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    Alle urne, alle urne!” invocano gli orfani (più o meno immaginari) di democrazia, e a quelli della mia età verrà in mente il A egregie cose il forte animo accendono / l’urne de’ forti…”. E vai coi “poteri forti”. Come stravolgere il senso delle parole e il buon senso. Che gli animi siano “accesi” è pura apparenza, sui social basta una decina di post e commenti e sembra che l’intero popolo italiano “repente si desti”. In realtà ci si parla tra (pochi) combattenti e reduci di battaglia mai combattute ma rimpiante per il non esserci stati, sogni (ereditati) di rivoluzioni mai fatte, utopie insomma di cui, come nell’espressione dialettale, “m’èn tignirà parlàt”,per poi avere qualcosa su cui, se non piangere, almeno rimpiangere nelle serate conviviali dei superstiti (quorum ego).

    Cercasi statista più o meno disperatamente, già rimpiangendo anche quelli del passato ormai remoto, allora in realtà molto discussi. Non c’è limite al peggio e la vecchietta di Siracusa va rievocata per l’ennesima volta, quella che pregava che il tiranno di turno tornasse sano e salvo dalla guerra, temendo che lo sostituisse un tiranno ancora peggiore.

    In fondo siamo come le rane nello stagno di cui racconta il poeta d’antan Giuseppe Giusti, che pretendono di avere un re e Giove gli butta un pezzo di legno e quelle gracidano offese, vogliono un vero re, forte, determinato, decisionista e allora… “volete il serpente che il sonno vi scuota?/ (…) O gente impotente / per chi non ha denti / è fatto a pennello / un re travicello”.

    E “dum Romae consulitur” su Draghi & Conte, viene espugnato il servizio fondamentale, quello della sanità. La signora dal suo letto di dolore (forte, febbre a 40) racconta dell’ennesima odissea al Pronto Soccorso non di un ospedale di frontiera, ma al Papa Giovanni di Bergamo. Arrivata su sollecitazione del suo medico alle 13.30 è stata visitata alle 5.30 del mattino successivo. “Non ha mica un ictus” le hanno risposto infastiditi. Poi le è stata riscontrata una grave patologia. Un’altra signora anziana è arrivata in pronto soccorso, questa volta in un piccolo ospedale della nostra zona, alle 14.00 ed è stata visitata alle 20.00.

    E mancano i medici di base, altre odissee per cercare uno che ti visiti, sentendoti dire da un call center che il medico disponibile lo trovi a 40 km di distanza. Lo stesso vale per una semplice ricetta (“io non faccio ricette senza visitare il paziente” – “Ma è a letto ammalato” – “Non faccio diagnosi a distanza, me lo porti in ambulatorio o vada al pronto soccorso” – E vai con le ambulanze e i pronto soccorso intasati). Una visita specialistica te la prenotano tra un anno (a pagamento entro tre giorni). Parlavamo anni fa di “eccellenza” della sanità lombarda. Siamo al disastro e la sanità è un bisogno e un servizio primario per… eccellenza.

    Ma a Roma discutono di crisi di governo, di elezioni anticipate e, come per la nazionale di calcio (non quella femminile che ha fatto un figura barbina e fortuna che le donne nella pallavolo sono ai vertici mondiali ma con ben diversa copertura mediatica), siamo tutti commissari tecnici, abbiamo i nostri “statisti” di riferimento, tutti alla nostra portata individuale.

    Le rane dello stagno non sopportavano un re travicello, ma non si mettevano d’accordo nell’eleggere un… ranocchio, ignorando la fiaba del bacio che lo poteva trasformare in un principe.

    Del resto se noi votiamo gente che parla e la pensa come noi, non ci possiamo poi lamentare di trovare, in parlamento, in regione o in comune, i nostri sosia, che si confrontano e si scontrano con i sosia dei nostri vicini di casa, in una cloaca di analfabetismo individualista, supponente e arrogante, che pretende di possedere la verità assoluta e che si sorprende di dover fare i conti con altre pretese verità assolute in un caravanserraglio di presunte verità rivendicate a gran voce nella confusione generale. In un turbolento stagno (bollente) di rane impotenti ma fortemente e inutilmente gracidanti. E nemmeno piove, governo ladro…