L’INCHIESTA – VALGOGLIO – Quassù a Novazza, a Cà Rosèi, tra le ragazze ucraine scappate dalla guerra, e Illia di 3 mesi

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Elena non conosceva Novazza , ma aveva molti amici bergamaschi perché alcuni di essi hanno un ruolo importante nel sostegno della sua ONG e sapeva che l’avrebbero accolta. Alle ragazze ospiti di Cà Rosèi si sono aggiunte una mamma col suo bimbo di tre mesi ed un’altra famigliola, il cui piccolo Illia è diventato un po’ la mascotte della tribù. L’arrivo dei profughi a Cà Rosèi  ha dato inizio ad un’incredibile gara di solidarietà, che coinvolge  tutta la popolazione di Valgoglio e Novazza ma non solo: “Dal medico che si presta a farci i tamponi a zia Lucia, 82 anni, che ci insegna a preparare le tagliatelle e i casoncelli; dall’ex-insegnante  che si è messa a disposizione della capo-cuoca per darle una mano in cucina, alla signora ucraina sposata a Fino del Monte che per una serata ci ha preparato una cena tutta a base di piatti tipici ucraini; dalla parrucchiera di un paese della Media Valle che nel suo giorno libero verrà a fare i capelli alle ragazze, al giovane atleta che ha formato una piccola squadra di amici per accompagnare le ospiti a camminare nei dintorni; dal signore sconosciuto che ha chiesto al panificio da cui ci forniamo di pagare lui tutti i conti relativi, agli allevatori di qui che ci offrono le loro formaggelle ed alle persone che ci portano abiti e indumenti, tutti nuovi, e talmente tanti che una parte di essi la dobbiamo dirottare….”. Mentre parliamo arriva infatti un furgone da Bolzano (!) e scarica uno scatolone pieno di indumenti sportivi e di biancheria intima: “E’ arrivato anche ieri, non sappiamo chi ce lo manda, viene da un’azienda una cui anonima dipendente vuole farci recapitare tutto questo ben di Dio; saputa la cosa l’azienda stessa ha messo a disposizione il suo corriere per il trasporto… E’ inoltre commovente il fatto che la gente ci porti solo cose nuove e belle, spesso addirittura le più costose: le ragazze apprezzano, si sentono confermate nella loro dignità di persone… Insomma, è proprio vero che anche nel peggio vince sempre l’amore, qui constatiamo ogni giorno che nell’animo umano esiste una tensione verso il Bene che aspetta solo di essere scoperta per realizzarsi concretamente…”.  A sostenere ed a motivare il gran lavoro di tutti i volontari c’è anche l’immensa forza d’animo delle donne ucraine: le volontarie affermano che sono davvero esemplari, che vivono la comunità proprio come una famiglia ed hanno un coraggio ed una speranza  incredibili.  Certo conoscono la tristezza, l’ansia, l’angoscia per i loro Cari e il loro paese, ma piangono di rado, pregano, sanno ridere e persino cantare: amano le canzoni di Toto Cotugno e se qualcuna intona ‘Lasciatemi cantare’ è subito coro. “Il viaggio è stato lunghissimo e difficile soprattutto dal punto di vista morale, è doloroso dover lasciare la propria casa, i parenti, gli amici – dice Osana  – Qui seguiamo le notizie e vorremmo tanto aiutarli, ma per ora si può solo pregare. Solo le altre nazioni, gli altri Paesi possono salvarci… Se a Kharkov (la città è denominata anche Charkiv o Charkow, una città dell’Ucraina orientale – n.d.r.)  rimarrà qualcosa torneremo, pronte a ricominciare ed a ricostruire anche se sembra che Putin voglia un’Ucraina senza più ucraini…”.  Il ripristino di una quotidianità il più possibile normale passa anche attraverso le varie attività che le ragazze sono in grado di svolgere: Viki, con le sue mani d’oro, anche se offese, continua a confezionare bellissimi manufatti in pannolenci,  altre si dedicano al laboratorio di cucito, mentre Tania, che in patria faceva l’aiuto-barista, offre con gentilezza caffè e bibite alle persone che passano di qui; alcune proseguono il percorso scolastico iniziato in patria, e tutte si impegnano nello studio dell’italiano, aiutate da due studentesse universitarie di Melzo, Laura e Maria: ”Sono qui da una settimana – dice Maria – avevo  trascorso alcuni mesi, quando ancora c’era la pace, come volontaria a Kharkov e volevo continuare a  dare una mano. Sono andata con degli amici in  pullmino a prendere i fuggiaschi al confine con la Slovacchia, si trattava di alcune famiglie che avevano fatto due giorni e due notti di coda…

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