Luca Mariani
Avrebbe dovuto essere una buona notizia da regalare ai lettori per augurare a tutti un Natale ricco di solidarietà e calore umano. Invece la mattina dello scorso 11 dicembre il telefono squilla troppo presto, ma non riesco a rispondere perché c’è il bambino da vestire e da portare all’asilo. Poi il gelo: c’è un nuovo manifesto funebre. Le dita si bloccano e non riescono più a battere le lettere sulla tastiera. I messaggi lo confermano: Ivo Ferrario è morto. All’improvviso, di notte, sdraiato sul divano dopo essere stato allo stadio a tifare la sua Atalanta.
Lui che da ormai quarant’anni colorava la vita dei clusonesi con i petali profumati del suo negozio di fiori in via Bartolomeo Nazzari, in pieno centro storico. Lui che meno di una settimana prima mi ha raccontato la sua storia come uno dei primi donatori di midollo osseo della valle Seriana, esattamente trent’anni fa.
«Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio dei Novanta c’è stata una riunione voluta dal dottor Minetti, perché alle Fiorine c’era Genio Trussardi che era malato di leucemia. Il medico aveva organizzato questo incontro per parlare della donazione del midollo osseo e raccogliere i donatori. Io e mia moglie Fiori siamo andati a sentire.»
Ivo sorrideva simpatico, con la voce graffiata e i capelli ormai completamente imbiancati dai suoi 67 anni di vita. Così lui che già era donatore di sangue e iscritto all’Aido, come donatore di organi, non esitò e aderì anche all’Admo. Passarono alcuni mesi e il fiorista di Clusone fu convocato all’allora ospedale Maggiore di Bergamo. «Prima di risultare donatore si devono superare sette step. Quella volta ne ho fatti solo tre e poi è andata male. “Pazienza” mi sono detto “è difficile, andrà meglio la prossima volta”.»
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