Indossi una nuvola diversa ogni notte. Quella mano sudata di emozioni che mi stringevi mentre mi portavi all’asilo. Quelle corse ovunque perché non avevamo l’auto. Lo sguardo del papà da lassù che io mi immaginavo come un supereroe intento a proteggerci a oltranza, forte come il triplete dell’Inter, come un pugno di Mike Tyson, come i 200 metri di Mennea, come l’arrivo sull’Alpe d’Huez di Pantani, come una canzone di Janis Joplin.
Come quelle mattine che mi svegliavi dopo la messa ‘prima’ che non so se si dice cosi, al convento dei frati, i Plasmon nel latte e la cartella che non era mai pronta. Come quei pomeriggi a guardare cartoni e scorticare ginocchia nel bosco sognando mondi incantati. E i nostri viaggi infiniti al Santuario, che ora li faccio io per te, e resta quel senso di guscio da portarsi ovunque nel mondo. Un elastico che si tira ma poi ritorna. I capelli ramati e il viso affilato sbattuto fuori da un quadro dell’800 che con me sembra non c’entrare niente. Non so chi, ma qualcuno ti ha buttato fuori le stelle, forse era la sera giusta, anzi no, era la vita giusta, anche se con un sacco di casini, un vagone di quelli che trascinano tutto e tutti ma possono tutto e non possono tutti. Ed è andata così.
Che tu possa lasciare le ombre nascoste nei cassetti e affogarti di sorrisi. Che tu possa sentire il bene grande, quell’aria che ti sta sempre intorno, che sempre bada a te grazie al tuo super eroe che ti insegue da nube a nube, e sa che mentre ti scuoti forte, mentre scarti e sgroppi via i pesi, già stai facendo dell’infinito casa. Buon compleanno tondo mamma.