“Dieci anni fa ricordo qui la prima intervista, mi avevate definito il rosso del Piano”, Patrick Rinaldi sorride, già, il rosso del Piano, in omaggio a Pietro Martinelli, conosciuto anche come il ‘rosso’ che di solito faceva il pieno di voti ovunque, stavolta era arrivato lui, Patrick, allora 35enne, a prendere un sacco di preferenze, lui, che non aveva nemmeno fatto campagna elettorale e che si presentava per la prima volta con il gruppo di Mauro Bonomelli. E ora appende l’assessorato al chiodo, anzi, la candidatura. Patrick se ne va. Dopo 10 anni. Percorso chiuso. “Una sofferenza, dieci anni della mia vita, che definirei l’Esperienza, dai 35 ai 45 anni”. Sulla tua uscita di scena si sono sprecate tante voci e che un assessore non si ricandidi ci sta, però Patrick è davvero un assessore particolare, perché ha portato l’assessorato ai servizi sociali ovunque, dai media alle case di chi di assessorato ai servizi sociali non se ne occupa e non ne ha bisogno. L’idea del calendario delle donne con il tumore al seno, l’idea per la giornata di prevenzione alla lotta all’aids con una campagna davvero particolare, l’idea della Domus Civica rivestita interamente di rosso per la giornata contro la violenza sulle donne e soprattutto l’idea della Stanza di Lulù, un luogo di ritrovo per tutte le mamme che hanno perso un figlio e molte altre idee ancora, perché i servizi sociali per infilarsi nel cuore e nelle case di tutti hanno bisogno di idee nuove e su questo Patrick Rinaldi è il top. Facciamo un passo indietro, di quelli lunghi, un passo di dieci anni: “Io all’inizio non volevo nemmeno entrare, ero amico di Laura Cavalieri, che era sindaca, ci vedevamo in oratorio, Mauro, Federico e Andrea mi hanno chiesto di entrare con loro, la molla era scattata perché in quel periodo si parlava molto di centro commerciale al Piano, la mia frazione, e io ero arrabbiato, in quegli anni avevano riempito il Piano di capannoni, continuavano a togliere terra, quando mi sono lamentato di questa cosa con qualcuno dell’amministrazione di allora mi sono sentito rispondere: ‘Vedrai, ne faremo ancora di più’. Ecco, questo mi ha fatto scattare la molla decisiva per candidarmi, ero fuori da ogni logica di partito o gruppo. Non ho fatto nemmeno campagna elettorale, ricordo che qualche giorno prima ero andato con Mauro (Bonomelli ndr) in bicicletta a fare comunque un giro per portare qualche santino, solo che mi fermavano un po’ tutti a chiacchierare, Mauro era sfinito ‘basta, con te non vengo più’. Io ero un po’ terrorizzato dalla campagna elettorale, temevo magari di ritrovare qualche insulto sul mio faccione sul camion vela o di avere qualche ripercussione in famiglia dove ho vissuto situazioni delicate con mio padre (il papà di Patrick è morto qualche anno fa ndr) e per alcune vicende mie personali, invece è filato tutto liscio”. Si vota: “Ero al Piano, incontro un uomo che mi dice ‘cos’hai fatto?’, non capivo ‘hai preso 105 preferenze qui al Piano, sono tantissime’, sì ma io conoscevo soli i ragazzi dell’oratorio, e invece alla fine facendo la somma di tutte sono stato il più preferenziato della lista. Ok, ero contento, ma pensavo che la cosa finisse lì. Ricordo che mi ha chiamato la mia amica Lucia, amica di una vita, mi ha chiesto se fossi contento, sì, lo ero, avevo dato il mio contributo ma ora mi fermavo, mi ha chiesto se potevamo vederci un attimo, ok, mi ha detto ‘noi ti abbiamo votato perché tu ci rappresenti, non puoi fermarti così’ e alle fine ho preso l’assessorato alle politiche sociali”. Già e qui comincia l’avventura in quello che alla fine dei conti è l’assessorato con più rogne ma anche con più soddisfazioni ‘umane’: “Il primo giorno che sono entrato in ufficio, la signora Moretti che lavorava in quel settore, mi ha sbattuto il suo curriculum sul tavolo ‘voglio sapere perché lei è qua, cosa vuole fare in questo ufficio’, l’ho guadata, le ho chiesto aiuto ‘io non so niente, devo imparare tutto, se ha voglia di insegnarmi ci metto anima e cuore e provo ad imparare’ e così è stato, ha cominciato a darmi materiale da studiare, leggi, appunti, sono andato al mare con il manuale del consigliere comunale, alla fine della vacanza era gigantesco, si era riempito di sabbia, però lo avevo studiato, mi ero appassionato. E quando la mia ‘maestra’ è andata in pensione mi ha lasciato questo messaggio ‘per 10 anni lei si troverà in una casa di vetro dove tutti guardano all’interno e dove tutti si aspettano grandi cose da lei, la differenza la farà riuscire a fare tutto quello che la gente non si aspetta che lei faccia’, ecco, questo è diventato il mio mantra per 10 anni”. E il mantra ha partorito mucchi di idee: “Ce le siamo inventate da zero, dalla Stanza di Lulù dove ci sono decine di mamme che hanno perso un figlio, stanza legata al progetto di Nicolò Fabi e della sua compagna che avevano perso la loro bimba, e proprio quest’anno ci sarà l’ultima edizione de Le parole di Lulù che Nicolò tiene ogni tanno e sarà a Siena proprio il 3 ottobre, il mio ultimo giorno da assessore, ci sarò, tutto è cominciato qui nel 2008 con Nicolò Fabi e Cristina Donà…
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