Sabato 26 ottobre.
Sono da poco passate le 8 del mattino. Il tam tam comincia a girare, la zona dei Portici come ogni mattina è un via vai di gente che cerca il primo caffè del mattino per cominciare la giornata. Una giornata che qui in realtà in molti avrebbero fatto a meno di cominciare. Il cielo è grigio, una bolla di grigio, tutto grigio, il vento non è certo di quelli che ti fanno stringere il giubbotto addosso, macchè, è tiepido ma il gelo ti arriva dritto dentro le ossa quando arrivi davanti all’entrata del civico dove abita, o meglio, dove abitava Sara Centelleghe. 17 anni. Ammazzata poche ore prima con 30 fendenti di forbice. Qui la voce è girata da subito. Pattuglie dei carabinieri a bordo strada ma al bar vicino i clienti sono seduti come al solito, qualcuno ancora non sa, qualcun altro cerca di capire. Un omicidio di una ragazza di 18 anni, (19 fra pochi giorni) è un pugno nello stomaco in qualsiasi città, figurarsi in un paese di poco più di 8000 abitanti. L’entrata del condominio color ocra è vuota, un silenzio assordante, l’ascensore fermo, sulle scale impronte di piedi nudi insanguinate, che scendono lungo le scale, un’impronta di un numero intorno al 42, l’appartamento di Sara è al terzo piano, vive con mamma Silvia che quella sera era via, con il compagno a Iseo e Sara era a casa con un’amica. Salendo le scale, insieme alle impronte, ci sono gocce di sangue. Il nome della ragazza sul campanello, insieme a quello della mamma.
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