Covid, Cisl: “Le RSA non sono sale da gioco, palestre o piscine, agli anziani non possono essere strappati gli affetti”

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Purtroppo si sta delineando la “prevista” seconda ondata Covid, e si richiudono le Rsa alle visite familiari. Regione Lombardia invece di consigliare modalità per le visite dei parenti in sicurezza preferisce scaricare ogni responsabilità. Ma le Rsa non sono case da gioco, palestre, piscine. Chi vi entra non lo fa per svago o per tenersi in forma. E profittare del silenzio di chi non alza mai la voce, allontanare i “vecchi” dai loro affetti e ricordi più cari (e i famigliari dai loro “vecchi”) non può essere né la soluzione, né la cura. Non lo è stato cinque mesi fa (i dati impietosi sono lì a dimostrarlo) e non lo sarà neanche oggi. È mai possibile che l’esperienza vissuta non abbia portato consiglio? È mai possibile che in questi mesi di “tregua” non si è riusciti a mettere a punto un vademecum specifico per le visite in sicurezza dei parenti nelle RSA?

Con la nuova ordinanza di Regione Lombardia, per le persone che vivono in strutture residenziali sociosanitarie è quasi impossibile rivedere i propri cari, e Emilio Didonè, segretario generale di FNP CISL Lombardia invita le parti coinvolte, senza mezzi termini, a mettere in campo altre risoluzioni percorribili, onde evitare un completo isolamento delle persone ricoverate in queste strutture. “Il Covid19 continua a diffondersi nella nostra vita quotidiana in Lombardia ma solo a loro viene imposto di vivere confinati in un letto, senza che a nessuno venga in mente di chiedere loro come si possano sentire senza vedere i propri cari”.

Siamo anche noi molto preoccupati che le strutture per anziani tornino ad essere luoghi dove si può sviluppare maggiormente il contagio, ma Regione, RSA e sistema di welfare regionale non possono limitarsi a chiudere tutto. In questa fase nessuno deve essere lasciato solo, e noi riteniamo essenziale garantire la preziosa possibilità di mantenere i contatti con l’esterno ai ricoverati. È opportuno riprendere e sviluppare tutte le iniziative avviate nella primavera scorsa per dotare ogni struttura della strumentazione tecnologica necessaria e consentire questo legame affettivo anche a distanza. Permettere agli ospiti delle RSA di vedere e sentire i propri familiari è un livello essenziale di assistenza, soprattutto negli ultimi tratti di vita di una persona, che il sistema di welfare regionale deve essere in grado di garantire loro”.

Invece, dalle segnalazioni che arrivano ai sindacati, risultano pochissime le strutture che in questi mesi si sono attrezzate in tal senso. La grande maggioranza delle RSA convenzionate non si sono attrezzate per affrontare la temuta seconda ondata, e non si sono organizzate per consentire le visite dei famigliari. “E se a febbraio eravamo impreparati, ora non ci dovrebbero essere più alibi. Le comunicazioni tra ospiti e familiari sono un livello essenziale di assistenza e umanizzazione. Niente pretesti, perché se alcune RSA lo fanno, anche utilizzando supporti tecnologici, perché altre non seguono la stessa strada. Le relazioni affettive e umane sono indispensabili per la vita delle persone anziane e dei propri famigliari.”

Sono oltre 60 mila le persone che vivono in queste strutture residenziali in Lombardia a cui oggi viene imposto di non vedere più nessuno dei loro familiari almeno per le prossime settimane. Il Covid19 continua a diffondersi nelle vite di tutte le persone che vivono in Lombardia, ma solo agli anziani ricoverati viene imposto di vivere segregati, senza che a nessuno venga in mente di chiedere loro come si possano sentire in un letto senza vedere i propri cari. Tutto scivola via come se niente fosse in un una indifferenza assoluta. Ma la nostra battaglia – conclude Didonè –  è di continuare a dare voce a chi non ce l’ha”.

 

 

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