ATTACCHI D’INFINITO

    18

    Mi metto in pausa. Mi faccio un attimo da parte. A parte di me. Mi lascio stare. Ho bisogno di lasciarmi stare. Guardo dal fuori la polveriera di un paio d’ali sporche e vuote. Invecchio dietro a un pc. Ma io vorrei ringiovanire dentro le parole. Credo si possa fare. O provare a farlo. Un passo indietro. Un salto indietro. Riavvolgere l’alfabeto e tornare giovani di consonanti. Spiegarle al vento e lasciarle lì, orpelli di emozioni, orgasmi di sensazioni. E poco altro.
    Lasciarmi perdere. E se mi cercate mi trovate nelle controindicazioni. Che poi aspettano sempre tutti giugno e poi quando arriva se ne va e non mi aspetta. Veramente neanche io mi aspetto. E non mi aspetto niente. Come sto? Non lo so. Forse bene. A volte meno. Ma con venti che soffiano forte dentro. Precipitazioni di parole quotidiane.
    Pioggia di orpelli di frasi che spaccano anime. Sole a dirotto. E io di… rotto ho anche pezzi di cuore. Questi senza sole. Soffro di attacchi di infinito. Cieli sparsi dentro alle vene. Raggi di sole che si allungano dentro la fine di ogni battito di cuore e mi fanno ridere. Non sapevo ci fosse il solletico all’anima. Ora lo so. A volte mi si vede il sole in faccia e il maltempo nelle parole. A volte l’opposto. Ma non importa. Quello che conta è che i miei diluvi alla fine mi lasciano sempre così. Con una punta d’anima pulita che basta per ripartire.

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