Don Fausto Resmini: il Vangelo in carne ed ossa

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Una vita donata, un Vangelo in carne ed ossa. Che si è spenta nella solitudine di un letto di ospedale ma porterà sicuramente molto frutto. Don Fausto Resmini era un monumento vivente della carità a Bergamo. Pioniere nella cura degli ultimi. Una pietra miliare dentro la storia del Patronato San Vincenzo, che ha raccolto lo spirito del fondatore don Bepo declinandolo nelle missioni richieste dalla contemporaneità. Fondatore dell’associazione don Milani per la cura dei minori provenienti dal penale o dei minori non accompagnati. Fondatore dell’associazione In strada per soccorrere gli ultimi degli ultimi alla stazione di Bergamo. L’immagine della Chiesa di frontiera. Un mondo invisibile e silenzioso, ma dove la Chiesa c’è, ogni giorno, portando cibo e speranza. Seminando anche dove non c’è possibilità di raccogliere. Don Fausto lo sapeva che alcune situazioni sono difficili o forse impossibili da recuperare. Ma vale comunque la pena fare del bene. È comunque necessario amare e soccorrere. La Chiesa deve esserci anche lì.
I suoi impegni negli anni sono sempre cresciuti. Risiedeva a Sorisole, nella casa del Patronato che ospita i richiedenti asilo, i minori protetti e i giovani adulti a cui lui cercava di dare un futuro, mandandoli a scuola e cercando di insegnarli un mestiere, nei laboratori della comunità o sul territorio. Una comunità gioiello cresciuta sotto la sua guida. Che ha mobilitato centinaia di persone. E che da tempo è un modello anche fuori Bergamo. Un luogo dove si respira il Vangelo a pieni polmoni.
Tutti i giorni al mattino presto don Fausto celebrava la Messa, nella cappella della comunità. “E questo è fondamentale, perché tutto quello che si fa durante la giornata trova senso qui, in quel pane spezzato”, mi disse la prima volta che lo incontrai.
Ogni mattino si recava in carcere per incontrare i detenuti. Tutti i giorni. Da anni. Poi la Casa del giovane a Bergamo, di cui era direttore, dove si occupava in particolare dei ragazzi delle giovanili dell’Atalanta, che non a caso la società aveva affidato alla sua cura. Poi l’associazione Il conventino e il mondo delle adozioni. E la sera l’impegno in stazione, un mondo che portava sempre nel cuore e per la quale ci teneva a continuare ad esserci, nonostante nel tempo siano stati moltissimi i volontari che l’hanno seguito in questa missione.
Ma dietro i tanti impegni che lo costringevano, a 67 anni, a vivere come una trottola, sempre di corsa, soprattutto don Fausto ha amato. Senza misura. In ogni momento. Ogni persona incontrata. Come un padre. L’amore di Cristo che sale sulla croce per l’umanità.

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