benedetta gente

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    Questo è il tempo in cui, prima metaforicamente e poi purtroppo realmente, crollano i ponti e la riva bianca e la riva nera tornano a guardarsi in cagnesco. C’è un bar dove si assiste come in un film in diretta alla caduta degli dei e dell’umanesimo e di quella che Berlusconi in una battuta infelice definì “una civiltà superiore”. In quel bar si percepisce che se mai la nostra “civiltà” è stata su un piano superiore, adesso è precipitata al piano interrato. “In Franciacorta cercano operai per raccogliere uva, quattordici ore al giorno e gli danno da mangiare, ma quelli pretenderebbero anche la paga, ma cosa vogliono, tornino al loro paese, se vogliono stare qui lavorino e grazia santa che gli diamo da mangiare”. Un altro riprendendo battute a gogo: “Sono scappati dalla fame e magari adesso fanno lo sciopero della fame”. I teorici del nuovo schiavismo pontificano, il vaso di Pandora è stato scoperchiato. A proposito di pontificare… “… e finché c’è questo Papa c….ne i miei figli non fanno Comunione e Cresima, venga il parroco a dirmi qualcosa che lo mando a farsi benedire da qualcun altro”. Dopo la caduta dell’umanesimo ecco la caduta del cristianesimo, il tizio evidentemente non solo non ha mai letto i classici su cui si fonda la nostra “civiltà”, ma nemmeno una riga di uno qualsiasi dei quattro Vangeli (non oso pensare agli Atti degli Apostoli e a Pietro che condanna a morte i furbi ed egoisti coniugi Anania e Zaffira). Il tizio ha trovato il suo “Papa” in Salvini. Infatti: “Salvini salvaci tu”ripete compiaciuto.

    Bisogna ricostruire da sottoterra. Ricominciare dalle fondamenta e quindi dai fondamentali che consentono una convivenza che vada oltre la convenienza personale. Ricominciamo dal basso, dai Comuni. Ne abbiamo l’occasione tra pochi mesi, ma i cambiamenti vanno preparati. Scriveva Arcangelo Ghisleri (repubblicano e anticlericale): “E’ qui nei comuni dove si educa la nazione, è qui dove si iniziano e si preparano i germi della civiltà e del progredimento. E’ qui dove l’istruzione deve essere pienamente incoraggiata e sostenuta, dove il benessere di tutte le classi, la spinta al commercio, il sentimento della libertà, l’emancipazione dai pregiudizi, la cultura e lo svolgimento delle libere istituzioni devono avere il primo impulso”.Lo scriveva sul quotidiano “Bergamo nuova” pubblicato tra il 1879 e il 1881. Ghisleri proprio a Bergamo, “nella più clericale e feudale delle città lombarde” aveva organizzato il primo “comizio” a sostegno del suffragio universale “perché io ebbi sempre una grande fiducia nel popolo anche ignorante”.

    Ecco, una fiducia al netto del fatto che la folla “ignorante”è manovrabile in modi diversi (ricordate il sistema dell’ostracismo nell’antica Atene, la condanna “popolare” di Socrate, la scelta di democrazia diretta tra Gesù e Barabba, le adunate “oceaniche” a Roma e quelle maramaldesche di Piazzale Loreto, la rivolta del pane ne “I promessi sposi”), al netto di ogni episodio di “giustizia sommaria” della serie “il ladro di cavalli non era lui ma fu impiccato per comodità”, bisognerà che, anche a sinistra, si prenda atto che i risultati elettorali sono la somma, a volte aritmetica, di delusioni, ambizioni, interessi, rabbie, bisogni, speranze, utopie, vendette e ritorsioni. E che avere la puzza sotto il naso di “chi sa” (o peggio di chi crede solo di sapere) e pensa che il popolo “ignorante” debba seguire come le salmerie l’esercito, provoca rigetto e risentimento. Certo, adesso sentire da uno dei vice premier (ah, il triumvirato funziona, Lepido fa il premier, Ottaviano Augusto e Marco Antonio comandano) che la soluzione per evitare i disastri sarebbe “nazionalizzare” i settori nevralgici dell’economia fa impressione a chi, a sinistra, si era da poco e magari faticosamente convertito al liberalismo, chiedendo solo che non sconfinasse nel liberismo.

    A proporre un’inversione a U di portata epocale sarebbe dunque questo governo “sovranista” sull’onda della disgrazia di Genova. Un governo non certo ispirato a una concezione non dico comunista, ma nemmeno socialista dello stare insieme. La proposta di “nazionalizzare” le autostrade (e poi a catena chissà quali altri settori) è chiaramente contingente (della serie, se siamo noi al Governo è giusto che lo Stato passi dal ruolo di controllore e a quello diretto di padrone, se ci vanno gli altri allora no).

    Ma se davvero con decreti legge o quant’altro, magari forzando il sistema paludato e paludoso parlamentare, si avverasse il miracolo di un ponte ricostruito a regola d’arte in pochi mesi, beh, signori benpensanti della sinistra, bisognerebbe prendere atto che anni di “buon” governo di centrosinistra hanno rincorso solo falsi bersagli.

    Come già accade in molti Comuni dove sindaci di ogni colore potrebbero insegnare come si possa governare con l’umiltà di ascoltare quello di cui hanno bisogno gli inquieti compaesani, prendendo atto a volte che non coincide affatto con quello che si pensava di fare, della serie, “io sì che so di cosa avete bisogno”. L’ignoranza si cura con un lavoro faticoso e paziente di ricostruzione, non con una martellata in testa, perché in genere se la mettiamo sul rapporto di forza (anche dei numeri) la battaglia è persa. In fondo (se non è manovrato dagli agitatori di professione) nessuno meglio di chi è nel bisogno sa di cosa ha bisogno.

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