COLERE – Placido, la sua tomba meta di pellegrinaggio: “E così al posto di riesumare la salma, la restauriamo e…”

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In paese il ricordo di Placido Piantoni è vivo più che mai. Guida Alpina, maestro di sci, nell’ambiente degli sporti invernali e della montagna è stato uno dei più grandi protagonisti memorabili nella storia alpinistica bergamasca. Nato nel 1939, iniziò fin da bambino ad arrampicarsi sulle rocce vicine a casa per poi attrezzarsi e scalare tracciati impegnativi sulla Presolana, sul Pizzo Camino e sul Cimon della Bagozza. Un personaggio illustre che a Colere ha portato una visione lungimirante nel tessuto sia sociale che economico, infatti ha fatto fare un salto di qualità al paese portando i primi impianti sciistici e quindi nuovi mestieri come il maestro di sci e la guida alpina. Placido Piantoni se n’è andato l’1 agosto del 1977, a 38 anni, ma non se n’è mai andato il suo ricordo. A lui è stata intitolata una via del paese. A quarant’anni dalla sua scomparsa, nel 2017, era stata allestita una mostra con i giornali degli anni Sessanta e Settanta che raccontavano le sue imprese, il suo quaderno e il libretto di Guida Alpina con le relazioni degli alpinisti che lui ha portato in montagna. E nel 2019 un libro, ‘Placido – Imprese e sogni di uno spirito libero’ di Giuseppe Belingheri, “una memoria, una biografia sulla sua vita, non solo per non dimenticarlo, ma per far conoscere chi è Placido Piantoni e soprattutto cosa ha fatto. Nell’alpinismo i suoi meriti hanno oltrepassato i confini del piccolo borgo nativo di montagna. Con Carlo Nembrini (alpinista nembrese) ha formato una cordata formidabile che ha inciso i loro nomi sugli annali dell’alpinismo a caratteri cubitali. Nella sua intensa attività alpinistica ha salvato vite umane, anche mettendo a rischio la propria incolumità”, scriveva l’autore sulle pagine di Araberara del 10 maggio 2019.

Placido Piantoni continua ad essere un simbolo per Colere e per il mondo dell’alpinismo, tanto che la sua tomba è ancora oggi meta di pellegrinaggio degli appassionati della montagna. Ed è proprio qui, al camposanto, che si ferma l’attenzione…

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