I due galletti nel pollaio, che qualcuno ha convinto essere la riedizione aggiornata dei due “consoli” dell’antica Roma, hanno chiesto altro tempo, dopo due mesi e mezzo di trattativa del tira e molla. La vignetta di Giannelli sul Corriere è tranciante: “Sia Di Maio che Salvini vogliono che la legislatura arrivi al 2023”, dice l’uomo che legge il giornale e la moglie: “Caspita! Addirittura cinque anni per definire il programma!”. “Dilettanti” ha titolato a tutta pagina un giornale di destra. E’divertente leggere i giornali schierati a destra, che se la prendono con Salvini e il giornale (di “Fatto”) schierato con Di Maio che se la prende con lo stesso Salvini. Verrebbe voglia di difenderlo, ma di suo ci mette molto, sembra non abbia ancora afferrato l’idea di non essere un “vincitore” se si stacca da Berlusconi e dalla improvvisamente silente Meloni e preferisce continuare la campagna elettorale dello sfascio (e per certi toni del… “fascio”): “O si fanno le cose o ci salutiamo”. Se saluta torna a… casa. Chissà come lo riaccoglierebbe il riabilitato Berlusconi, capace che ammazzi il vitello grasso per il ritorno del figliuol prodigo, ma capace anche che gli sbatta la porta in faccia fingendo di non riconoscerlo. E intanto i due “consolini” (i due Consoli a Roma stavano in carica un solo anno e ognuno dei due poteva mettere il veto sull’iniziativa dell’altro) stanno definendo i “dettagli” di quello che hanno chiamato addirittura un “contratto”.
Finora hanno solo esercitato il diritto di veto “consolare” in modo incrociato. Nessuno si fida più di nessuno, vanno dai notai, tipica istituzione (costosa) italiana, perché non si sa mai, verba volant, il latino ad usum delphini, ci si incontra e ci si scontra per disperazione, niente governo tecnico per carità, griderebbero al golpe, ognuno vorrebbe fare da solo, fare non si sa cosa, ma l’importante è tener d’occhio i sondaggi. Mattarella a questo punto, dopo aver sentito le “ragioni” dei due “consolini”, dovrebbe chiedere, come i presidi d’antan, che vengano accompagnati dai… genitori.
Parlano di staffetta, si credono all’altezza dei Rivera e Mazzola o dei Craxi e De Mita.
Perché non se ne può più, quel “contratto” deve essere sottoposto al giudizio on line per i 5 Stelle e al giudizio dei gazebo per la Lega. Chi e quanti votino on line non si sa, metà del popolo che ha votato i 5 Stelle probabilmente non “va in rete”, nemmeno fossero giocatori dell’Inter contro il Sassuolo. E ai gazebo ci vanno i duri e puri. Quindi capace che da una parte e dall’altra boccino clamorosamente il “contratto”, sempre che si definiscano quei maledetti “dettagli” che mancano.
I dettagli sarebbero le grandi opere (“su queste abbiamo visioni diverse”), la giustizia (“partiamo da posizioni differenti”: i 5 Stelle vogliono le manette agli evasori, i leghisti hanno risposto picche), il ruolo dell’Unione Europea (“Bisogna fare presto per le scadenze internazionali” dice Di Maio, “o si ridiscutono i vincoli esterni o qui si fa il libro dei sogni” ribatte Salvini”. Ma sull’euro la spunta Salvini, “Si può uscirne”). La Lega spinge per una giustizia “fai da te” (se uccidi un ladro non sei punibile) e i 5 Stelle al contrario vogliono ridurre la possibilità di tenere armi in casa. I due “consolini” non vanno d’accordo nemmeno su chi debba essere il premier, insomma il presidente del Consiglio. E li chiamano “dettagli”.
Non ce lo vedo il marito tornare a casa stanco morto dal lavoro e chiedere subito alla moglie se hanno fatto il governo. Suggeriamo, in casi estremi, una risposta ironica: “Chiedo una settimana di tempo per rispondere. Non ho avuto tempo per i… dettagli”.