9 persone, 6 minori in una casetta, tutti insieme, felici, con il sorriso stampato nel cuore, non solo sul viso. Pianico, Via Broli, casette in mezzo al verde, al confine con la zona industriale che scende e porta dritto lungo la strada che collega Lovere con Pianico. In una di queste villette a schiera abita Giorgio Galizzi con sua moglie Svieta e i loro due bimbi, Cristian 10 anni e Mattia 7 anni. Qualche settimana fa avevamo raccontato la storia di Svieta e sua sorella, Olga, ucraine cresciute in un orfanotrofio dove Giorgio, insieme all’Associazione Domani Zavtra faceva volontariato. E dove Giorgio e Svieta si sono conosciuti, poi rivisti, innamorati, sposati, hanno avuto due bimbi e vivono a Pianico. Olga invece è rimasta in Ucraina e ha avuto 4 bimbi, ora la guerra e il racconto di Olga e della sua famiglia nascoste in cantina per ripararsi dalle bombe, sopravvivere mangiando patate e poco altro. Avevamo pubblicato le foto del loro ‘bunker’ nostrano. Poi la situazione è peggiorata e così’ Olga e i suoi 4 figli hanno deciso di tentare la fuga e sono riusciti ad arrivare da Giorgio e Svieta, un viaggio che è un’avventura, di quelli dove non si risparmia nulla, come fosse un romanzo di guerra e invece è la triste realtà. Un viaggio dove in ballo c’erano 5 vite umane, una donna e quattro bimbi, un zigzagare tra morti e feriti, tra carcasse di auto e il sibilo delle bombe. Olga e Svieta ora sono qui, al sicuro, in questa casa che si è trasformata in un guscio dove accogliere e finalmente stare in pace: “Siamo stretti ma felici – racconta Giorgio – un letto lo abbiamo recuperato da una collega di Svieta, ci si arrangia in qualche modo”. Chi cucina? “Solitamente Svieta, mia moglie ma solo perché Olga teme che la cucina ucraina non ci piaccia molto, oggi ha cucinato però lei un piatto tipico ucraino con le patate ed era veramente buono”. I due piccoli di Olga frequentano la scuola a Lovere, in Convitto: “Prima elementare e quarta elementare – racconta Giorgio – la bimba l’hanno messa in classe con mio figlio Mattia mentre l’altro piccolo è nella quarta con Cristian, vicini di banco, si trovano bene”. Come se la cavano con l’italiano? “Non lo conoscono, iniziano ora a scuola ad ascoltare qualche parola, sono arrivati qui così, il 3 aprile, senza niente, sono entrati senza zaino, senza nulla….”. Un viaggio terribile: “Sono arrivati in auto sino a Kiev, un viaggio difficilissimo, loro abitano in un villaggio vicino a Chernigov vicino alla Bielorussia, dove sono scesi i russi. Il pezzo più difficile è stato proprio quello, dal loro villaggio sino a Kiev, senza strade, tutte distrutte, attraverso parti di bosco per evitare bombardamenti, carcasse di auto, morti, un viaggio tremendo”. Svieta racconta: “Mia sorella ha chiesto ai bimbi di chiudere gli occhi durante il viaggio, ci sono cose che non si devono vedere…”. Svieta si ferma qualche istante: “E’ partita un’altra famiglia prima di loro, papà, mamma e 4 bimbi, sono rimasti tutti uccisi, erano in auto”. “Io ho preparato da qui la parte logistica – racconta Giorgio – ma era chiaro che toccava a loro capire se se la sentivano di partire o no, il rischio era tutto sulle loro spalle. Non guidava Olga ma un loro conoscente che ha deciso di partire quando gli è caduta una bomba vicino a casa, piuttosto che rischiare di morire ha preferito partire”. “E poi avevo paura per lei – racconta Olga – indicando la figlia di 14 anni, alcune sue coetanee sono state violentate, avevo troppa paura per lei”…
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