CHIUDUNO – Andrea e quella notte che gli ha cambiato la vita: “L’infezione, la sedia a rotelle, la rinascita con la street art e le ex scuole, il mio parco giochi dei graffiti”

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I muri della vecchia scuola si sono sbriciolati davanti agli occhi di Andrea, un’emozione forte, un vecchio edificio che per anni ha fatto da casa ad una passione grande, innata, di quelle che hanno il potere di farti volare altrove senza muoversi di un millimetro. Andrea Casillo, 43 anni, chiudunese doc, in arte Kasy 23, “23 come Michael Jordan, il mio idolo fin da ragazzino e poi è un numero che ricorre spesso nella mia vita, ognuno ha il proprio numero e il mio è quello”, è un artista che ha fatto di una passione il proprio lavoro.

E che l’ha fatto quando la vita ti mette a dura prova: “Avevo 25 anni, sono andato a letto una sera con il mal di schiena e il giorno dopo non mi sono più alzato, da lì ho fatto quattro mesi di ospedale ed è iniziata la mia nuova vita”.

Riavvolgiamo il nastro: “Ho studiato Chimica alimentare, ma avevo 14 anni e volevo un motorino quindi ho iniziato a lavorare in una pizzeria… ho sempre proseguito e a 21 anni ne ho ritirata una. Un lavoro che mi piaceva molto, anche se nel frattempo ho fatto un colloquio per una ditta chimica… l’idea era quello di tenere entrambi”.

E invece quell’infezione al midollo ha cambiato le carte in tavola: “La ditta mi aveva preso, ma ero in ospedale quando ho ricevuto la notizia… e ho dovuto vendere anche la pizzeria. Se è un rimpianto? No, non ci ho nemmeno pensato, anzi, avevo altro a cui pensare in quel momento”.

Come l’hai presa? “All’inizio non ti rendi neanche conto di quello che ti sta succedendo, poi quando inizi a vedere la prima carrozzina allora qualcosa cambia… ma non sono stato a pensarci troppo, ho cercato piuttosto di capire come potevo risolvere i problemi. Fin da subito ho cercato di darmi da fare per raggiungere il mio primo obiettivo, essere autonomo fin dalle piccole cose, perché devi imparare di nuovo a fare tutto”.

La prima cosa che hai imparato? “Andare a letto da solo, è stata una conquista. Gli infermieri ti mettevano a letto alle 20:30 e figurati se a 25 anni poteva starmi bene una cosa simile (sorride, ndr)”.

Poi come è andata? “L’impatto più grosso è stato appena dimesso dall’ospedale… quando arrivi a casa e ti trovi a dover affrontare le cose di tutti i giorni, anche le più semplici, ma che non sono più le stesse. Casa mia non era più accessibile, avevo difficoltà a muovermi, in ascensore non entravo, c’erano i gradini e quindi dovevo farmi aiutare a salire e scendere… la fortuna ha voluto che mia nonna mi lasciasse un appartamento a piano terra e mi sono trasferito. Ho deciso di andare a vivere da solo per rendermi autonomo fin da subito. I miei genitori abitavano comunque a 200 metri e se avessi avuto bisogno, avrei potuto contare su di loro… ma sono convinto che se non avessi vissuto da solo, non sarei riuscito a fare ciò che invece ho fatto in questi 18 anni”.

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