Giulia è ovunque. Nel raggio di sole che all’alba si poggia sul cuscino, nel vento fresco del mattino, nel fiore più colorato che ha portato la primavera, nelle parole d’amore infinito di mamma Elena. È un fiume in piena, così come era Giulia, di cognome Austoni, che aveva nove anni e ha combattuto quella malattia che se l’è portata via un giorno di marzo di un anno fa. Il suo sorriso travolgente, la sua forza incredibile restano scolpite nel cuore. Quella forza che oggi fa da scudo a mamma Elena, papà Alessandro e alla sorellina Beatrice. Giulia non se n’è mai andata veramente e il suo ricordo riempie ogni respiro più profondo. Quel giorno è cambiata la vita, è come se le lancette dell’orologio si fossero fermate, ma la luce di Giulia non si è spenta mai. La casa è diventata silenziosa, lei che la riempiva con il suo entusiasmo, con la sua esuberanza. “È cambiato tutto e forse non è cambiato niente. Se qualcuno ci guarda da fuori, siamo gli stessi di prima, continuiamo a lavorare, a frequentare le persone, ma cambia come fai le cose, lo spirito con cui affronti le situazioni. Cambia il tuo sguardo verso il mondo… prima c’era il sole tutti i giorni e adesso non c’è più, è come se di colpo fossero spariti i colori. Ti stupisci che la vita vada avanti nonostante tutto. Cerchi di cogliere i segnali, cerchi di dare il giusto peso a ciò che vivi, ma niente è più lo stesso”.
Giulia è quel pensiero fisso che non se ne va mai: “Era una bambina bellissima, stupenda da tutti i punti di vista. Le chiedevo spesso da dove venisse, perché non poteva essere mia figlia e di mio marito, doveva per forza arrivare da un altro pianeta. Era una bambina con tante belle qualità, era sensibile, gentile, premurosa verso gli altri, curiosa e anche molto vivace, sempre gioiosa. Questa era una sua caratteristica incredibile, perché anche nelle situazioni più tristi lei conservava questa gioia, questa luminosità negli occhi che poi era contagiosa”.
Elena si ferma un attimo: “Parliamo di una tragedia, ma non dobbiamo guardarla così e soprattutto non dobbiamo farla vedere in questo modo ai bambini o a chi vede da fuori quello che è successo. Giulia deve essere un esempio per i bambini e per i ragazzi che l’hanno conosciuta… purtroppo troppo pochi. E deve essere un esempio per noi adulti che a volte ci lamentiamo per niente, banalizziamo certe situazioni e non viviamo appieno le opportunità che ci vengono date. Giulia a un certo punto della sua vita si è trovata a dover stravolgere la sua quotidianità, perché la malattia che aveva dalla nascita e di cui ignoravamo l’esistenza, l’ha portata a cambiamenti forti… fino a sette anni ha fatto delle cose e da lì in poi non le ha più potute fare. Voleva dire non andare più in contesti affollati, non poteva andare alle feste di compleanno dei suoi amici, in piscina, allo zoo, in gita con i suoi compagni. Nonostante questo lei mi chiedeva sempre ‘mamma, posso?’, se le dicevo di sì era felicissima, se la risposta era no, trovava un’alternativa, ma senza fare un capriccio… e i no che si è sentita dire sono stati tanti. È dovuta crescere alla svelta pur restando bambina, quindi non ha perso la sua innocenza, la sua vivacità, il suo vedere il mondo con gli occhi luminosi, sapendo che aveva delle regole da rispettare e a lei le regole non piacevano per niente (sorride, ndr). Quando dovevamo andare in ospedale mi diceva che aveva paura, ma sapeva che doveva farlo, quindi il suo coraggio non voleva dire mancanza di paura. Lei non ha scelto cosa vivere, ma come vivere, e questo deve essere un insegnamento. Lei deve essere testimonianza di questo, la sua vita deve poter essere utile anche a qualcun altro per riflettere anche solo un secondo sulla fortuna che abbiamo di vivere e di cui non ci rendiamo conto”….
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