La pronuncia della Corte di Cassazione che ha dato ragione all’ex sindaco di Cenate Sotto Giosuè Berbenni assomiglia un po’ a un dolce con retrogusto amaro. Da un lato, gli è stata data piena soddisfazione e lui sa di essere stato dalla parte giusta… e questa è la parte dolce. Dall’altro… e qui sta la componente amara, è ancor più evidente il senso di ingiustizia nei confronti di un uomo che per una questione di buonsenso ha visto interrompere anzitempo e bruscamente la sua esperienza di primo cittadino.
Quella che si è combattuta lo scorso anno a Cenate Sotto può essere ribattezzata “la guerra delle sette minestrine”, perché oggetto del contendere era la possibilità per alcuni bambini non residenti in paese di mangiare un pasto caldo e non doversi limitare a un panino freddo. Era stato lo stesso Berbenni, eletto sindaco nel 2015, ad affermare, dopo l’atto di “sfiducia” del 22 dicembre 2018 da parte dei suoi consiglieri di maggioranza (che si erano tutti dimessi, tranne uno, portando allo scioglimento del Consiglio comunale e alla caduta della Giunta Berbenni): “Per sette minestrine sono saltato”.
In effetti, questo era stato l’esito del lungo braccio di ferro che aveva visto contrapposti, da un lato, i genitori dei bambini non residenti che chiedevano per i loro figli la possibilità (previa disponibilità di posti e previo pagamento) di accedere alla mensa scolastica, con il sindaco Berbenni e la minoranza che stavano dalla loro parte; dall’altra, ferma nelle sue posizioni, la vecchia maggioranza consiliare con alla testa l’allora vicesindaco Gianluigi Belotti, intenzionata a far rispettare il regolamento che, invece, esclude i non residenti da questo tipo di servizio…
SUL NUMERO IN EDICOLA DA VENERDI’ 25 OTTOBRE