Coronavirus: interrogazione Pd in Parlamento sulle Rsa Lombarde: 1845 decessi in 250 strutture

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Foto Mauro Scrobogna /LaPresse 25-03-2020 Roma Cronaca coronavirus, casa di riposo Giovanni XXIII Nella foto: le autorità sanitarie allesticono un presidio nella casa di riposo Giovanni XXIII e trasferiscono in ospedale altri anziani colpiti dal virus Photo Mauro Scrobogna /LaPresse March 25, 2020  Rome, Italy News Coronavirus outbreak: retirement home Giovanni XXIII In the picture: the health authorities set up a facility in the nursing home Giovanni XXIII and move other elderly people affected by the virus to the hospital

I parlamentari lombardi del Partito Democratico hanno presentato un’interrogazione urgente alla Camera dei Deputati e al Senato per chiedere al Governo di fare chiarezza su quanto sta avvenendo nelle case di riposo della Lombardia e sulla tutela della salute degli anziani e degli operatori.
Ecco il testo dell’interrogazione depositata in Senato:
Atto n. 3-01482 (con carattere d’urgenza) – Pubblicato il 8 aprile 2020, nella seduta n. 205
MIRABELLI, ALFIERI, FERRARI, NANNICINI, RAMPI
Al Ministro della salute.
Premesso che:
per monitorare la situazione dell’epidemia da COVID-19 nelle residenze sanitarie assistite (RSA), dal 24 marzo 2020, l’Istituto Superiore di Sanità ha avviato un’indagine (“Survey nazionale sul contagio COVID-19” nelle strutture residenziali e sociosanitarie);
secondo il GNPL National Register, le RSA nel nostro Paese sono 4.629, ospitano 300.000 persone che hanno in media 85 anni e il 60 per cento soffre di una demenza;
fra le circa 250 strutture censite, si sono verificati dal 1° febbraio ad oggi 1.845 decessi, di cui il 39,2 per cento di positivi a SARS-CoV-2 o con manifestazioni simil-influenzali. Il tasso di mortalità fra i residenti (residenti al 1° febbraio e nuovi ingressi dal 1° marzo), considerando i decessi di persone risultate positive o con sintomi simil-influenzali, è del 3,7 per cento, ma sale fino al 9,6 per cento in Lombardia;
esaminando nel dettaglio i drammatici numeri lombardi, si apprende che su 1.130 decessi il 49,8 per cento era COVID-19 positivo o con sintomi simil influenzali. Inoltre, tutti gli ospedalizzati (85 persone ospedalizzate su 70 strutture che hanno risposto al quesito, per un rapporto di 1,2) presentavano sintomi o positività al COVID-19;
la proiezione dei dati sul totale delle RSA (ha risposto all’indagine il 14 per cento delle strutture contattate) potrebbe portare ad un riscontro di migliaia di morti;
in merito alle difficoltà riscontrate nella gestione dell’epidemia, delle 235 strutture che hanno risposto alla domanda, l’86,8 per cento ha riportato la mancanza di dispositivi di protezione individuale, mentre il 22,5 per cento ha riportato una scarsità di informazioni ricevute circa le procedure per contenere l’infezione. Inoltre, il 36,2 per cento segnala l’assenza di personale sanitario;
nonostante le reiterate richieste di chiusura da parte di molte RSA ai visitatori e di sospensione dei servizi semiresidenziali alle ATS provinciali, in alcune provincie, già ai primi esordi di casi anomali di infezione, le autorità competenti disponevano, in data 24 febbraio 2020, il diniego e l’avvertimento di eventuali accertamenti da parte servizi di vigilanza oltre “alla messa in discussione” degli accreditamenti, ribadita con comunicazione del 1° marzo 2020;
nonostante il crescente numero di infezioni, sia degli ospiti, sia del personale delle RSA, non è stato predisposto alcun accertamento tramite tampone al personale sanitario o sociosanitario, spesso privo dispositivi di protezione per difficoltà a reperirli sul mercato, difficoltà registrate da tutte le istituzioni competenti;
a creare l’esplosione di casi e vittime nelle RSA lombarde potrebbe aver contribuito anche la deliberazione della Regione Lombardia n. XI /2906 dell’8 marzo 2020, con la quale si è chiesto alle RSA, di ampliare «la ricettività dei pazienti» per ospitare i casi meno gravi di persone infettate, e liberare così alcuni posti letto negli ospedali;
è evidente che, l’idea di fare “entrare” il virus all’interno di strutture che ospitano persone fragili e vulnerabili potrebbe essere stata, ad avviso degli interroganti, una scelta scellerata, soprattutto se non sono state fatte preventivamente le opportune verifiche circa l’adeguatezza a trattare questo tipo di pazienti;
parallelamente all’emergenza ospedaliera bisognava, infatti, pensare a come sostenere e controllare le strutture, senza rimandare a circolari burocratiche che obbligavano a seguire i protocolli: si ritiene, infatti, che se le RSA devono accogliere i pazienti COVID-19 o curare i propri pazienti COVID-19 già presenti senza poterli ospedalizzare, allora devono essere dotate anche dei farmaci adeguati e dei medici in grado di capire gli effetti di questi farmaci su persone fragili;
per diversi di questi casi si stanno muovendo anche le Procure e vi sono inchieste amministrative sulla base di varie denunce;
lunedì 30 marzo il Forum del Terzo Settore in Lombardia, insieme a Ledha, Uneba Lombardia e Alleanza Cooperative Italiane-welfare Lombardia, ha definito “strage degli innocenti” la mancanza di presa in carico, da parte della sanità lombarda, dei pazienti più fragili che vengono contagiati dal COVID-19;
il presidente dell’Uneba in Lombardia, ha lanciato un durissimo “J’accuse” dichiarando che “Si è deciso, senza dirlo, che non tutti hanno diritto alle cure” e parla di “scelte politiche molto forti”, che sono state prese “senza dirlo e senza rappresentarlo fino in fondo”;
a parere degli interroganti una scelta che deliberatamente precluda, seppur non in modo espresso, l’accesso alle cure per persone particolarmente vulnerabili è inaccettabile, sia dal punto di vista etico, sia sulla base del dettato costituzionale che sancisce l’universalità del diritto alla salute. Infatti, nel momento in cui si è deciso che una parte della popolazione non può arrivare agli ospedali si sarebbero dovute prendere tutte le misure precauzionali necessarie per gestire i contagi presso le strutture di residenza;
il quadro che si registra è invece desolante, con la contabilità dei decessi che aumenta di giorno in giorno e con il rischio che tali strutture si trasformino (e in alcune è già successo) in focolai dell’epidemia, mettendo a rischio, non solo chi vi risiede e chi vi lavora, ma la salute pubblica in generale,
si chiede di sapere:
quale sia il numero di contagiati COVID-19, dei decessi per COVID-19 e patologie simil influenzali tra gli ospiti e il personale delle strutture RSA della Regione Lombardia e quali siano le proiezioni numeriche di tali dati sul totale della popolazione residente presso le medesime strutture;
se il Ministro in indirizzo ritenga che le indicazioni fornite alle RSA da parte della Regione Lombardia o dalle rispettive ATS siano state congrue rispetto alle gravi condizioni epidemiche nelle RSA e nei servizi semiresidenziali e quali verifiche intenda attuare nei confronti dell’attività di prevenzione, vigilanza e di indirizzo effettuata dalle stesse Regione;
se ritenga adeguata, dal punto di vista della tutela della salute pubblica, la decisione adottata dalla Regione Lombardia di chiedere alle RSA di ampliare la loro ricettività in modo da ospitare, in funzione deflattiva sugli ospedali, i casi meno gravi di pazienti contagiati da Coronavirus;
quali iniziative urgenti intenda intraprendere, nel rispetto delle competenze territoriali in materia, per garantire l’universalità della tutela del diritto alla salute, facendo sì che anche i soggetti più vulnerabili vengano adeguatamente assistiti.

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