccontare”.
Sono cambiate tante cose in questi anni: “Ci riflettevo proprio di recente e trovo la sintesi perfetta della situazione di oggi nelle parole di Mino Martinazzoli, che qualcuno ha definito un poeta della politica. In uno dei suoi ultimi libri, dice: “Nei nostri giorni viene fatta correre spesso l’idea che se uno viene eletto dal popolo vuol dire che ha ragione… le cose non stanno così, lo dice la Costituzione: la maggioranza governa non perché ha ragione, ma ha ragione di governare perché è maggioranza. E comunque la maggioranza per quanto ampia possa essere non conterrà mai tutte le ragioni di qualsiasi problematica”. Ho assistito in questi anni a un decadimento della politica, una volta di un politico non sapevi nulla, oggi si sa persino dove va in ferie ma non da dove arrivano certe scelte… e sempre per parafrasare Martinazzoli, siamo passati dal troppo della politica al niente della politica”.
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