CLUSONE – MEMORIA – Don Oliviero Giuliani, il prete della sofferenza sorridente

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“Il suo ministero a Clusone fu breve (1982-1985), ma fu un momento felice sul piano vocazionale: diversi ragazzi, entrati seminario in quegli anni, sono diventati preti 1995 (ben quattro preti novelli insieme)”.

Don Oliviero lo ricordo appassionato di poesia, di letteratura, di scrittura. Ci scambiavamo le poesie da liceali con recensioni reciproche molto benevole, al tempo delle grandi illusioni su un mondo che ci sembrava eterno. A Clusone ci eravamo incontrati dopo anni con la stessa amicizia di vent’anni prima. Poi la malattia che mi aveva raccontato e lo aveva costretto a chiedere incarichi meno gravosi. Gli era dispiaciuto davvero lasciare l’oratorio.

Questo il ricordo che un suo (e mio) compagno di scuola e di ordinazione, don Arturo Bellini, ha letto durante il funerale tenutosi a Villa d’Almè il 27 ottobre alla presenza del Vescovo Mons. Francesco Beschi. Tra i libri pubblicati da don Oliviero, che era stato direttore dell’Oratorio di Clusone per tre anni, prima dell’insorgere della malattia che lo ha costretto a lasciare il “suo” oratorio, c’è anche quello dedicato a don Giò Bertocchi, clusonese, morto il 30 aprile 2004 a soli 28 anni cadendo nella palestra dell’oratorio di Verdello.

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Don Arturo Bellini

Un pensiero ricordo a nome anche dei compagni di seminario ordinati 50 anni fa per benedire il Signore del dono di don Oliviero, un prete che ha servito la Chiesa con tutto se stesso, la sua umanità, il suo carattere, le sue competenze, la sua saggezza. Ho rivisitato la sua storia tenendo davanti allo sguardo la foto di don Oliviero dagli occhi vivaci in pagina ieri sul nostro giornale accanto all’articolo che ne tratteggiava la biografia. Tre sono state le grandi passioni del sua vita. La passione per l’oratorio. La passione di ciò che ha patito quando gli è stata diagnosticata la sclerosi multipla e la passione per il giornalismo.

Da ragazzo, qui a Villa d’Almè, ha respirato il clima di una vita cristiana

fervida e attiva e ha vissuto l’oratorio come casa. Quando nei mesi più devastanti del Covid, ha chiesto una mano per portare a termine una antologia di scritti in trent’anni di giornalismo mi ha raccontato che la sua vocazione era germogliata in modo spontaneo, come accaduto a molti in quegli anni, entrati nel seminario di Clusone dopo l’appello del vescovo Piazzi entrate anche voi nella mia vigna.

Don Oliviero è  cresciuto all’oratorio; con la passione dell’oratorio e della vita della parrocchia. Il giorno della sua prima messa il 28 giugno 1970, in questa chiesa don Capelli, allora vice direttore del Patronato San Vincenzo, gli propose di passare un anno con lui al Patronato, ma don Oliviero con tono garbato e franco come è sempre stato nel suo stile, gli rispose: “Don Capelli mi lasci prima andare in un oratorio. Ho sempre sognato l’oratorio…”.

A  Calcinate,  Terno e a Clusone don Oliviero ha incontrato molti giovani, ha  visitato i malati e ha seguito l’Azione Cattolica e  le Acli. L’onda lunga della contestazione non lo impensieriva e coi parroci sapeva tenere un rapporto schietto e costruttivo.

Poi la seconda passione: quella della sofferenza. Accadde 36 anni fa, nel 1984,  mentre era direttore del grande oratorio di Clusone. Come uno tsunami la malattia sconvolse il suo intenso ritmo di attività tra i ragazzi e i giovani. Quello che successe allora  lo raccontò con animo pacificato qualche decennio più tardi, [L’Angelo in Famiglia, febbraio 2006], rileggendo quel tratto della sua storia, come sorpresa di Dio. Ecco il suo racconto della prova di quel periodo e della fede che lo ha sostenuto nel cambio di passo della sua vita….

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