CLUSONE – LA STORIA – Massimo, 31 anni, e le sue 200 pecore: “A fare il muratore avevo i soldi ma non il tempo per spenderli, adesso avrei il tempo ma non i soldi…”

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Massimo Balduzzi ha 31 anni. Un’azienda agricola che è cresciuta sotto le sue mani. 200 pecore. Una scelta di vita fatta da giovanissimo. E maturata con sempre più convinzione.

Mattina presto. Massimo arriva nella sua azienda di Clusone presto come sempre. Con un termos di caffè fumante. Suo papà in realtà è già al lavoro. “Lui è quello che non si ferma mai, arriva per primo al lavoro e torna a casa per ultimo la sera”.

Prima di iniziare a lavorare Massimo racconta la sua storia dagli inizi. “Sono partito quando avevo 18 anni. Facevo il muratore con mio papà. Mio zio aveva un’impresa edile, io ho smesso presto di andare a scuola e ovviamente non si sta a casa a far niente – sorride -. Andavamo a Milano, facendo i pendolari su e giù tutti i giorni. Ho cominciato quando avevo 15 anni e sono andato avanti fino ai 22 o 23 anni”.

Ma nel frattempo Massimo si occupa già di alcuni animali. “Avevo alcune capre e alcune pecore. Mio papà aveva comprato dei terreni e il sabato e la domenica ci dedicavamo agli animali e a far la legna”.

E il cuore batte per questo tipo di lavoro. “A fare il muratore a Milano si guadagnava bene, ma non avevo praticamente mai tempo per spendere i soldi che guadagnavo. Adesso – sorride – avrei il tempo ma non ci sono i soldi. Partivamo la mattina presto, alle 5 se non prima, e tornavamo la sera verso le 21.30”.

Nel frattempo arrivano gli anni di crisi per l’edilizia. “C’era quel problema e in più avevamo avuto dei problemi con i controlli dell’ASL a Milano. Un’estate, nel frattempo, ero corso dietro ad un pastore, pian piano ho aumentato il mio gregge e un passo alla volta sono arrivato qui. Ho abbandonato le capre perché te ne fanno vedere di tutti i colori: ne avevo una decina ma era troppo impegnativo. Con le pecore, invece, il mercato c’è, funziona bene, diciamo che riesci a guadagnare abbastanza bene. E in più ho continuato anche a vendere la legna”.

Le pecore, giganti bergamasche, di Massimo ora sono più di 200. “A me piacerebbe aumentare ancora, ma serve anche il posto per svernare. L’estate le porto in Presolana, all’Alpe Zo, vicino al rifugio Rino Olmo, e sto lì tre mesi circa. Quando scendo le affido ad altri pastori nella bassa, oppure, come accaduto l’anno scorso, vado anche io a Milano a dare una mano a qualcuno di loro”.

Il mercato ultimamente si è trasformato molto a causa della pandemia. “Il Covid ha portato una rivoluzione generale. Qualche anno fa io avevo anche bovini e suini. Lavoro tanto per i ristoranti: quando loro sono stati chiusi ho dovuto lasciar perdere i maiali e i bovini e ho tenuto solo le pecore. Ho smesso di vendere salumi e tenuto solo le carni fresche”.

Le pecore sono tutte giganti bergamasche. “Ho provato anche altre ma qui da noi la storia si ripete: non si riesce con altri tipi di razze, questa è l’unica indicata. Non abbiamo il marchio bio ma diciamo che sono quasi più del bio: almeno 300 giorni all’anno mangiano erba. Usiamo gli antibiotici perché siamo obbligati per non far morire l’animale”….

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