Un passo indietro, un silenzio in più. Apprendista. Sul mio curriculum d’anima ho scritto da sempre quella parola. Che poi è quella che mi apre e mi chiude tutte le porte, anche dove le porte non ci sono. La mia salvezza è nel segreto di camminarmi dentro, come in una foresta strana, girarmi di scatto e sorprendere un ramo che mi saluta. Lì sento una reciproca comprensione fra me e tutto ciò che mi è necessario, nell’allegra brigata degli invisibili.
E mi commuovo confondendomi fra cose che non si possono raccontare. Perché questo è un mondo dove se non condividi una cosa, se non la racconti, se non la immortali sui social, quella cosa non esiste. In realtà è il contrario, più la condivido più si disperde tra il vociare di chi dice la sua e non me ne frega niente di quello che dice la gente. Io la voglio addosso e dentro la mia emozione.
Quel giustizialismo di fondo e anche non di fondo che mangia tutto, che non perdona, che giudica, che sentenzia.
Ma quante risate mi sono fatta da piccola scoprendo di avere sbagliato? Ora non posso più, non potrei più, e così sbaglio per me e sbaglio con me e sono felice. Coltivo ogni giorno tutto il fragile e l’inesperto. Sono solo un’apprendista della vita. Come lo siete tutti.
Coltivo miracoli in una vigna che a volte non ha acqua, ma magari crescono e si fanno fatti. Aspetto ogni giorno quella vita come si aspetta un innamorato a 16 anni, una vita affamata, che bella la vita affamata. Aspetto ogni tramonto confondersi nella gloria di quella caduta che è il precipitare degli angeli. Amare il grande quando si scompone nella meravigliosa tessitura del piccolo. Apprendista.